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Jimi Hendrix - Band of Gypsys
( 4563 letture )
Primo live ufficiale pubblicato da Jimi Hendrix nella sua carriera, ultimo disco ufficiale dato alle stampe mentre era ancora in vita, Band of Gypsys è anche l’unica testimonianza su disco rilasciata dall’omonima band, formata in realtà pochi mesi prima che si tenessero le esibizioni poi registrate per l’album. La storia inizia a giugno 1969: Hendrix vive un momento di grandi cambiamenti e di infinito stress. L’artista è sotto pressione per la realizzazione di nuovo materiale da pubblicare, ha da poco abbandonato il produttore che lo ha reso una celebrità mondiale, Chas Chandler, e sente il desiderio di trovare nuovi orizzonti e nuovi stimoli, il che entra in diretto conflitto con le limitazioni proprie della Experience e in particolare di Noel Redding. Questi ha da sempre sofferto la propria subalternità al chitarrista statunitense, essendo a sua volta un chitarrista prestato al basso che non amava in modo particolare quest’ultimo strumento. Il trio, che ripete la formula propria dei Cream, si basa su un confronto continuo tra i tre musicisti e a lungo andare questo finiva per limitare in qualche modo proprio l’estro di Hendrix. Inoltre, il musicista veniva accusato dalla comunità afroamericana di essersi venduto all’uomo bianco, avendo scelto di suonare con musicisti bianchi: un’accusa assurda, che il chitarrista però soffre in modo particolare. La situazione si risolve in una tensione continua, alla quale partecipano anche l’arresto del chitarrista per possesso di stupefacenti e il conseguente rischio di una pesante condanna e una certa stanchezza che ormai comincia ad affiorare anche nell’inarrestabile Hendrix. Prima o poi in queste condizioni qualcosa sarebbe dovuto succedere e infatti successe: il 29 giugno il chitarrista e Noel Redding alla fine di un concerto a Denver hanno un pesantissimo alterco. Il bassista torna a Londra e lascia il gruppo: è la fine della Experience. La prima reazione è la creazione di una nuova formazione con l’arrivo di Billy Cox al basso, del secondo chitarrista Larry Lee e di due percussionisti, Juma Sultan e Gerardo “Jerry” Velez. Con questa formazione, denominata Gipsy Sun and Rainbows, Hendrix si esibirà nel celeberrimo concerto di Woodstock il 18 agosto di quell’anno. Alla fine di settembre però questa nuova esperienza si conclude e anche Mitch Mitchell decide di lasciare, unendosi alla band di Jack Bruce (ex-Cream). Hendrix e Cox iniziano quindi a jammare con il batterista Buddy Miles che proveniva da un background R&B e soul e aveva militato anche nei gloriosi Electric Flag. Il batterista aveva già suonato in diverse jam con Hendrix e suonato su Electric Ladyland nei brani Rainy Day, Dream Away/Still Raining, Still Dreaming. Il trio decide così di lavorare su nuovi brani e di incidere un nuovo album, mettendosi subito a lavoro con continue jam e lunghe sedute in studio che culmineranno poi nella prima esibizione ufficiale il 31 dicembre, dopo qualche data di test in un piccolo club. Pochi mesi per mettere a punto un nuovo repertorio e comporre dei nuovi brani, significava lavorare duramente sul materiale portato dal chitarrista, ma anche su quello proveniente dallo stesso Miles.

L’arrivo dei due musicisti modificò in parte la traiettoria di Hendrix spingendolo verso direzioni nuove, che culminano nell’introduzione di forti contaminazioni funk e soul, tanto nella musica quanto nelle tematiche affrontate nei testi. Inoltre, l’approccio fortemente legato alle jam divenne parte integrante del processo compositivo, seguendo un metodo sperimentato in precedenza nella versione in studio di Voodoo Chile contenuta in Electric Ladyland. In effetti, lo stile di Cox, molto più sobrio e al contempo carico di groove di quello tenuto da Redding offriva una solida base all’improvvisazione di Hendrix e a questo si univa lo stile di Miles, sicuramente non proprio pulitissimo nell’esecuzione, ma anche lui dotato di una grande solidità e di un approccio più votato al ritmo e all’improvvisazione. Il batterista sin da subito affiancò Hendrix alla voce, cantando anche come prima voce i propri brani e creando così un ulteriore elemento di novità e contrasto, oltre che una nuova fonte di improvvisazione, anche vocale, alla musica. Il gruppo realizzò quattro show dal 31 dicembre al 2 gennaio al Fillmore East di New York e tutti furono registrati per la realizzazione del disco, sostanzialmente proponendo delle lunghe marce musicali scandite dai nuovi brani come dalle canzoni provenienti dal repertorio della Experience. Le canzoni che finiranno sul disco saranno poi selezionate dallo stesso Hendrix e dal produttore Eddie Kramer solo in seguito, nel consueto duro lavoro di post produzione.
