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The Golden Grass - The Golden Grass
( 1970 letture )
Figli dei fiori di tutto il mondo unitevi!! Questo lo slogan che prorompe dal 5-piece-track di questa nuova band americana. Gli elementi non sono certo di primo pelo e hanno tutti svariate esperienze nel music-biz, ma i The Golden Grass prendono vita ad inizio 2013 e solo ora hanno distribuito il loro primo lavoro in Europa, in verità negli States il dischetto è stato spacciato da parecchi mesi, grazie alla label Electric Assault Records. Se volete calarvi in un’atmosfera da fine sixties- inizio seventies, beh avete scelto la giusta strada, perché questo lavoro pesca a piene mani in quel tempo storico, con Professor Plum Brandy e soci, capaci di sfoderare una performance lineare, nonostante partiture complesse, colma di groove, che cola humus primordiale esaltante. Quello degli anni succitati fu il periodo che fece da apripista, il vero antesignano per la formazione dell’hard rock come lo conosciamo da decadi. Pantaloni a zampa d’elefante, camicie fiorate aperte sino all’ombelico, anelli con pietre colorate, collanine hippy, barbe lunghe, raduni open air, amore libero e capelli bellamente incolti….solo così sarete pronti per affrontare questa avventura musicale che va salutata con grande gioia; la copertina è esplicativa a tal riguardo.

Americani di Brooklyn, il trio affonda le proprie radici nel rock innescato dalla psichedelia, lunghe cavalcate lisergiche, chitarre dure e selvagge, escursioni nella musica strumentale, climi che si attorcigliano e generano lunghi affreschi, davvero ottimi. L’etichetta li presenta così: free-wheelin, good-time rock and roll band, a mix of heavy-country-funk-boogie and progressive-psychedelic-freakbeat: insomma un coacervo di influenze che dipingono alla perfezione questi tre musicisti con attributi maiuscoli, in stile orchite, e una perizia esecutiva davvero non comune. E se qualcuno pensa ad un minutaggio limitato, ebbene, i The Golden Grass sparano fuori 35 minuti di grande musica in sole cinque tracce, applicando il vocabolo suite a quasi tutte le situazioni intrappolate su questo dischetto ottico, insomma un vero album, tanto per intenderci. Please Man apre i giochi con atmosfere lisergiche, fortemente lisergiche e molto variegate, la voce effettata viene supportata da una guitar liquida in stile Hendrix, la batteria rulla a più non posso e l’andatura appare saltellante, manca solo il cylum a girare, il terzetto dimostra subito di saperci fare con gli strumenti in mano e i coretti sono settantiani che più non si potrebbe: poi la sei corde parte per un trip lastricato di violetto e fuscia, con un caleidoscopio di cromatiche che formano una sorta di corteo strumentale abbagliante. Stuck On A Mountain è di una bellezza luminosa, sin dal primo riff della sei corde, che innesca una song rock a la Free, poi il basso parte e scala posizioni, la voce sale di tono e apre lo spiraglio ad una ondata progressiva che si intrufola tra le pieghe di una chitarra effettata colma di ricordi, capace di jammare duro e senza ritegno, regalandoci un solismo saturo, effettato, mentre le ritmiche tengono botta: semplicemente una song magica! One More Time nebulizza una chitarra in overdrive, un riff secco e coinvolgente, basso e batteria si dimostrano un collante magnifico, poi una svisata celestiale, un nuovo riff hendrixiano che innesca una voce dilatata, braccata dalle parti strumentali e appare anche il campanaccio, insomma tante componenti da origliare: ci troverete un piccolo gioiello tallonato dalle sfumature settantiane più genuine che vale la pena di vivere, anche per chi all’epoca non era ancora un progetto di vita nelle menti dei rispettivi mamma e papà. Wheeels è scolpita di armonici e situazioni delicate, quasi soffuse, poi entra un giro di chitarra durissimo e ossessionante su cui si incastra la voce, cose alla Zeppelin per intenderci, ripartendo da un altro ritmo e un altro riff che dilaga in un solismo che sa di saette: in definitiva un intricato ginepraio di influenze e direzioni dalle quali la band esce assolutamente vincente negli oltre 12 minuti di composizione, una vera suite con assolo di batteria finale, davvero elettrizzante, e reprise del cantato. Sudore e abnegazione, idee e perizia tecnica, questo trio ha davvero palle quadrate con tanto di wah wah. Sugar N’ Spice chiude l’album e non fa altro che confermare l’efficace vena compositiva dei tre yankee che suonano il genere che approvano e che li gratifica come musicisti, senza alcuna concessione ai singoli o alle classifiche; ritmica corposa e singing perfetti per il 1972, spaziature strumentali e sound assolutamente calato in quei tempi, con un basso che palpeggia tutto in maniera reiterata accoppiandosi dietro l’angolo con una drum minimale e scarna ma di impatto, mentre la chitarra semina orgasmi lungo il perimetro della sala prove.

Un plauso va anche a chi ha pensato di divulgare un lavoro siffatto, effettivamente coraggiosa l’etichetta nel pubblicare un cd del genere di questi tempi, oggi potrebbe anche voler dire fallimento, ma i Golden Grass sanno il fatto loro e si faranno apprezzare, non ho dubbi a riguardo; questo album si dimostra davvero bellissimo e fresco nonostante la datata matrice musicale e una registrazione perfettamente vintage. Se avete un minimo di curiosità nella vita, dovete ascoltare questo esordio dei The Golden Grass, rimarrete affascinati dalla mistura di questi fautori “dell’erba dorata”.



VOTO RECENSORE
84
VOTO LETTORI
54.5 su 6 voti [ VOTA]
Graziano
Sabato 28 Giugno 2014, 18.12.58
1
Ottimo album davvero e stupenda l'edizione che in tutto e per tutto ricorda la confezione di un vinile.
INFORMAZIONI
2014
Svart Records
Rock
Tracklist
1. Please Man
2. Stuck On A Mountain
3. One More Time
4. Wheeels
5. Sugar N’ Spice
Line Up
Professor Plum Brandy (Voce, Chitarre)
Wild Company (Basso)
The Golden Goose (Batteria, Cori)
 
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