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Cochise - 118
( 1519 letture )
Nuova uscita in casa Metal Mind. L’etichetta polacca a quanto pare ha intenzione di darsi davvero da fare in questo periodo, portando all’attenzione internazionale numerose band della scena nazionale. Come già per le recensioni delle altre band del proprio roster, anche in questo caso ci troviamo di fronte un gruppo ben rodato e meritevole, magari non proprio di altissimo livello nel complesso, ma sicuramente competitivo a livello internazionale. Il che davvero non è poco. Il caso dei Cochise, band che sembrerebbe derivare il proprio monicker dal famoso primo singolo degli Audioslave più che dal fiero capo Apache, è tra l’altro anche abbastanza curioso, in quanto presenta una assonanza evidente con un’altra famosa band. Il gruppo si forma nel 2004 e il presente 118 è il terzo album rilasciato a partire dal 2010, il famoso disco della maturità. Il curioso titolo corrisponde a quanto pare ad una sorta di strana coincidenza notata dal cantante e leader Pawel Malaszynski il quale, oltre ai Cochise, coltiva una brillante carriera di attore in patria (notata l’assonanza con Jared Leto e i suoi 30 Seconds to Mars?). Una doppia vita che lo porta spesso fuori casa e quindi a dormire ripetutamente in albergo: a quanto pare la 118 è la camera che dovunque andasse gli veniva assegnata, il che ha cominciato a formare una strana idea nella sua testa, quasi che la stanza 118 fosse una sorta di metafora anche per la musica della band: un posto nel quale si vive un costante scambio di energia, intimo e claustrofobico al tempo stesso, pieno di residui emotivi lasciati da persone diverse, nella quale è successo di tutto.

Al di là delle suggestioni forniteci a corredo per l’ingresso nel mondo dei Cochise, la musica contenuta in 118 appare piuttosto facilmente inquadrabile all’interno del genere-non genere grunge. Sono infatti evidenti i richiami ad Alice in Chains e primi Stone Temple Pilots, con qualche esplosione quasi punk qua e là e un’atmosfera lievemente paranoica e opprimente, che non arriva mai però al punto di saturazione, preferendo mantenersi sempre all’interno di un contesto tutto sommato piacevole, grazie anche all’interpretazione poliedrica di Malaszynski. Assolutamente credibile nel contesto delle canzoni, l’attore/cantante, è indubbiamente il fulcro attorno a cui ruota tutta la band, ma le individualità non mancano di emergere lungo l’ascolto, in particolare per quanto riguarda il chitarrista Wojtek Napora, autore di una prova decisamente incoraggiante e di assoli dall’evidente approccio metal che ben si inseriscono nelle composizioni, donando spessore e una certa eterogeneità che davvero non guasta finché è tenuta a bada dal gruppo. Se vogliamo, infatti, sono l’eccessiva derivazione dai modelli e qualche palese calo compositivo a costituire il limite maggiore dell’album, che per il resto offre momenti interessanti e anche validi. Molto buona anche la prova della sezione ritmica, in particolare il dinamico batterista Czarek Mielko, degno emulo di Sean Kinney e James Chamberlain. A colpire positivamente sono in maggior parte i brani contenuti nella prima parte del disco, come la discreta opener Sweet Love Generation e soprattutto la successiva Destroy the Angels dotata di un riff potente e piuttosto vicina a quanto proposto dagli ultimi Alice in Chains. Più rimembrante Stone Temple Pilots e soprattutto i My Sister’s Machine la successiva White Garden, con un flavour quasi vicino all’hard rock. Altro colpo decisamente a segno con la successiva Beautiful, brano che sembra davvero provenire direttamente da Seattle. La citazione diventa ancora più evidente con la successiva Bleed, la quale comunque conserva ancora una buona credibilità grazie ad una struttura mutevole ed interessante e alla positiva prestazione della band. Inside of Me propone ancora una volta una struttura interessante, con un ottimo refrain e un assolo centrale che non avrebbe sfigurato in un disco dei Mercyful Fate (!), anche se forse il risultato complessivo non è dei migliori. Da qui in avanti il disco comincia a soffrire di una certa discontinuità e anche se Dead Love presenta un riff iniziale degno degli Screaming Trees e un altro ottimo assolo, sembra che il gruppo cominci a girare un po’ a vuoto. Sensazione non certo migliorata dal clamoroso plagio compiuto con Part of Me ai danni dei Pearl Jam di Yeld, con lo stesso Malaszynski ad imitare –anche piuttosto bene, a dire il vero- Eddie Vedder, per un risultato finale tremendamente credibile, ma proprio per questo quasi desolante. La necessità di un’operazione del genere, per quanto riuscita, proprio non si avvertiva, se non per riempire un buco. Di omaggio non vale neanche la pena parlare. Parziale riscatto arriva con Cold River, brano piacevole nel quale ancora una volta la citazione è abbastanza chiara, ma non fastidiosa come nel caso precedente, conservando una propria dignità. Altro salto degno di nota quello compiuto con Before You Sleep (for Jeremy), il cui breve brano pianistico sembra uscire da un disco di Cat Stevens, mentre la prosecuzione ci regala una discreta ballad dalla buona intensità emotiva. Altra doccia scozzese con Dog in Blood, brevissimo intermezzo quasi punkeggiante praticamente inutile se non per spezzare lo strascico lasciato dal brano precedente e per rituffarci subito in Help, palese rimando agli Stone Temple Pilots di Core. Chiude Little Witch, divertissment da studio nel quale il gruppo sembra giocare a fare il verso ai Doors, in maniera assolutamente inutile, con il solo effetto di indurre a spengere il lettore o al limite a saltare di nuovo alla prima traccia.

Come è facile intuire siamo insomma al cospetto di un album che non raggiunge mai livelli clamorosi, estremamente derivativo e privo di quel quid in più che fa la differenza. Fortunatamente i Cochise non ci lasciano neanche con troppo amaro in bocca: i brani sono ben congeniati e costruiti con competenza, mai troppo lunghi eppure non per questo destinati ad essere consumati con troppa velocità. I momenti di maggior interesse si concentrano nella prima parte, lasciando a Before You Sleep e Help il compito di risollevare le sorti di una seconda sezione troppo discontinua e nella quale si ha come l’impressione che il gruppo abbia perso un po’ di lucidità. Nel complesso, la band dimostra comunque di sapere il fatto suo e di riuscire a tenere anche sulla distanza di un minutaggio abbastanza elevato. Non siamo quindi di fronte ad un disco imperdibile, anche per gli appassionati del genere, ma questo non impedirà all’ascoltatore di trovarci più di uno spunto di interesse. Restare nel mezzo a volte è più dannoso che trovarsi in maniera decisa da una parte o dall’altra, ma un ascolto 118 potrebbe meritarselo, consapevoli di trovare un album senza troppe pretese, ma dotato di una concretezza piuttosto solida.



VOTO RECENSORE
66
VOTO LETTORI
50 su 1 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2014
Metal Mind Records
Grunge
Tracklist
1. Sweet Love Generation
2. Destroy the Angels
3. White Garden
4. Beautiful
5. Bleed
6. Inside of Me
7. Dead Love
8. Part of Me
9. Cold River
10. Before You Sleep (for Jeremy)
11. Dog in Blood
12. Help
13. Little Witch
Line Up
Pawel Malaszynski (Voce)
Wojtek Napora (Chitarra)
Radek Jasinski (Basso)
Czarek Mielko (Batteria)
 
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