Il cambio di stile è già evidente sin dalla prima traccia Who Knows, che presenta un riff portante di chiara matrice funk, sul quale si inseriscono le voci di Hendrix e Miles, il quale funge da controcanto, improvvisando il più delle volte le parole oppure offrendo una lunga sezione praticamente in scat, per poi lasciare spazio alle lunghe sezioni soliste di un Hendrix straripante. La canzone segna un netto passo avanti dello stile del chitarrista e dell’esasperato uso dello wha wha. Il brano che forse costituisce però la chiave di volta dell’intero disco è indubbiamente il successivo Machine Gun, vero e proprio capolavoro espressivo del chitarrismo di Hendrix e credibile inno antimilitarista che univa la contestazione studentesca alla protesta contro la guerra in Vietnam. Qui Hendrix stabilisce un nuovo standard della propria sensibilità musicale, dopo la famosissima riproposizione dell’inno americano di Woodstock, giocando con gli effetti al fine di ottenere un suono crepuscolare e terribile, pieno di feedback, scandito dalle rullate di Miles e che usando al massimo tutto quello che la chitarra può offrirgli, evoca credibilmente un campo di battaglia dilaniato dai proiettili, dalle sirene antiaeree e dal fumo delle esplosioni. Un contrasto nettissimo rispetto all’opener, decisamente più spensierata e contagiosa, che costituisce senza dubbio uno dei brani di maggior valore dell’intera carriera di Hendrix e di tutta la musica di protesta. Il secondo lato del vinile presenta quattro brani leggermente più brevi ed anche leggermente meno legati all’improvvisazione, rispetto agli oltre nove minuti di Who Knows e agli oltre dodici di Machine Gun. La traccia che inaugura il Lato B del vinile è Changes (conosciuta anche come Them Changes), una delle composizioni di Miles e costituisce a tutti gli effetti il suo “momento” nello spettacolo, con un ritmica tipicamente funk, sorretta da un ottimo riff e una linea melodica soul piacevolissima, che esalta il pubblico presente e nel finale offre anche uno spettacolare botta e risposta vocale con Hendrix, il quale accetta per una volta un ruolo secondario e di accompagnamento, anche se sancito dai consueti e strepitosi assoli. Power to Love è invece una solidissima canzone del “nuovo” Hendrix, in bilico tra hard blues e funk ed è assieme alla successiva quella in cui si avverte maggiormente un arrangiamento rifinito, con un classico botta e risposta tra strofa e ritmica di chitarra guidata da un insinuante riff e da un refrain inconfondibilmente soul che conferma peraltro le potenzialità del confronto vocale tra il chitarrista e Buddy Miles e anche l’ottimo groove impostato da Cox. Si tratta indubbiamente di una delle tracce più complete del disco e anche una di quelle in cui il chitarrista recupera maggior controllo nell’evoluzione del brano, che alla fine risulta forse meno esplosivo dei precedenti, ma anche sicuramente più maturo nella sua dimensione di canzone. Discorso similare si può fare anche per la successiva Message to Love, che ascoltata oggi sembra un brano dei Living Colour, a testimonianza dell’indubbia influenza esercitata su tutti i musicisti rock che ambiscono a flirtare col funk da questo album. Anche in questo caso, la forza del brano è tutto nel riff portante, nell’ottimo lavoro di Cox, nei fiammeggianti soli e nel riuscito contrappunto vocale di Cox e Miles. Chiude We Gotta Live Together, nuova composizione di Buddy Miles che si incentra ancora maggiormente sulla parte vocale, per quanto la chitarra inevitabilmente cerchi di balenare ovunque e si conceda infine l’ultimo grandioso assolo della rassegna, ancora una volta glorificato dallo wha wha.

