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TRAFFIC CLUB, VIA PRENESTINA 738 - ROMA

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CRASHDÏET
SLAUGHTER CLUB, VIA A.TAGLIABUE 4 - PADERNO DUGNANO (MI)

Akompilation - Vol I-II
( 2627 letture )
Abbastanza interessanti e vari i primi due capitoli Akompilation, targati naturalmente Akom Production, un sunto della produzione estrema trattata dalla buona etichetta indipendente di Davide Beltrame. Si parte con l’hardcore degli Un-Kind: la loro “Veil” è un pezzo canonico ma dal riffing discretamente ispirato, seppur leggermente monotono. Con “Saint Whore” dei Nowhere (di Rovigo) restiamo nello stesso genere musicale, ma con una maggiore spinta sull’acceleratore e sull’impostazione thrash: anche in questo caso siamo di fronte ad un brano di discreta fattura, seppur a tratti noioso. Segue a ruota “One By One” dei Mainline, ancora una volta un pezzo thrashcore, ma variegato dall’inserto di piacevoli ritmiche di panteriana memoria. Molto rockeggiante appare invece la proposta dei Sir Psycho, che con la loro “Take A Stand” sembrano quasi fare il filo ai Pearl Jam più violenti. Restiamo nel campo del rock, ma stavolta più sperimentale, con “Buone Mani” dei Redefine!, una prova su disco che potrebbe essere riuscita meglio sia dal punto di vista della qualità audio, sia della composizione vera e propria. Il gain aumenta nel caso degli Eikasia e la loro “Hello”, un rock maggiormente incentrato sullo stile dei Guano Apes, seppur inficiato da una produzione non completamente soddisfacente. Abbastanza terrificante il cantato di “Last Day Of My Life” dei Fe…Dup, che tuttavia si conferma come uno dei brani più originali del lotto, diviso com’è tra atmosfere sottili e inserti estremamente pesanti. “Pejote” dei Media Solution cambia le carte in tavola proponendo un hardcore dalle tinte thrash soprattutto per quanto concerne le chitarre, uno stile questo della sei corde di fatto riproposto anche dai successivi Timothy, la cui “Louder Than Over” cerca di appesantire e velocizzare l’atmosfera con un taglio più vicino al death ‘n roll. Discreta e nulla più “Brutulords/Cepli” dei pur eccellenti Muculords, il cui brutal grind si fa apprezzare maggiormente quando viene insaporito dalla loro famosa componente ironico-dissacrante. Ci caliamo completamente nel thrash death grazie a “Unfulfilled Promises” degli Entity e “Mind’s Prison” dei Last Rites, i primi più vicini ai Testament di “Demonic”, i secondi invece fondamentalmente devoti al sound di Michael Amott e decisamente fautori della migliore canzone della compilation. Piuttosto moscia è invece la proposta musicale degli heavy-thrasher Nowhere (di Milano), i quali non riescono proprio a comunicare grinta e personalità nel loro pezzo “Alone”. Personalità a iosa invece per “Freddo” degli Juglans Regia, una band fautrice di un prog-rock decisamente ispirato anche se spesso troppo intento a diluire il proprio sound con soluzioni kitsch da classifica. Torniamo a parlare di heavy classico con l’up-tempo dei Sin Driver Tide, purtroppo anch’essi carenti di originalità nello svolgersi della loro “Back To Daylight”, quasi un ritorno ai defunti Sentenced, ma con minore carica emotiva. Restiamo sul up-tempo, ma ci addentriamo in ambito simil-punk rock con i Germinale; “Disordine” è una canzone abbastanza varia, considerato il genere, anche se probabilmente mancante di brillantezza dal punto di vista della melodia. Estremamente noiosi appaiono invece i Crunch Mob e la loro “Son Of Sam”, un pezzo rock piatto e conciso, che a prima vista parrebbe scritto ed eseguito in pochi minuti, senza grande convinzione. Bello invece il groove funky-hardcore dei Griv, capaci di sfruttare la lingua italiana, nel caso di “Vuoto Momento”, in maniera convincente e mantenendo una grande dignità fino in fondo; difficile parlare