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Fair Warning - The Box - Live and More (Reissue)
( 1748 letture )
Recensione 2 di 5

PREMESSA
Lo spunto per questa recensione e per le altre che precedono e seguiranno è dato dalla pubblicazione da parte della SPV/Steamhammer di un cofanetto antologico dedicato ai Fair Warning che raccoglie quattro album della band e un live, dal titolo appunto The Box. Vista l’importanza del nome in questione e per evitare una recensione monstre che raccogliesse tutti e cinque i dischi usciti comunque a distanza di anni gli uni dagli altri, dati anche lo split e la conseguente reunion che li separa, abbiamo optato per recensire tutti i dischi singolarmente, riportando i titoli originali a fianco della denominazione The Box per ricondurre il tutto ad una unica matrice e alla singola operazione discografica. Il voto in calce alle recensioni è quindi da attribuirsi unicamente ai singoli dischi e non all’intero cofanetto.

LIVE AND MORE
Gli album dal vivo sono stati a lungo un punto di riferimento assoluto all’interno della discografia di un gruppo rock. Momento fondamentale, consacrazione ufficiale, chiave di volta di una carriera, dovevano la loro forza alla diffusa opinione che il rock trovasse la sua vera e propria dimensione solo dal vivo. Specchio e voce di una generazione, il rock celebrava la sua liturgia sul palco e davanti ad esso raccoglieva i fedeli, gli amici, i critici e gli appassionati per quel momento di magia irripetibile, effimero eppure eterno che era –ed è- l’esibizione dal vivo. I musicisti stessi concepivano la propria esibizione come uno spettacolo nel quale la musica aveva un suo ruolo e prescindeva spesso dalla forma canzone, per lasciare spazio all’improvvisazione, alla dilatazione dei brani e all’ispirazione del momento. Il che rendeva gli spettacoli dal vivo degli eventi unici, irripetibili, ai quali partecipare una volta e per sempre. In epoche ormai lontane, l’esibizione dal vivo era anche l’unico modo di vedere davvero i musicisti, carpirne i segreti, apprezzarne il carisma, le qualità tecniche ed espressive (o, al contrario, la loro assenza). Col tempo, questa magia è venuta in gran parte meno, l’album in studio si è preso la sua vendetta, mentre VHS prima e DVD poi hanno progressivamente permesso a tutti di vedere concerti ed esibizioni dal vivo anche dal proprio divano, fino agli attuali Youtube et similia che hanno liberato la fruizione dei concerti anche dal possesso di un media comprato in negozio. Di fatto, il disco dal vivo è così diventato un qualcosa da pubblicare per “tappare” un buco e guadagnare del tempo, per chiudere un contratto discografico, un evento tutto sommato secondario nella discografia di una band. Un utile orpello e niente più. L’evoluzione ha poi anche privato lo spettacolo dal vivo dell’elemento di improvvisazione pura, ormai ridotto a poco o niente, per lasciare spazio all’esecuzione perfetta delle versioni da studio dei brani. Anzi, per paradosso, oggi come oggi un musicista viene valutato nella sua bravura e qualità proprio dalla capacità o meno di rendere dal vivo una versione del brano quanto più possibile identica a quella in studio. Una vera e propria svolta nel paradigma che ha poi portato alla assurdità dei dischi dal vivo ritoccati o ampiamente rimaneggiati in studio.

