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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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Ah, le band metal e l'orchestra: ci si potrebbe scrivere su un intero libro, si potrebbe dibattere per giorni sull'idea che la musica classica snaturi o meno lo spirito metal e ancora la questione non si potrebbe chiudere. Se ai giorni nostri l'utilizzo di un'orchestra (o di librerie di suoni campionati) nel metal è stato ampiamente sdoganato ed esplorato, è anche merito di alcuni pionieri che per primi hanno pensato di arricchire la propria proposta con un ensemble di musicisti classici. L'esempio più famoso -ma, a mio avviso, non il più riuscito- di questo tipo di collaborazione lo si deve ai Metallica, che con S&M (1999) resero alla portata di un pubblico non esperto la presenza di un'orchestra nel metal; ma non tutti si ricordano che qualcuno, dopo aver centellinato gli arrangiamenti sinfonici di album in album, aveva già sperimentato tale pratica alcuni anni prima, riuscendo a dare una rilettura nuova al proprio repertorio e una rinfrescata al proprio stile con l'introduzione di un'orchestra. Parliamo dei Rage, che nel 1996 danno alla luce Lingua Mortis: un lavoro che non contiene inediti, ma reinterpreta una collezione di brani pescati da Black In Mind e The Missing Link (con un richiamo anche a Perfect Man) riarrangiandoli in versione sinfonica con la collaborazione dell'orchestra filarmonica di Praga.
Si parte con In A Nameless Time, introdotta da percussioni marziali, in cui i fiati fanno capolino in un gioco di richiami fino allo sviluppo del tema portante. Si assiste già ad un primo rimaneggiamento, ma la struttura dei brani originali è ben percepibile e si nota come la componente orchestrale non vada ad alternarne le caratteristiche, bensì ad esaltare la ricchezza delle composizioni, creando tensione nelle strofe, una sinistra epicità nei ritornelli e riuscendo a tirarsi in disparte quando sono gli arpeggi delle chitarre a far da padrone. Sfortunatamente si nota anche come la registrazione non valorizzi del tutto l'insieme, tendendo ad impastare i suoni, unica vera pecca di Lingua Mortis. Alive But Dead è un buon pezzo, che ha la sfortuna di fare da cuscinetto tra due episodi mastodontici e da questi viene oscurato, seppure i suoi passaggi frigi siano incalzanti e ben concepiti. I timpani, che scandiscono il ritmo in molti passaggi, riescono a dare un'aura marziale al ritornello, pur creando un alone ovattato che tende a gonfiare tutto l'insieme, nascondendo la batteria di Efthimiadis in particolare. Medley è un percorso che attraversa Don't Fear the Winter, Black in Mind, Firestorm, Sent by the Devil e Lost in Ice, intervallando i brani con passaggi orchestrali, delicati passaggi di pianoforte e mettendo in luce tutta l'eleganza degli arrangiamenti sinfonici. Talvolta gli originali sono presi solamente come spunto strumentale, su cui un intero tema viene preso ed arrangiato (come il ritornello di Don't Fear the Winter) per tutti gli strumenti, in altri casi sviluppato a velocità inferiore ma con una linea melodica rinnovata (Black in Mind), o ancora sfruttato come spunto su cui il pianoforte allaccia un intermezzo al quale si aggiunge l'orchestra (Firestorm). In queste circostanze ritroviamo anche passaggi a cappella (Sent by the Devil) in cui Peavey dà prova di avere un timbro versatile, tanto tagliente quando le sfuriate si avvicinano al thrash, quanto melodico quando la proposta si avvicina di più all'heavy. Le asce di Fischer ed Efthimiadis non si limitano a fare da mero accompagnamento ma si ritagliano qualche spazio melodico in cui intessono fraseggi struggenti, mostrando il proprio valore anche senza la componente orchestrale. La suite si conclude riproponendo l'intermezzo sinfonico di Lost in Ice e un lungo passaggio solista della chitarra in crescendo, che culmina con la fusione della sei corde all'ensemble classico. La struggente All this Time non viene particolarmente rivisitata ma, abbreviata in durata, risulta più efficace e riesce ad esplorare una dimensione emotiva ancora non toccata nel corso di quest'opera, che si conclude con la bonus Alive But Dead in versione esclusivamente orchestrale.
