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01/12/23
KARMA
ALCHEMICA MUSIC CLUB - BOLOGNA
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( 4070 letture )
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Il settimo album degli Arkona prende il nome da uno dei tre mondi descritti nel Libro di Veles, testo dalle origini controverse attualmente adottato come libro sacro da alcuni neopagani in Russia ed Ukraina. Yav’ è una delle tre parti che assieme compongono Triglav, dio tricefalo e bendato che governa l'universo. Yav’ sarebbe il mondo terreno dove viviamo, Nav il mondo immateriale dei morti, Prav l'insieme delle leggi che li governano. Benchè terreno, Yav’ non sarebbe comunque un mondo privo di misticismo e magia, tanto che anche gli Dei ne farebbero parte. Quello che l'album omonimo vorrebbe rappresentare sembra essere proprio quanto di mistico ed arcano è presente nel nostro mondo ed incarnato nei rituali e nella magia del sangue e della natura. Lo splendido artwork di Gyula Havancsák, raffigurante animali selvaggi, sacerdotesse e entità primordiali sui toni del blu e del verde, introduce a questa idea e si intona perfettamente alla musica contenuta nel disco, che trasmette sensazioni simultanee di fugacità ed immutabilità, così come il nostro mondo è antico ed immoto, ma percorso da eventi e creature transienti e mutevoli. Yav’ è l'album di più difficile ascolto tra quelli prodotti dagli Arkona finora. Le melodie accattivanti a cui ci hanno abituato i moscoviti sono poche e misurate, molti invece sono i passaggi complessi ed introspettivi. Questo è uno dei motivi per cui Yav’ necessita di ascolti ripetuti ed effettuati in tranquillità, magari accompagnati dalla lettura dei testi, reperibili nella versione tadotta in inglese sia nel booklet che nel sito della band. L'altro motivo per cui Yav’ necessita di essere metabolizzato con calma è per superare la sorpresa e forse anche un'iniziale delusione dovuta al cambiamento di stile che quest'album propone. Nonostante non ci sia niente in Yav’ che gli Arkona non ci abbiamo già fatto assaggiare negli album precedenti, il disco è nel complesso piuttosto diverso da quello a cui la band ci ha abituato finora. Questo settimo full-length contiene brani molto ricchi, ma tra loro piuttosto omogenei e, laddove gli album precedenti alternavano pezzi cupi ed introspettivi a pezzi pomposi ed epici ad altri allegri dal sapore tradizionale, in Yav’ gli Arkona esplorano ed approfondiscono solamente uno dei tanti caratteri a cui ci hanno abituato negli album precedenti: quello più buio, onirico ed evocativo. Per questo motivo, chi ama la band moscovita soprattutto per il costante richiamo a ritmi e melodie tradizionali o per la grande varietà di emozioni evocata dai loro lavori, probabilmente non rimarrà contento dai primi ascolti di Yav’. D'altro canto, questo album sarà probabilmente estremamente gradito a chi ama l'atmospheric black ed il cascadian, perchè gli Arkona non sono mai stati vicini a quegli stili come adesso.
Zarozdenie apre l'album con il suono dell'Ohm, come a voler segnalare all'ascoltatore che questo è un disco da ascoltare in solitudine, con concentrazione. Subito appare la voce di Masha, bisbigliata e roca, e una veloce sequenza di sintetizzatore che evoca nuvole che corrono nel cielo portate dal vento. Si susseguono poi diversi cambiamenti di ritmo, la voce di Masha che come al solito alterna splendidamente il pulito al growl con intensità e pathos, una tastiera ed un basso dal suono progressive anni '70. Questa traccia introduce subito il sound che caratterizza Yav’, ovvero l'avvicinarsi al prog, all'avant-garde e all'atmospheric black e l'allontanarsi dall'epic e dal folk propriamente detto. Na strazhe novyh let è un brano piuttosto complesso e ricco, che contiene parti progressive alternate a parti tirate con blast beat, scream e parecchio riverbero che ricordano gli ultimi lavori dei Negura Bunget. Inoltre, questo brano contiente uno tra i pochi momenti dell'album in cui ritmi e melodie folk hanno il predominio, grazie a cornamusa e percussioni. Nel complesso rimanda un che di tribale e mistico. Serbia è lenta e sognante, cantata principalmente in pulito e dominata dal suono di un sintetizzatore che evoca stormi di uccelli che passano veloci davanti al sole al tramonto. Anche in questo brano si fa uso di molto riverbero, ed i suoni sono spezzati e cangianti. Zov pustyh dereven' è introdotta da suoni ambientali e dalla chitarra acustica, e poi parte subito tiratissima in una sfuriata con batteria velocissima e chitarre zanzarose, per poi cedere il posto a chitarre meno distorte, voce pulita e violino, e poi di nuovo a blast beat e growl. In questo brano è Olli Vänskä dei Turisas a suonare il violino, che assieme al flauto occupa in questo pezzo uno spazio privilegiato. Gorod Snov ha un incipit folk a base di cornamuse e violini, dopodiché rallenta e lascia spazio a melodie ripetitive di sintetizzatore, che evocano quelle immagini di passaggio e fugacità che sono così presenti in tutto l'album, e a voci pulite dal tono rituale. In alcuni punti la voce pulita di Masha è accompagnata da cori maschili. Ved'ma mette in primo piano percussioni tribali e ritmo cadenzato. In questa canzone, il cui titolo significa “La Strega”, Masha duetta con Thomas Väänänen (ex Thyrfing) nel mettere in scena un duello verbale tra una strega ed un inquisitore. Chado Indigo prosegue per la stessa strada dei brani finora proposti: un po' di folk all'inizio, cambi di ritmo, tastiere e violini evocativi, sfuriate. Ciò che lo distingue è principalmente la presenza del pianoforte, suonato per l'occasione da Vika "Vkgoeswild" Yermolyeva, e della voce di un bambino che recita parte del testo. Si tratta di Radimir, il figlio maggiore di Masha, che impersona “Il bambino d'indaco”, ovvero un bambino dotato di poteri paranormali, e dialoga con Masha, la quale a sua volta incarna la parte della madre che riconosce le capacità del figlio e lo segue nell'altro mondo. Yav’ è un altro brano lungo ed evocativo, in cui le influenze progressive dell'album hanno nuovamente un ruolo di spicco nel suono di chitarre e sintetizzatori. Il brano è il più lungo dell'album, ha un ritmo tirato e solenne e contiene diverse variazioni, tra cui una parte quasi rock con qualche assolo. V ob'jat'jah kramoly, lenta e cadenzata, chiude l'album con il suo mood cupo e inquietante, dovuto soprattutto al fatto che per quasi tutta la durata della traccia la voce di Masha è un bisbiglio roco e malefico alternato ad un coro stregato e malinconico.