Registrato e pubblicato nel 1998, Live and More è il terzo album dal vivo per i Fair Warning e, come i precedenti, aveva essenzialmente lo scopo di consolidare il successo della band in Giappone, vero e proprio mercato di riferimento per i rocker tedeschi e la mappa della nazione orientale sul retro copertina toglie d’altra parte ogni dubbio in merito. Registrato a Tokyo, l’album vede la band all’opera in quello che probabilmente era il suo periodo migliore, seguente alla pubblicazione di Go!, album in studio che ne aveva sancito definitivamente il successo internazionale. L’uscita del live venne ritardata rispetto a quanto previsto a causa di un incidente stradale che provocò la rottura del braccio al chitarrista Helge Engelke e fece perdere alla band il tour di spalla ai Whitesnake, poi posticipato come spalla per i Blue Oyster Cult. Proprio Go! fa ovviamente la parte del leone, occupando ben cinque brani dei dodici registrati dal vivo. Il …and More del titolo fa invece riferimento ai tre inediti in studio che nella ristampa del 2000 andranno a comporre un secondo CD nel quale trovavano spazio anche alcuni rifacimenti da studio di vecchi brani. In questa riedizione viene recuperata la versione originale con i tre inediti messi in coda direttamente al live.
Come si capirà dal lungo cappello introduttivo, per Live and More si potrebbe pensare che il rischio sia quello di trovarsi davanti un album sostanzialmente inutile, una pura mossa commerciale, magari anche pesantemente ritoccato in studio per non scontentare i fan giapponesi, che ben poco di spontaneo e magico offre all’ascoltatore. Invece, a conferma della statura della band, l’album risulta curatissimo, ma tutto sommato sincero e “crudo” quel tanto che basta a renderlo vero e vivace. I brani sono resi in maniera assolutamente fedele all’originale da studio, ma gli arrangiamenti lasciano qualche spazio libero in qua e là di cui approfittano soprattutto le chitarre che si lasciano spesso andare in lunghi assoli dalla splendida esecuzione che contribuiscono a dare quel qualcosa in più, che non sia solo l’asettica e perfetta resa. Molto spazio recupera in questo senso anche il basso di Ritgen, ben udibile e presente nel mixaggio complessivo. Da rimarcare ancora una volta l’assoluta qualità strumentale dei cinque, autori di una prova grandiosa e molto calda, sulla quale giganteggia l’ugola di Tommy Heart, fuoriclasse assoluto della band. Il cantante riesce non solo a replicare le proprie prestazioni da studio in maniera impeccabile, ma dimostra quanto la sua voce brilli per potenza ed estensione e conservi quella timbrica melodica e calda, leggermente roca per quanto altissima. Non c’è da stupirsi che i fan giapponesi fossero pronti a strapparsi i capelli per loro, fino alla vera e propria isteria.

Saggiamente il gruppo mette i brani nuovi nella prima parte della scaletta, lasciando ai classici dei primi due album lo spazio conclusivo del concerto. A dire il vero, a livello di qualità e impatto i brani di Go! non hanno proprio nulla da invidiare agli altri e Angels of Heaven apre l’esibizione in maniera perfetta e dinamica, con un Heart già a livelli stellari. Il pubblico risponde con calore anche quando il cantante annuncia il secondo estratto da Go! e che la serata verrà registrata per un live album. Bella anche la versione di I’ll Be There, ma sicuramente a farla da padrona in questa prima sezione è Man on the Moon, brano che già brillava nella versione da studio e che qui conferma la propria grandezza, grazie anche agli ottimi cori e alla splendida prova delle chitarre, con tanto di finale allungato e velocizzato. Nella successiva Don’t Give Up, salutata con grande calore dall’audience, è Heart a prendersi le sue soddisfazioni, con una sezione tutta dedicata alla sua splendida voce. Un vero tour de force ci aspetta invece con la successiva Desert Song, super classico della band, qua resa in maniera eccelsa; varrebbe da sola l'acquisto.
Introdotta dalla bella sezione strumentale acustica We Used to Be Friends, inizia la seconda parte del concerto, quella più tipicamente “live” se vogliamo, caratterizzata dai vari assoli del gruppo e da versioni leggermente più libere dei brani. Prima c’è spazio per un nuovo estratto da Go!, con Follow My Heart a far battere le mani a tutti i presenti. Si prosegue con una intro suonata da Engelke che costituisce un omaggio a Bach, alla maniera inaugurata da Ritchie Blackmore, che lascia poi spazio ad una versione ritmata di Come On, riuscita ma tutto sommato non proprio entusiasmante. Molto meglio allora la breve intro di tastiera che libera poi Save Me, secondo singolo estratto da Go! e vero momento di volta del concerto, col suo connubio di energia live e la consueta pioggia di melodia. Altro intro, stavolta ad opera di Andy Malecek, nuovo entrato nel gruppo. Anche per lui si tratta davvero di un pezzo di bravura notevole, che conferma il livello tecnico di tutta la band. Burning Heart è un altro highlight dell’esibizione, col suo refrain ottantiano che più ottantiano non si può. Tempo di salutare il caloroso pubblico di casa e il buon rock frizzante di Get a Little Closer rialza i ritmi e distende gli animi con la sua atmosfera solare e il finalone trionfante che ben dispongono l’audience per il bis di Stars and the Moon, degna conclusione di un grande concerto.
Per quanto concerne i tre brani in studio, come spesso accade in questi casi, non si tratta di brani che fanno strappare i capelli o che aggiungono chissà cosa a quanto precede o alla carriera dei Fair Warning, ma tutto sommato il livello resta più che degno, con Like a Rock potente e ritmata, scandita dal refrain e dal riff, Meant to Be classica ballatona semiacustica con archi un tantino ridondante e la conclusiva Out of the Night di nuovo più potente e ritmata.

