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ALAIN JOHANNES + THE DEVILS + ANANDA MIDA feat. CONNY OCHS
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HEADBANGERS PUB, VIA TITO LIVIO 33A - MILANO

Neurosis - A Sun that Never Sets
( 5691 letture )
L'uomo tossiva in continuazione e il bambino lo guardava sputare sangue. Si trascinavano oltre. Lerci, cenciosi, senza speranza. L'uomo si fermava e si appoggiava al carrello e il bambino proseguiva, poi anche lui si fermava e si girava e l'uomo alzava gli occhi piangenti e lo vedeva lì sulla strada voltato a guardarlo da qualche futuro impensabile, radioso come un tabernacolo in quella desolazione.
(Cormac McCarthy, "La strada")


Un deserto e due anime che vagano, stagliandosi contro la linea spoglia linea dell'orizzonte. Un uomo e un bambino, il nulla attorno, il peso di una schiacciante solitudine che grava sulle loro spalle. Il silenzio li opprime, annichilendoli.
A Sun that Never Sets, comincia a diffondersi nell'aria, perfetta colonna sonora per i resti di un mondo squarciato da una qualche apocalisse. Sembra riempire l'afono vuoto, ma tra le sue note, nascosto dietro gli anfratti delle sue partiture, si annida sempre presente un desolante silenzio, che, di tanto in tanto, emerge. Una cupa e inesorabile presenza che aleggia, stendendo un'ombra tetra, su questo straordinario capolavoro della musica.

L'album in questione è il settimo full-length partorito dai Neurosis: originari di Oakland, California, descritti dal Terrorizer Magazine come probabilmente la band più influente degli ultimi vent'anni e citati inoltre da innumerevoli gruppi come fonte d'ispirazione sia a livello puramente musicale che concettuale. Fondati nel 1985 da Scott Kelly, Dave Edwardson e Jason Roeder, tutti proveniente dai Violent Coercion, mossero i primi passi in veste crust/hardcore punk, proponendo un sound fortemente debitore agli Amebix e ai Discharge. Dopo il reclutamento di Chad Salter alla chitarra arriva il debutto discografico ufficiale con l'LP Pain of Mind. Un disco prettamente punk, che già mostrava però le doti della band, rivelandosi un prodotto denso di un disagio e di una rabbia tipicamente punk e se vogliamo, adolescenziale, dal sapore duro e autentico. Comparato al resto della discografia l’esordio resta un album ancora decisamente troppo acerbo, tuttavia il suo ascolto è basilare per comprendere quali siano le profonde radici del sound attuale dei Neurosis. Nell'89 entra nella band Steve Von Till, sostituendo Salter, mentre nel '90 viene assoldato il tastierista Simon McIlroy. Con questa formazione vede la luce il secondo capitolo della discografia degli americani, The Word as Law, lavoro che rivela i primi sperimentalismi del quintetto e che si assesta su un crossover fortemente debitore all'hardcore/crust dell'esordio, imbastardito da una buona dose di thrash metal di stampo S.O.D.. Volendo dividere in diverse fasi la carriera dei Neurosis si può benissimo dire che qui termina la prima, quella più diretta, veloce e tipicamente hardcore punk.
Difatti il disco successivo, edito nel maggio nel 1992, è di diritto da considerare il primo vagito di quello che sarà poi definito post metal e risponde al nome di Souls at Zero, titolo di un capitolo dell'horror "The Great and Secret Show" di Clive Barker. Musicalmente ci si trova di fronte ad un sound dai connotati riconducibili allo sludge della prima ora, quello dei Slugs e dei demo degli Eyehategod, che tuttavia aveva già iniziato a subire quel processo di dilatazione e rallentamento che porterà all'attuale sound della band. Il running time delle tracce si allunga, ma questo sono ancora pregne della violenza punk degli esordi, filtrata attraverso slow tempos e richiami folk. Il processo di mutazione del quintetto continua l'anno successivo con Enemy of the Sun, sessanta minuti di grande musica che accentua quelle che erano state le particolarità e le innovazioni del precedente mostrando la forma acerba del post metal che poi si concretizzerà nel '96 con Through Silver in Blood. Segnato dal passaggio alla Relapse Records è uno dei capolavori della discografia dei californiani: ritmiche tribali, sintetizzatori presenti come mai e momenti rumoristici ai limiti dell'industrial, il tutto perfettamente coniugato al marciume dello sludge e ai retaggi hardcore. Pesantezza, claustrofobia e sofferenza sono intrise nell'anima di questo capolavoro, annichiliscono l'ascoltatore, costringendolo ad uno stato di estasiata trance. Il disco riscosse un meritatissimo successo nell'ambiente e dunque le aspettative per il successivo erano decisamente altissime e non solo non furono disattese, ma, in molti casi, superate. Esce nel '99 Times of Grace e il suo gemello Grace, dei Tribe of Neurot, side project ambient dei Neurosis. Nell'idea della band questi due album vanno ascoltati in sincronia e, da ascoltatore, prima ancora che da recensore, vi consiglio in maniera assoluta di provare quest'esperienza. Il risultato è straordinario, più di un'ora in cui la band eleva lo sludge a creatura metafisica. Imprescindibile per ogni amante della grande musica.

