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Wolves in the Throne Room - Celestite
( 5119 letture )
"We wanted it to seem like we were peeking into a world that exists of its own accord, without the interference or input of human beings."
Aaron Weaver


Che la musica ambient ed il black metal abbiano diversi punti di contatto, aldilà delle più lapalissiane ed impattanti differente estetiche, è cosa che gli appassionati più attenti avranno notato in fretta. Ed allo stesso modo, si nota abbastanza in fretta come questi due generi abbiano, specialmente negli ultimi anni, comunicato parecchio.
Ma, partendo dalle origini, sono diversi fra i più importanti rappresentanti della Fiamma Nera i quali abbiano affermato, in interviste lungo il corso degli anni, interesse per la musica elettronica. Fenriz, ad esempio, oltre a leggere abitualmente Resident Advisor, più di una volta ha citato come gruppi per lui influenti Kraftwerk, ed il krautrock più in generale, tributandogli omaggio nei Neptune Towers (mentre si faceva tatuare sul braccio il logo di Plastikman); ed allo stesso modo Necrobutcher (parlando anche a nome dello sventurato Aarseth) ha sostenuto un interesse comune del nucleo originario del gruppo verso la musica elettronica tedesca degli anni '70. Satyr, invece, ha sempre preso il discorso maggiormente alla lontana, citando il trip-hop di Portishead e Massive Attack, mentre l'amore di Tor-Helge Skei per l'elettronica si percepisce dalle successive composizioni dei Manes. E sulla stessa lunghezza d'onda si sono mossi Ulver e Burzum (note sono le frequentazioni del giovane Varg a Bergen, nell'oscura cantina dal nome Føniks, piuttosto che della sua ammirazione per Software o Kraftwerk, per non citare i The Cure), mentre una strada più di rottura con l'allora nero presente metal l'ha intrapresa Mortiis. Ed anche fuori dalla Norvegia il discorso non cambia, cosicché, fra gli innumerevoli esempi che si potrebbero fare, basti prendere in considerazione la collaborazione tra gli Agalloch e Mathias Grassow, piuttosto che James Kelly ed il suo ultimo lavoro solista What's between, presagito, in un certo senso, da quel capolavoro di musica estrema (e non "solo" metal) dal titolo Teethed Glory & Injury.
Vista questa relazione tra black metal e musica elettronica, da un'altra prospettiva non si possono non citare svariati collettivi estremi i quali hanno deciso di portare quella concezione di circolarità compositiva immanente alla musica ambient entro lidi più estremi black metal (non a caso arrivato a chiamarsi da alcuni ambient black metal), a partire dallo stesso Burzum, da Ildjarn e dai Blut Aus Nord, passando per i Lunar Aurora o Darkspace, fino ad arrivare all'odierna scena cascadiana.

Non stupisce (più di tanto) quindi assistere all'ennesimo colpo di coda di uno fra i gruppi più blasonati del genere, appartenente proprio a quella corrente musicale da ultimo citata in chiusura del precedente paragrafo. Ed in vero, gli Wolves in the Throne Room si sono sempre rivelati un emblematico esempio di quanto sopra musicalmente descritto, poiché sotto la tempestosa superficie di tutte le grandiose ed annichilenti composizioni black metal del gruppo, immergendosi un po' di più negli abissi della musica dei fratelli Weaver, quella sensazione di circolarità artistica e temporale, quel presentimento di continuità musicale costruita su di un unico tema, il quale non necessariamente deve andare a svilupparsi armonicamente "da quale parte", quello sprofondamento ambientale nell'esperienza musicale, della quale l'ascoltatore è parte e non fruitore, non abbandonano mai l'estetica dei brani degli americani, al pari, per lo meno, di quanto fossero i segni caratterizzanti della musica ambient degli anni Settanta. Ed anzi, queste stesse affermazioni le avrebbe potute fare (e le ha fatte) Brian Eno quarant'anni fa, ed è proprio verso il "musicista non-musicista" che gli stessi fratelli Weaver si sono volti al fine di approcciarsi adeguatamente allo strumento sintetizzatore, anche grazie all'aiuto di Randall Dunn, già strumentista con i Sunn O))), e Timm Mason (pure se la calma delle composizioni dell'inglese si rivelerà ben lontana in questo disco).
Così l'anima del presente album, dal titolo Celestite (incommensurabile la bellezza dell'artwork), sviluppatosi sulle linee melodiche del precedente Celestial Lineage (se ascoltati insieme, i due album regalano delle sfumature sonore totalmente inedite), pesca a piene mani dalla musica ambient, progressive e new age (un certo tipo di esperienze ultrasensoriali, ritualistiche e sciamaniche sono sempre state uno dei punti ideologici del gruppo) degli anni settanta, tra i vari Popul Vuh, Tangerine Dream, Jean Michel Jarre o Vangelis, andando a caccia del proprio yang entro le sfere della musica elettronica, classica contemporanea e drone metal sviluppata da Ulver, Sunn O))) o Boris, per citarne alcuni. Niente batteria, niente voce (maschile o femminile), poche chitarre.

