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We All Die (Laughing) - Thoughtscanning
( 3372 letture )
Mi sono preso del tempo prima di scrivere questa recensione; anche adesso, mentre do l’ultima rilettura prima di consegnarla ai responsabili della redazione, mi accorgo di quanto continuino ad essere strette le parole che ho usato nel tentativo di descrivere e sviscerare un’opera-mondo come questa, talmente piena di dettagli e sfumature che se ne potrebbe disquisire ininterrottamente per giorni e giorni, senza tuttavia mai centrarne il punto. Non crediate che un rapido ascolto possa chiarirvi le idee su questo disco; probabilmente avverrà l’esatto opposto. E non fatevi ingannare neanche dal nome, perché con i We All Die (Laughing) non c’è proprio niente da ridere.

La prima volta che Thoughtscanning gira nello stereo è un esperienza disorientante: un flusso di coscienza lungo trentatré minuti messo in piedi da un unico tirante centrale e da un ermetismo di cui, a detta personale, fatico a ricordare un eguale. Al dì là della forma (neanche così desueta, considerato che dai Jethro Tull fino ai Meshuggah in migliaia sono stati i gruppi che si sono cimentati nel disco mono-traccia) si tratta di un lavoro crudo e ostico, sconsigliato a chi non sia disposto a rinunciare alla propria posizione di fruitore passivo della musica altrui e rivolto, invece, a chi abbia il coraggio, per un attimo, di lanciarsi all’interno di un gorgo profondo senza la garanzia di una rapida risalita. Eppure non c’è nulla di particolarmente assurdo o sbalorditivo: siamo distantissimi dallo sperimentalismo più iperbolico e complesso, troppe volte posto a mo’ di barriera da certi gruppi, compiaciuti del fatto che la loro venga definita come “musica per pochi”. In Thoughtscanning ce n’è davvero abbastanza di Musica con la emme maiuscola, molta più che in un’infinità di album che si spacciano per innovativi e che invece mancano totalmente di coraggio, di consapevolezza, di argomenti, di idee. E probabilmente a sospingere i We All Die (Laughing) in questa direzione è proprio la necessità di ridefinire ciò che si suona, assegnando un senso e un valore ad un tipo di musica che può appartenere soltanto a chi la fa e non a chi ne parla.

La, Fa e Mi. C’è già tutto, in questo inizio. Lo specchio tra le poche note accennate da Déhà alla chitarra e la voce rotta di Strobl che aumenta mano a mano d’intensità fino a giungere ad un urlo lacerato ci dice già come andranno le cose, ed è evidente che l’unico modo per non soccombere a tutto questo sia semplicemente smettere di fare resistenza e di spulciare analisi per cercare invece di capire ciò che si ha davanti. Questa è una danza che non si balla da svegli ed è roba da veri coraggiosi accettare le dure condizioni che iWe All Die (Laughing) ci impongono con le loro scelte asfissianti. Le botte arrivano da punti sempre diversi e quasi mai si è veramente pronti a riceverle, tant’è che poi se ne esce storditi, confusi, rapiti.
Pur non trattandosi di una suite fatta di tanti imprevedibili pezzetti diversi tra di loro (si tratta di qualcosa più vicino al canone della forma sonata), non si indovina mai con precisione cosa succederà da lì a poco, se partirà la doppia cassa, se tireranno in mezzo un oboe, un sassofono oppure qualche voce registrata. Strano, però: la tonalità non cambia quasi mai, il riff sentito all’inizio, più volte ripetuto, è sempre quello e alcuni passaggi, che gridano “anni settanta” sparsi qua e là, sembrano quasi voler scostare quell’aura sacrale che aleggia nell’aria. Sarà forse perché non si è più abituati - o non lo si è mai stati - a questa duttilità in grado di dimostrare quanto anche l’essenziale riesca a muovere e incanalare l’immaginazione verso lidi lontani pur senza avvincenti trame barocche che, per evitare di dire poco, finiscono col dire troppo? Abbiamo forse dimenticato quanto un’idea fissa e compiuta possa radicarsi in noi ramificandosi poi dappertutto ospitando le più svariate forme di suono pur non muovendosi mai di un millimetro?
Alla fine quasi non si pensa più alla musica, talmente si è assuefatti da essa e dalle immagini che passano davanti per tutti i minuti di durata dell'album. Dopo Thoughtscanning non c’è più niente, né dentro né fuori. Solo il gironzolino circolare della memoria che cerca di ricordarsi qualcosa di troppo grande da immaginare in una volta sola, sapendo soltanto di aver vissuto qualcosa di autentico.

Ma vale davvero la pena di fare così tanta fatica solo per un disco? Sì. Per quanto enorme, Thoughtscanning è uno di quei (capo)lavori da tenere in “promemoria”, da possedere e da riascoltare puntualmente per ricordarsi di chi la musica la crea per davvero.
Perché qui dentro ci sono oltre vent’anni di arte e mestiere da cui si può solo e soltanto imparare. Perché una cosa del genere dubito l’abbiate mai ascoltata.
Perché questo è potenzialmente un nuovo punto d’inizio per un genere intero.
Perché questo non è solo un disco, ma trentatré minuti e sette secondi di educazione artistica.

Un’idea è un cambiamento, e anzi il tipo di cambiamento più discontinuo… Guardi, bando alla teoria! Provi un po’ a fissare un’idea… Io la cronometro… Ma è inutile! Un’idea è un mezzo o un segnale di trasformazione, che agisce più o meno nell’insieme dell’essere.
(Paul Valéry, L’idea fissa)



VOTO RECENSORE
90
VOTO LETTORI
88.16 su 12 voti [ VOTA]
nanotchko
Venerdì 30 Maggio 2014, 13.06.42
6
La magia sta tutta nelle prime tre note, che si ripetono per tutto il pezzo. Tanto semplice quanto affascinante. Vera magia per quanto si possa fare con un tema così scarno. Quiete e mistero fusi assieme. Bella la recensione. Ciao
Giampa
Giovedì 29 Maggio 2014, 0.52.47
5
ho iniziato oggi ad ascoltarlo e mi sono ritrovato steso nel letto con le cuffie e gli occhi chiusi a sognare immagini.... 33 minuti di lucido ma primitivo flusso di coscienza, che solo pochi capolavori permettono... Al terzo ascolto già Immenso!
Povero Yorick
Martedì 27 Maggio 2014, 23.06.43
4
@Nelge93: ALT, ti correggo: l'edizione speciale contiene la cover! Io ho quella standard e non c'è. Ed è molto meglio così, posso garantirti...
Neige93
Martedì 27 Maggio 2014, 21.16.03
3
Non per dire, ma l'album contiene anche una cover di Back in Black di Amy Winehouse. Per me è 100.
metallum sum
Martedì 27 Maggio 2014, 20.33.49
2
Questo disco è qualcosa di spettacolare, poi Strobl è fantastico
mattstb
Martedì 27 Maggio 2014, 18.42.00
1
disco stupendo. Déhà puntualmente sforna il capolavoro.
INFORMAZIONI
2014
Kaotoxin Records
Avantgarde
Tracklist
1. Thoughtscan
Line Up
Arnaud Strobl (Voce)
Déhà (Tutti gli strumenti, Voce)
 
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