Con questa pesante eredità alle spalle i Neurosis rilasciano nel 2001 il loro settimo album in studio, che risponde al nome di A Sun That Never Sets. E ancora una volta il quintetto californiano sorprende e evolve, dando alle stampe un album che definire capolavoro assoluto è riduttivo. Ci introduce Erode, disturbante, tagliente come la lama di un rasoio, ambient minimale giocato sul lento incedere di batteria. Sorge lentamente The Tide, un crescendo acustico meravigliosamente arricchito dal synth di Noah Landis e consacrato poi dalla voce di Von Till, corposa e sofferente. La traccia si snoda lungo i suoi quasi nove minuti in modo cadenzato, ipnotico, regalando istanti di soffusa poeticità prima dell'inesorabile esplosione. L'annunciato collasso, una disperata rabbia prende il sopravvento, le distorsioni soffocano, le voci suggellano la drammaticità di quanto è suonato e raccontato. Drammaticità che è la colonna portante dell'opera, un dramma epico, sofferto, ritratto a tinte fosche da vortici psichedelici, sussurri e distorsioni. From the Hill è una marcia, una lunga processione, un pezzo saturo, rumoroso, che tenta di sconfiggere il silenzio che aleggia onnipresente tra le note dell'album. Echi post-rock emergono come attimi di rara apertura nel miasma circostante. La title track ha un incipit dal sapore industrial, sa di modernità decrepita e decadente, se non già decaduta. Le chitarre danno poi vita ad un mastodontico "wall of sound" in cui si adagiano le voci di Scott e Steve, intimistici cantori della decadenza circostante. Lieve, sussurrato, è l'inizio di Falling Unknonw. Tredici minuti di estasi, a tratti minimalista, a tratti densa e corposa, ma sempre meditativa. Il muro sonoro non colpisce, avvolge, ipnotizza e stordisce. Il finale si staglia sul rullare dei tamburi, avvolto dalle note del synth, in un crescendo di poesia ed emotività annichilente. Gli ultimi minuti di questo pezzo, trascendono, volgono lo sguardo alle sfere celesti. Ma ci riportano subito sulla terra i Neurosis: la successiva è un'inquietante danza tribale che lega le nostre anime alle proprie radici terrene. Crawl Back In e Watchfire sono due tracce gemelle: mosse su tempi lenti eppur martellanti, segnate da fumose aperture post rock che lasciano intravedere sprazzi di pura luce, di aria pulita, non segnata dalla claustrofobica pesantezza che preme cupa sull'album. Ma sono brevi attimi di illusione, tutto torna a stringersi, a condensarsi, a richiudersi su se stesso, in una sofferta introspezione. Suoni di campane, il martellare della batteria: è così che l'ulveriana Resound ci conduce verso il gran finale, Stones from the Sky.
La introducono intrecci tipicamente post rock, sussurrando, si sentono forti qui le influenze dei GYBE!. La traccia scorre, segnata da riff distorti e dai flauti, in lontananza. Si vaga in un eterno crepuscolo, quando tutto inizia a crollare. Si frantuma nelle nostre orecchie, monocorde e ipnotica scorre la canzone prima del collasso. Difetti (voluti) di registrazione hanno il sopravvento, sovrapponendosi alla componente rumoristica, in una lunga chiusura strumentale che ha il forte sapore di un inno, un lamento e una preghiera. A braccia spalancate, innanzi al sole morente, in ginocchio sulla sabbia. L'aria attorno è tinta di rosso, avvolge il mondo che crolla su sé stesso, nell'inesorabile apocalisse. E quando sembra che non finisca mai, la trama che regge il creato definitivamente si disfa. Rimane solo il rumore e il martellare di un tamburo lontano.

A Sun that Never Sets rapprensenta tutt'ora uno dei vertici della carriera dei Neurosis e segna l'inizio della loro "terza fase", che proseguirà con i due successivi dischi, quella più melanconica e introspettiva, portatrice però di una sofferta epicità; è inoltre uno dei primi, se non il primo, vagito di post metal (per quanto sia fumosa questa definizione). Tirando le somme ci si trova davanti a un capolavoro, dotato di una carica emotiva annichilente e che è riuscito a segnare in maniera indelebile l'evoluzione del metal più avanguardistico e sperimentale.