Il timore di trovarsi di fronte unicamente una uscita commerciale del nullo valore artistico, finisce tutto sommato per sciogliersi. Nel complesso Live and More risulta documento fedele delle qualità dei Fair Warning e dell’ottimo spessore dei loro brani, assolutamente capaci di reggere una durata piuttosto lunga come quella offerta dal CD, che supera gli ottantuno minuti complessivi. La prova dal vivo è senza dubbi ottima, sotto ogni punto di vista e mette giustamente in risalto l’ultimo lavoro da studio, con il giusto spazio tributato ai classici dei primi due. Il concerto in se non offre momenti di pura improvvisazione, né tanto meno versioni stravolte o arrangiamenti particolari, limitandosi ad allungare un po’ le versioni da studio, piuttosto che ad aggiungere intro o qualche giro di assolo in più, il che d’altra parte è coerente col fatto che la band fosse in realtà di supporto ad un headliner e non potesse quindi prendere chissà quanto spazio alla classica presentazione dei brani. Documento che risulta quindi molto valido come rappresentazione di quello che furono i Fair Warning poco prima dell’uscita dell’ultimo album da studio e di un momento indubbiamente molto alto della loro carriera. Da non perdere per chi ama la band, ottimo compendio all’interno della raccolta The Box che stiamo esaminando, forse interessante anche per chi invece dovesse approcciarsi per la prima volta al gruppo, vista la sua dimensione di effettivo greatest hits dei primi tre album.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
82 su 2 voti [ VOTA]
Andrew Lloyd
Sabato 16 Agosto 2014, 19.30.17
1
Gran bel live frizzante e spassoso; "Save Me" da urlo con l'intro di tastere da pelle d'oca. i Fair Warning con Go! e i Gotthard con "Lipservice" fossero usciti con questi dischi a fine Anni Ottanta, avrebbero tenuto testa alle corazzate americane.
INFORMAZIONI
2014
SPV/Steamhammer
AOR
Tracklist
1. Angels of Heaven
2. I’ll Be There
3. Man on the Moon
4. Don’t Give Up
5. Desert Song
6. We Used to Be Friends
7. Follow My Heart
8. Intro Bach for More/Come On
9. Keyboard Solo/Save Me
10. Guitar Solo/Burning Heart
11. Get A Little Closer
12. Stars and the Moon
13. Like A Rock
14. Meant to Be
15. Out of the Night
Line Up
Tommy Heart (Voce)
Andy Malecek (Chitarra)
Helge Engelke (Chitarra)
Ule Ritgen (Basso)
C.C.Behrens (Batteria)
 
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