Quando il disco uscì nel marzo del 1970, il gruppo già non esisteva più. I rapporti tra il chitarrista e il batterista non erano idilliaci nonostante il rispetto e l’amicizia tra i due e certo non aiutò il fatto che il manager di Hendrix non sopportasse il modo di suonare e la “eccessiva” esuberanza di Miles il quale tentava palesemente di trarre la massima esposizione per se stesso da questa collaborazione. Band of Gypsys fu un disco che divise, anche se la sua pubblicazione fece conoscere ad Hendrix il suo più grande successo commerciale dopo Are You Experienced?. La critica lo ritenne e lo ritiene tuttora il disco meno riuscito ed importante tra quelli pubblicati in vita dal chitarrista, tanto a causa della qualità della registrazione, quanto proprio a causa della performance della sezione ritmica, fin troppo lineare e non esente da evidenti limiti esecutivi. Eppure, al di là del valore assoluto di un brano come Machine Gun, immediatamente riconosciuto da tutti, non si può negare che col tempo questo disco abbia segnato una fondamentale influenza per lo sviluppo del funk e per le sue contaminazioni col rock, confermate dal fatto che molti musicisti lo citano ancora come una delle loro primarie fonti di ispirazione. Tra i tanti che ritengono l’esperimento della Band of Gypsys straordinario, troviamo un certo Miles Davis, notorio estimatore di Hendrix, che proprio nella libertà che il chitarrista trovò grazie alla relativa semplicità dell’approccio ritmico di Cox e Miles, individua la splendida crescita e maturazione tecnica ed espressiva del fraseggio del chitarrista, addirittura paragonato a quello di John Coltrane. E’ indubbio, al di là dei giusti entusiasmi, che poco più di due mesi non siano stati un tempo sufficiente per portare a maturazione tutti i brani, nonostante l’impegno del trio, come testimoniato ad esempio dai finali quasi sempre improvvisati o da cambi dettati evidentemente dall’umore di Hendrix più che da scelte condivise e provate. La selezione effettuata in post produzione dei brani da inserire nel disco fu piuttosto lunga ed elaborata, anche se l’album uscì praticamente dopo appena tre mesi dalla registrazione dei concerti, tanto che ad esempio un brano come We Gotta Live Together fu inserito solo all’ultimo secondo al posto di altri scelti in precedenza.
Come in tutti gli album “sperimentali” e di transizione, quello che alla fine conta è il punto di vista che si vuole utilizzare. Con Band of Gypsys Hendrix riuscì a togliersi di dosso molte pressioni e al tempo stesso trovò il modo di continuare a sperimentare ciò che lo interessava maggiormente, aprendo nuove vie alla propria musica e alla propria espressività strumentale. Probabilmente è giusto accettare il verdetto che si tratti del disco meno riuscito tra quelli pubblicati in vita dal chitarrista, ma questo si deve unicamente all’immensità degli album precedenti e non alle sue carenze. Hendrix è qui al suo massimo splendore esecutivo e già questo rende Band of Gypsys una delle pagine più belle in assoluto di quegli anni. Difficile parlando del chitarrista di Seattle andare al di sotto della categoria del capolavoro e sebbene sia giusto sottolineare i limiti del disco, al tempo stesso non si può negare che anch’esso abbia aperto nuove vie a chi ha seguito e che il valore di molti dei brani qua contenuti va semplicemente oltre le categorie di ottimo o grandioso. Questa è Storia della musica. Il resto, lo decida il gusto individuale.



VOTO RECENSORE
93
VOTO LETTORI
91.26 su 15 voti [ VOTA]
Rasta
Sabato 5 Ottobre 2019, 14.35.17
18
Riguardo al presente disco, poco da aggiungere alla recensione. Mi limito ad evidenziare come JIMI HENDRIX, al di là di tutte le sostanze chimiche che gli giravano nel sangue, aveva in mente una Musica che non riuscì mai ad esprimere, sia x gli inevitabili rallentamenti causati da dette sostanze, sia x i limiti tecnologici dell'epoca, e sia x i limiti dei suoi vari compagni di Band, che x quanto potessero essere bravi, secondo me non arrivavano alla lungimiranza di JIMI, che cercava di andare talmente oltre, che molta Musica post-EXPERIENCE, è troppo avanti persino x il 2020.
Fabio Rasta
Lunedì 28 Agosto 2017, 19.00.25
17
Invece Morlock negava proprio questo fatto! E con parole chiare. Se tu scrivi Hendrix mi piace, ma non lo adoro, nessuno ti potrà mai dire niente. Ma se scrivi eresie su un genere che ha commosso l'umanità x quasi un secolo, solo xchè insegni un po' di chitarra, pontificandole come assiomi inconfutabili, è come un laureato paraculo che si sente superiore ad un genio analfabeta solo x principio. X capirci è + in gamba Archimede o Pico de Paperis?