Nel destino di ogni uomo può esserci un'apocalisse fatta solo per lui. Si chiama disperazione.
(Victor Hugo, "L'uomo che Ride")



VOTO RECENSORE
92
VOTO LETTORI
97 su 28 voti [ VOTA]
patrik
Sabato 16 Febbraio 2019, 23.42.37
15
comprato a suo tempo , son loro fan da un pezzo e a dire la verita nn è eccezionale , beh sara che a furia di guardare cio che ha fatto michal gira , mi sono fatto una sorta di paragone e boh per me sto dico vale molto meno di quel che si dice e so che per loro prendere per le mani cio che fecero gli swan è stata una naturale prosecuzione boh preferisco cio che han fatto nel primo periodo.....che dire viva la triade dei primi godflesh e neurosis e swan del periodo intermedio con jarboe la........conicigni
brainfucker
Giovedì 4 Settembre 2014, 14.24.20
14
tutt'altro giudizio sul libro di mccarty ahahah
brainfucker
Giovedì 4 Settembre 2014, 14.23.31
13
solo loro sanno essere silenziosi e annicchilenti mentre ti sparano in faccia un muro di suono enorme...disco gigantesco
Lello
Lunedì 1 Settembre 2014, 19.36.41
12
Il senso di ineluttabilità fatto disco. La band "estrema" più grande di sempre.
Galilee
Lunedì 1 Settembre 2014, 9.50.18
11
Niente male, ma nettamente inferiore a times of grace. Troppa orecchiabilità rispetto a quello che mi aspetto da loro.
Ubik
Lunedì 1 Settembre 2014, 8.08.39
10
Capolavoro! Stones From the Sky è l'apice del disco, immensa.
Macca
Domenica 31 Agosto 2014, 20.08.28
9
L'album che mi ha definitivamente rapito e segregato nel mondo allucinante e meraviglioso dei Neurosis. Non lo commento neanche: chi lo conosce già sa cosa vorrei/potrei dire, e chi non lo conosce lo faccia immdiatamente suo, lo metta nel lettore e si prepari a non essere più lo stesso. Voto 96
Oh none is Moe
Sabato 30 Agosto 2014, 22.12.54
8
Madonna che disco....
spiderman
Sabato 30 Agosto 2014, 20.53.00
7
Scusate l'errore "e in questo sono dei maestri".
spiderman
Sabato 30 Agosto 2014, 20.49.02
6
Questo gruppo non conosce la parola mediocrita',dai testi alla musica la loro qualita' e' sempre a livelli altissimi, e questo disco non e' da meno soprattutto per la poesia el a magia pura che esprimono e on wrsto sono dei maestri ,anche per me e' stato il loro primo album quindi c'e' di mezzo anche il discorso affettivo, quindi anche io dico: CAPOLAVORO.
VomitSelf
Sabato 30 Agosto 2014, 13.49.50
5
Immensi Neurosis. Per me, una delle più grandi band degli ultimi 30 anni. Gran disco questo, anche se per me il meglio del meglio lo si trova in (capo)lavori come "Through Silver In Blood", "Times of Grace" e lo stupendo "The Eye of Every Storm". Comunque, a questo do un bel 90
entropy
Sabato 30 Agosto 2014, 13.18.43
4
Ho avuto piò meno la stessa esperienza di Ad astra. L'ho ascoltato senza sapere bene cosa aspettarmi e ne sono rimasto conquistato. è stato il loro primo album che ho ascoltato e a tutt'oggi rimane il mio preferito. Grandissimo album.
Malleus
Sabato 30 Agosto 2014, 12.23.51
3
Tendenzialmente tutti i loro lavori sono splendidi, ma questo penso sia l'apice della loro carriera, lacrimoni su sto disco.
Morlock
Sabato 30 Agosto 2014, 10.55.27
2
Una sola parola:CAPOLAVORO!!!!
Ad astra
Sabato 30 Agosto 2014, 10.38.27
1
Mi ricordo quando lo comprai senza saperne,nulla...comprai sulla fiducia anche se la cover non mi ha mai detto nulla,anzi...mi allontanava...play: addio mondo. Almeno una volta all'anno ho necessita di ascoltarlo....loro non ne han sbagliato uno... Non han mai sbagliato....bravo organium per la scelta.. Chapeau.
INFORMAZIONI
2001
Relapse Records
Post Metal
Tracklist
1. Erode
2.The Tide
3. From the Hill
4. A Sun that Never Sets
5. Falling Unknown
6. From Where Its Roots Run
7. Crawl Back In
8. Watchfire
9. Resound
10. Stones from the Sky
11. Dissonance (Japanese Bonus Track)
Line Up
Scott Kelly (Voce, Chitarra)
Steve Von Till (Voce, Chitarra)
Noah Landis (Sintetizzatore)
Dave Edwardson (Basso)
Jason Roeder (Batteria)
 
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