Su di un loop che ricorda molto William Basinski, il cambio della dinamica strumentale verso il terzo minuto del primo brano Turning Ever Towards the Sun pone i corni suonati da Josiah Boothby sotto i riflettori, i quali portano alla mente proprio l'ultima uscita targata Ulver-Sunn O))), dal titolo Terrestrials, mentre le chitarre creano dei massici muri acustici i quali, però, non accompagnati da una martellante sezione ritmica, si rivelano delle sorprendenti cascate sonore che scorrono via fluidamente assieme ai riverberi ed alle code dei sintetizzatori. Le tonalità più alte degli stessi ricordano, invece, i tedeschi Software, lungo tutto lo sviluppo del full-length, il quale, pur incarnando un'esperienza musicale interamente nuova per gli Wolves in the Throne Room, riesce a mantenere un'intensità ed un feeling sempre molto black metal, il quale è in questa occasione l'influenza strisciante dell'album, capovolgendo gli schemi di quanto avvenuto nelle prime quattro release del gruppo.
Di tanto in tanto si affacciano anche influenze più industrial di memoria Coil, ma sono sempre i più dilatati "paesaggi sonori" (più efficacemente definiti in inglese soundscapes) a raccontare il mito di morte e rinascita immanente a Celestite anche nella successiva Bridge of Leaves, mentre Celestite Mirrors (la migliore del lotto) sfoggia delle ancestrali atmosfere cupe e liquide come nessun'altra traccia del full-length. Il flauto suonato da Mara Winter è leggero e toccante, amalgamandosi alla perfezione con le tonalità dei sintetizzatori, mentre il cambio finale di ambiente del brano, supportato da massicce chitarre, lascia immaginare l'ascetico compimento, e susseguente estasi, di un percorso ritualistico.
A chiudere il cerchio i due contemplativi sciamani americani inseriscono la breve Sleeping Golden Storm, due minuti e mezzo nei quali i tromboni di Steve Moore e Josiah Boothby, baciati da una calda produzione analogica, accompagnano l'album verso il repentino epilogo.

Supportato dal promozionale lancio della propria casa discografica, la Artemisia Records (un po' come accaduto con la Byelobog Productions di Varg), Celestite è album ambient che a molti fan di vecchia data del gruppo potrà far storcere il naso, ma, invece, rappresenta un picco di consapevolezza artistica e compositiva del duo americano quasi senza precedenti (che ad esempio Burzum nei propri lavori ambient non ha mai raggiunto), considerando poi che, da un punto di vista strettamente strumentale, i sintetizzatori, a parte qualche accenno non troppo sviluppato nei precedenti dischi, non sono mai stati un elemento chiave nelle composizioni degli Wolves in the Throne Room. La conclusione di questa recensione, e da qui anche la valutazione, si riflettono su di una speranza futura di ulteriori sviluppi di questa "faccia" dei lupi di Olympia, i quali potrebbero giungere a composizioni complementari ed imprescindibili rispetto ai primi quattro capisaldi del black metal, nello stesso fluire e divenire, alla ricerca della medesima sorgente dell'essenza.
La ricerca di un atavico iperspazio non sarebbe potuta continuare in modo più interessante.