di dignità per quel che concerne la seguente “If You’re Happy” degli Action Men, un brano punk rock estremamente dissacrante ma anche molto sgangherato, sia nell’esecuzione che nella composizione. Il punk infine si fa duro e arcigno, anche se purtroppo inconcludente, nel caso della conclusiva brevissima “Panic” dei Panic Roots. La seconda compilation si apre nuovamente sulle note potenti (e convincenti) dei Last Rites (“Equilibrium”) e dei Muculords (“Trifolated By Ventilator”), a cui va aggiunta l’interessante “Manufactured Elimination” dei Karmassacre. Arriviamo così all’ottimo death dei Fear Flames: “Freethinker” vanta una discreta composizione ma soprattutto un’esecuzione di tutto riguardo (fantastico il batterista). Aggiungete velocità e sinfonia orchestrale e otterrete a questo punto i Serpent, la cui “Cradle Of Insanity” si allinea quasi alla perfezione con la produzione sulla falsariga dei Wintersun (l’eccezione è data dal livello tecnico inferiore, com’era prevedibile). Le tinte si oscurano con l’heavy-thrash dei Dominion (“Dark Presence”), un brano di discreta fattura, per poi riaccendersi sulle note un po’ traballanti del hard-rock (anche se temo che le intenzioni fossero heavy) degli Sliter (“Lost Happiness”). “Solitude Life” dei Beyond The Rage ritorna goffamente sui binari del thrash-death, purtroppo senza particolari palpiti di originalità, mentre gli Agabus spingono sulla produzione per valorizzare la proposta thrash-core della loro “Golpe”, un brano che a sua volta non brilla però in quanto a personalità. Ben diversa invece la proposta dei Fe…Dup, già visti più sopra, che infatti nuovamente sono in grado di apportare un sound fresco e grintoso, nonostante alcune incongruenze vocali. “Without Breath” dei G-Zero ribadisce il concetto di originalità, ma in maniera completamente diversa, questa volta attraverso un hip-hop ibridato con un interessante hardcore (la versione italiana dei Linkin Park? Solo un full lenght potrebbe confermarlo); una band decisamente da tenere d’occhio. Torniamo ai Nowhere, ma questa volta autori di un metal atipico e abbastanza attraente (forse sulla scia di Marilyn Manson), nonostante alcune scelte vocali e ritmiche vagamente fastidiose. Il fastidio resta anche durante l’ascolto dell’insapore rock americano dei Runt (“Oversize”) e del rock marcescente e inconcludente degli Eat Me Clown (“Fall”), tuttavia subito dopo compensato dall’eleganza compositiva, one more time, degli Juglans Regia (“Lacrima Nera”). Interessante anche il rock intimista dei Tilt, i quali con “Tripudio In Mi” se non altro propongono una voce fuori dal coro della scena italiana a cui siamo abituati, così come gli Effigy e la loro “Always Bright”, un brano che ricorda certi artisti americani dei primi anni ‘90. L’atmosfera si fa di colpo spensierata grazie al punk rock di “For Today” dei Lockdown, una band con un largo margine di miglioramento, di sicuro attuabile grazie all’esperienza, di “Love?” degli The Special Guest[s], di “Vorrei Che Tu Fossi” degli Skoda… ma la qualità della proposta del trittico è tutta in discesa. L’analisi della compilation targata Akom termina con un pezzo rock anni ’70 di dubbia fattura (“Incandescence” degli Unit) ed uno anni ’90 altrettanto poco valido (“You’re Only An Infamous” degli Storm Of Damnation), entrambi penalizzati soprattutto dalla resa vocale. Tirando le somme, si può affermare che la Akom abbia tra le mani alcune band davvero valide, se coltivate a dovere, soprattutto in ambito metal. Mi auguro che in futuro si possa sentire parlare delle medesime ancora in termini positivi, se non entusiastici.


VOTO RECENSORE
s.v.
VOTO LETTORI
21.96 su 25 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2005
Akom Productions
Inclassificabile
Tracklist
Vedi recensione.
Line Up
N.P.
 
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