Al primo ascolto Yav’ può sembrare più monotono e meno originale rispetto ai precedenti. Ad ascolti ripetuti, però, si riesce ad apprezzare pienamente la raffinatezza con cui sono composti i brani, il modo in cui coinvolgono e trasportano l'ascoltatore in un mondo rituale ed arcano, anche grazie alla perfezione con cui il lavoro di produzione e missaggio (opera di Masha e Lazar) riesce ad integrare ed amalgamare i vari suoni. Nonostante il valore dell'opera, in ogni caso, la mia speranza è che gli Arkona non abbiano rinunciato definitivamente ai lati della loro musica che in questo capitolo mancano e che siano in grado di proporceli nuovamente in futuro. Nell'attesa di scoprire cosa decideranno di riservarci prossimamente, consiglio a chi vuole procurarsi Yav’ di cercare l'edizione speciale che contiene in dvd parte del live da cui è stato tratto Decade of Glory. Vale la pena di vedere la verve con cui i moscoviti calcano il palco accompagnati da cori ed orchestra e la risposta partecipata ed entusiasta dei loro compatrioti nel pubblico.
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5
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bellissimi i commenti 3 e 4. il mondo è bello perchè vario (o avariato?) |
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4
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Pessimo album. Un peccato dopo il bellissimo Slovo. |
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3
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Album di altissimo livello, band estremamente matura che riesce continuamente a rinnovarsi: 87. |
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2
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Bellissimo ed avvincente disco ,bella la trovata del pianoforte e la voce del bambino,linee melodiche e musicali coinvolgenti ed evocative,epcita' folk-pagan ai massimi livelli,insuperabile nell'alternare growl-pulito,per i miei gusti nessuna voce come quella di Masha sa creare atmosfere cosi' penetranti.bravi.Voto:87. |
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1
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Sono tutto sommato d'accordo con la recensione, forse io l'ho apprezzato anche di più. Per me ormai si confermano senza dubbi tra i migliori nel genere e non solo... Gruppo di una qualità incredibile, ogni disco meglio del precedente, quando pensi che abbiano raggiunto la maturità col precedente ti stupiscono ancora e questo capitolo discografico non fa certo eccezione, anzi. Tra "Goi, Rode, Goi!!", "Slovo" e questo ultimo "Yav" per me è impossibile scegliere. E dire che ero pure preoccupato per la dipartita di Vlad alle pelli... Sticazzi, ne hanno messo dentro uno che (senza offesa per Vald, chiaro, gran batterista) a livello di creatività vale 6 volte almeno, riuscendo però a non stravolgere per nulla lo stile batteristico fin'ora tenuto... Quindi insomma, davvero tanto di cappello. Bellissimi i tempi dispari su rullanti, crash e raid soprattutto che fanno gran parte dell'influenza prog assieme alle tastiere e ai sintetizzatori vari... Molto meno in evidenza che nel passato, ma che hanno sempre una importanza decisiva nel sound finale. Insomma, son riusciti a rinnovarsi e cambiare pelle per l'ennesima volta, riuscendo a fare un discone anche rinunciando in parte al ruolo di primadonna degli strumenti tradizionali. Secondo me la qualità e la classe di sto disco la si capisce già dale prime note e dai primi ascolti, però son d'accordissimo che ci vogliano perecchi ascolti per assimilarlo al 100%, poi è una goduria pura. Insomma, ci dimostrano ancora una volta le loro capacità fuori dal comune, nel genere come fuori, per me tra i dischi dell'anno senza se nè ma. VOTO: 90 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Zarozhdenie (Origination) 2. Na strazhe novyh let (On Guard Of New Aeons) 3. Serbia 4. Zov pustyh dereven' (Empty Villages’ Call) 5. Gorod snov (City of Dreams) 6. Ved'ma (The Witch) 7. Chado indigo (Indigo Сhild) 8. Yav' 9. V ob'jat'jah kramoly (Embraced By Sedition)
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Line Up
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Masha "Scream" (voce, tastiere) Sergei "Lazar" (chitarra, chitarra acustica) Ruslan "Kniaz" (basso) Vladimir "Volk" (gaita galiziana, flauto dolce, tin whistle, low whistle, sopilka) Vlad "Artist" (batteria nelle tracce 1-6) Andrei Ischenko (batteria nelle tracce 7-9) musicisti ospiti Thomas Väänänen (voce nella traccia 6) Olli Vänskä (violino nella traccia 4) Aleksey "Master Alafern" (violino nelle tracce 1,2, 5-8) Vika "Vkgoeswild" Yermolyeva (piano nella traccia 7) Radimir (monologo nella traccia 7)
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