Rob Fleming
Lunedì 28 Agosto 2017, 18.46.32
16
@Fabio Rasta: Obiettivamente Hendrix è stato un innovatore. Negarlo sarebbe negare l'evidenza. Soprattutto a livello di suoni, ad esempio l'uso del feedback mai prima di allora utilizzato nel suo modo. Semplicemente a me piacciono di più gli epigoni che l'originale. Parlo di Robin Trower, Uli Jon Roth e Frank Marino per capirci. Soprattutto i primi due erano più "puliti" nell'esecuzione. Ma, ripeto, è solo ed esclusivamente una questione di gusto. Hendrix mi piace, ma non lo adoro. Ma è chiaro che senza di lui non sarebbe stato lo stesso.
Fabio Rasta
Lunedì 28 Agosto 2017, 18.36.28
15
P.S. : bello il filo d'erba che apre l'asfalto!
Fabio Rasta
Lunedì 28 Agosto 2017, 18.31.47
14
X TheSkullBeneathTheSkin: com'è 'sta storia di Clapton e di Wild Thing? Io ho sempre saputo che Wild Thing riguardasse la sua (di JIMI) famosa minchia di (si narra) 22cm...
Fabio Rasta
Lunedì 28 Agosto 2017, 18.29.38
13
X Rob Fleming: di solito mi trovo molto in sintonia con parecchi tuoi commenti, ma stavolta non ti seguo. Se c'è un prima e un dopo va da se che c'è stata una importante innovazione. Invece il sig. Morlock la nega, motivando con un opinabilissimo fattore tecnico e con quel Blues trito e ritrito che mi manda in bestia. Con questo parametro qua, anche il tuo stesso CLAPTON diventa un inutile fraseggiatore. Quindi cosa appoggi esattamente? Io nel '67 non c'ero, ma mi bastò ascoltare un solo pezzo della sacra triade Hendrixiana, tra l'altro da pivello, x capire di avere nelle orecchie un maledetto Genio.
TheSkullBeneathTheSkin
Lunedì 28 Agosto 2017, 18.04.02
12
Jimi ha fatto molto anche per quello che concerne la stereofonia, la registrazione, gli effetti in genere... leggete la sua bio (lasciate stare i film)... ha imparato a suonare con tre elastici conficcati su una scatola di sigari... ha accetta di volera in UK solo per poter conoscere Clapton, che lo ha schifato affibbiandogli il nome "wild thing"... in ultimo: guardate bene le date e considerate per quanto tempo ha suonato (con strumenti decenti)... Jimi è come un filo d'erba che sfonda l'asfalto. Jimi é una forza della natura! RIP James Marshall
Rob Fleming
Lunedì 28 Agosto 2017, 17.37.17
11
@Fabio Rasta: per come la vedo io nel mondo della chitarra c'è un "prima ed un dopo Hendrix" ed un "prima ed un dopo Van Halen". In entrambi i casi, però, a me piace più il "dopo". Forse bisognava avere 15 anni nel '67 per capire la reale portata di Hendrix nel panorama musicale mondiale. Quindi io, pur con altre parole, non mi sento molto lontano da quanto espresso da Morlock. Poi se i miei idoli indiscussi (Blackmore e Clapton in primis) lo indicano come il big bang ci sarà un motivo. L'album non lo commento perché ho i primi tre della Experience e lì mi son fermato.
Fabio Rasta
Lunedì 28 Agosto 2017, 17.09.15
10
Xò cosa mi tocca leggere! Non pensavo proprio che su questo pianeta ci fosse qualcuno che anche solo si sognasse di contestare JIMI. Ma addirittura sentirlo paragonato al frivolo Andy Warhol, Lui, JIMI, che x la Sua Musica avrebbe dato tutto se stesso incondizionatamente. Questo sig. Morlock, che pontificava al 9 l'inutilità di HENDRIX, con tutto il rispetto, avrebbe DOVUTO mettere un "secondo me", a margine di un commento del genere, e poi sarebbe stato tuttapposto. Ma detto così, non basta insegnare uno strumento da 1000 anni, x potersi permettere di criticare un Genio universalmente riconosciuto. Ma certo che se uno che suona le pentatoniche diventa uno stereotipo trito e ritrito... ma x piacere! Dovrei fregarmene ma non ci riesco. Vedo gente come MUDDY WATERS che si rigira nel sepolcro. Tutto ciò mi intristisce. Mi ricorda tanto quegli eruditi che sfottevano Galilei che cercava di fargli capire che il Mondo non era un tavolo. O quegli scacchisti affermati che non accettavano di perdere da una giovane promessa. Cosa mi tocca leggere! Comunque un grazie a Lizard x la sentita recensione che ho letto, come di consueto, con interesse.