VOTO RECENSORE
76
VOTO LETTORI
45.35 su 174 voti [ VOTA]
unkle
Lunedì 6 Giugno 2016, 11.57.08
7
diciamo che PF e TG non c'entrano nulla con questo disco...
tartu
Sabato 3 Gennaio 2015, 13.48.56
6
diciamo che i ragazzi si sono messi ad ascoltare i pink Floyd e tangerine dreams negli ultimi tempi....roba che questi mostri sacri facevano gia' 40 anni fa...
VomitSelf
Mercoledì 6 Agosto 2014, 21.32.11
5
Bel disco. Molto affascinante. Per me un 80.
Akira
Martedì 5 Agosto 2014, 1.20.02
4
ancora devo trovare il tempo e il mood adatto per ascoltarmelo come si deve, ma non vedo l'ora di farlo.
Graziano
Venerdì 25 Luglio 2014, 14.55.29
3
Complimenti per la recensione, approfondita e scorrevole. Graditi i riferimenti alle contaminazioni black/ambient. Sarà un acquisto sicuro, visto anche che gli ultimi Sunn 0))) e Ulver sono notevoli.
Le Marquis de Fremont
Venerdì 25 Luglio 2014, 9.59.47
2
Splendido disco di una bellezza eterea e fondamentalmente legato a grandi nomi del panorama Ambient, da Brian Eno ai Tangerine Dream degli esordi e più che Popol Vuh ci vedo Harold Budd, per l'uso dei fiati. Non è metal, ovviamente. Non è black. Ma è una musica splendida anche se rarefatta e di assimilazione più celebrale. Una sorpresa ulteriore da una band che mi ha sempre sorpreso. Grande recensione. Au revoir.
MrFreddy
Giovedì 24 Luglio 2014, 15.29.09
1
Aspettavo molto questa recensione e sono molto felice che sia stata scritta da Wild Wolf, che ribadisco essere uno dei migliori recensori che abbiamo la fortuna di avere nel nostro staff. Ciò detto, ho atteso con curiosità questa nuova uscita degli Wolves, sicuramente la mia band black metal preferita: nonostante la mia ignoranza verso la musica ambient (che come sottolineato è l'anima del disco), ho trovato Celestite molto bello, una sfida artistica per i fratelli Weaver che alla fine si dimostra un parto degli Wolves al 100% nelle atmosfere e nelle melodie. Le sfumature new wave sono riuscitissime ed il disco non mi ha mai annoiato nel corso dei numerosi ascolti: l'obiettivo di creare un "compagno" di Celestial Lineage è, a quanto mi riguarda, perfettamente raggiunto. Rimango sempre sbigottito dal modo in cui Lorenzo inquadra i lavori, il che rende le recensioni anche piuttosto istruttive ed utili per imparare qualcosa che prima non si conosceva. Un deciso plauso a band, disco, recensore e recensione!
INFORMAZIONI
2014
Artemisia Records
Ambient
Tracklist
1. Turning Ever Towards the Sun
2. Initiation at Neudeg Alm
3. Bridge of Leaves
4. Celestite Mirror
5. Sleeping Golden Storm
Line Up
Nathan Weaver (Chitarre, Sintetizzatori)
Aaron Weaver (Chitarre, Sintetizzatori)

Musicisti Ospiti:
Timm Mason (Sintetizzatori)
Randall Dunn (Sintetizzatori)
Mara Winter (Flauto in tracce 1, 4)
Veronica Dye (Flauto in tracce 3, 5)
Josiah Boothby (Corno, Trombone in tracce 1, 4, 5)
Steve Moore (Corno, Trombone in tracce 1, 4, 5)
 
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