Lingua Mortis non è un album perfetto dal punto di vista formale, presentando qualche pecca a livello esecutivo ed una produzione che non valorizza del tutto il gigantesco lavoro di arrangiamento compiuto dai musicisti, ma è un tassello fondamentale per comprendere la piega che prenderà la carriera dei Rage. I nostri non dimenticheranno la parentesi orchestrale, lasciandola da parte come un episodio a sé stante, ma vivranno la dicotomia tra la classica proposta metal, comunque sempre caratterizzata dal desiderio di non limitarsi alle acque stagnanti del genere, e la dimensione orchestrale. Questa insistenza è testimoniata dal successore XIII, Speak Of The Dead, dai numerosi live accompagnati dalla Lingua Mortis Orchestra e, non ultima, dalla fondazione di un progetto vero e proprio che porta questo nome, che ha debuttato lo scorso anno con LMO. L'unica vera di Lingua Mortis è di essere spesso dimenticato in nome di altri lavori meno riusciti, ma meglio tirati a lucido e venduti con abilità, seppure qualitativamente non abbia nulla da invidiare -anzi!- a molte uscite in questo settore. Imprescindibile.
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11
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Un bellissimo album che ha fatto da apripista a tanti emulatori (in primis i Metallica). Mai prima di allora, che io sappia, si era tentato di fare un intero disco unendo metal e classica. Ed i risultati sono splendidi 80 |
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10
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un disco meraviglioso che riascolto spesso! fusione perfetta di metal e orchestra. voto 95 |
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9
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voto 90 per un disco bellissimo e per una band meravigliosa che non ho mai smesso di seguire. GRANDI GRANDI GRANDI |
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8
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Quoto parola per parola il commento 5 di herr julius, sopratutto su Trapped, apice dei Rage! |
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7
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in questo disco hanno avuto coraggio ma hanno comunque capitalizzato un successo consolidato, mi ricordo che all'epoca erano uno dei gruppi più seguiti della scena metal europea, poi il brodo si è allungato e sono arrivato altri. Comunque va a gusti, i dischi con la formazione a tre con manni era precedente a questo disco. Ora li ho un poò persi per strada perchè non ho molto gradito il taglio prog che il chitarrista russo ha portato nella band. Però Carved in Stone è veramente notevole |
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6
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Si si herr julius, quando ho detto questo è l'inizio intendevo appunto l'inizio di una svolta stilistica! |
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5
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io ero un fan dei rage vent'anni fa e preferisco i lavori con manni schmidt, quindi da perfect man a missing link, e penso che il loro apice sia trapped . Poi apprezzo pure quelli con i due chitarristi, quindi black in mind e end of all days, comunque questo album è partito comunque da una carriera già avviata alla grande. Poi tornando agli album non butto dalla finestra enmmeno i primi due, anzi execution lo adoro. |
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4
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Disco che sembrava non dover portare a nulla e poi invece ha portato alla parte più bella della discografia e della storia dei Rage. Questo fu l'inizio! Voto 90 |
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3
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Album spettacolare,il metal incotra la musica orchestrale classica,credomche insieme alla Tran Siberian Orchestra,siano stati apripista pioneristici in questo.Bellissima la traccia iniziale veramente sublime per il contrasto chitarristico metal e gli archi .bellissima Don't Fear the Winter,ma in definitiva tutta la traccia 3 Medley,Alive But Dead e All this Time da brividi per le emozioni che lasciano,toccano veramente le corde dell' anima.Qui non si scherza,questa e' arte stupenda.Voto: 95. |
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2
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è considerato uno degli apici della carriera dei Rage. All'epoca l'ho adorato ma anche perchè ero in fissa con la band. Ora è da anni che prende la polvere e penso che ne prenderà altra. Disco coraggioso ma solo per i fan della band |
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1
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Sono legatissimo a quest'album, che nato come un esperimento, ha poi dato vita alla parte più esaltante della carriera dei rage. Le interpretazioni dei loro brani in chiave sinfonica qui presenti per me sono meravigliose, superiori alle versione originali. Adoro questo disco, che è stato a suo tempo originalissimo , e precursore di tanto power metal seguente. Voto 95 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. In A Nameless Time 2. Alive But Dead 3. Medley 4. All This Time (Edited Version) 5. Alive But Dead (Orchestral Version)
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Line Up
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Peter Wagner (Voce, Basso) Sven Fischer (Chitarre) Spiros Efthimiadis (Chitarre) Chris Efthimiadis (Batteria)
Musicisti Ospiti: Christian Wolff (Tastiere)
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