Morlock
Mercoledì 13 Agosto 2014, 12.09.50
9
A questo personaggio dobbiamo tutto e niente.....ha dato il via insieme a tanti ad una vera e propria rivoluzione musicale,ma se parliamo di INNOVAZIONE siamo lontani mille miglia sia dal punto di vista musicale(stereotipi blues triti e ritriti) che di tecnica sullo strumento(studio e insegno chit da 17 anni vi consiglio di non entrare nei particolari che non finiremmo più ),parlerei di un'Andy Warhol della chit piuttosto...quindi più personaggio e showman..che come il citato lo si ama o lo si odia...ed io personalmente lo odio....ma non si può cmq rimanere indifferenti in quanto fà e rimarrà sempre nella storia...
Marco Umberto
Lunedì 11 Agosto 2014, 14.39.25
8
Bella recensione. Complimenti. Concordo sul voto.
Galilee
Martedì 29 Luglio 2014, 16.24.08
7
Ah ecco, mi sembrava di averne letta qualcuna. Thanks.
Cermine
Sabato 26 Luglio 2014, 11.14.18
6
Recensione esemplare, colgo l'occasione per fare i complimenti a questa 'zine perchè oltre a trattare in maniera egregia l'heavy metal sviscera il momdo del rock con analoga perizia. Sul disco inutile aggiungere altro è superbo in ogni singola nota. Concordo anche sul 93/100 :
Matocc
Venerdì 25 Luglio 2014, 21.40.44
5
@ Galilee : clicca direttamente sulla parola Experience o sui titoli dei loro dischi all'interno di questo testo e verrai catapultato alle rece di TJHE manco fossi sull'Enterprise
Jimi The Ghost
Venerdì 25 Luglio 2014, 21.36.56
4
c'è un refuso nel mio scritto: "poi, è tutta quella musica che vorrei sentire oggi, ma che per mia selettiva ottusità acustica, non trovo ancora.." non capisco "romana" da dove sia saltata fuori. Scusami per il doppio post.
Jimi The Ghost
Venerdì 25 Luglio 2014, 21.31.27
3
L’experience era in un vicolo cieco, la capitol records pretendeva un disco dopo che la warner bros, stanca di aspettare del nuovo nuovo disco da Hendrix, cedette i diritti. Per onorare questo accordo Band of Gypsys registrò questo album d’esordio in un primo live. Definito dallo stesso Hendrix un LP insoddisfacente in particolare per la scarsa qualità della registrazione dei brani, tanto che la chitarra in certi passaggi è addirittura scordata, comunque credo che raggiunse la quinta posizione nelle classifiche americane.Come scrive Lizard, Jimi era stanco, probabilmente afflitto da problemi finanziari e dai pensieri negativi, costantemente in tour per mantenersi da vivere, privo di volontà poiché nauseato da certi meccanismi del business discografico. E’ un disco che traccia un solco nella vita artistica di Jimi Hendrix: da una parte l’experience dall’altra una “banda di zingari” come lui stesso la definì, proprio una banda di nomadi musicisti che voleva girare i palchi. Proprio a quel gusto individuale a cui fai riferimento nella tua conclusione, è un disco comunque godibile, legato al nome di Jimi Hendrix e alla storia di un periodo, in particolare trovo il lato B migliore sotto ogni punto di vista, poi, è tutto romana quella musica che vorrei sentire oggi, ma che per mia selettiva ottusità acustica, non trovo ancora. Saverio complimenti per la tua dettagliata e splendida recensione, un vero piacere. Dunque, corro a riascoltarlo..Un caro saluto. Jimi TG
Lizard
Venerdì 25 Luglio 2014, 21.17.21
2
In realtà se provi con la ricerca trovi anche le recensioni degli album con la Experience. Per un piccolo problema del sistema dato che il nome non è proprio lo stesso, non compaiono qua a fianco.
Galilee
Venerdì 25 Luglio 2014, 20.37.43
1
Ma possibile che non avete recensito ancora nulla di Jimi Hendrix? Eppure ero convinto di aver letto qualcosa. Scopriamo subito le carte in tavola, Hendrix mi manda proprio fuori di testa. È ci ho messo anche un pò di anni a capirlo. Comunque per il momento questo live mi manca, ho solo i suoi tre lavori in studio più new rising sun. Lo recupererò. Ora leggo la recensione, ma tanto concorderò su tutto, visto il giudizio e l'entusiasmo con cui è stata scritta.
INFORMAZIONI
1970
Capitol Records
Rock
Tracklist
1. Who Knows
2. Machine Gun
3. Changes
4. Power to Love
5. Message of Love
6. We Gotta Live Together
Line Up
Jimi Hendrix (Chitarra, Voce)
Billy Cox (Basso, Cori)
Buddy Miles (Batteria, Voce)
 
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