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Hayley`s Royal Whores - Kill the Monkey
( 912 letture )
Nuova uscita discografica per i finnici Hayley’s Royal Whores che, dopo la trasferta con l’australiana Noisehead Records per il precedente Back to the Zone, tornano alla Gorba Records, che aveva rilasciato il primo album Discoteque Tranny nel 2012. Da segnalare un cambio nella line up del gruppo, che almeno per il momento perde la seconda chitarra di Mike Terror -comunque presente nella foto di presentazione del disco, arrivata in allegato al promo. Il gruppo si presenta comunque come un four piece dotato di un suono pieno e potente, anche in questa veste. In effetti, Kill the Monkey viene presentato come album dal gruppo, ma sarebbe più corretto definirlo EP, dato che si tratta di sole cinque canzoni, per una durata complessiva che supera di poco i diciotto minuti. Al di là delle considerazioni legate ai piccoli cambiamenti che ruotano inevitabilmente attorno alla vita di una band, è giusto riconoscere che, musicalmente parlando, non si registrano sostanziali cambiamenti rispetto al precedente Back to the Zone. La band sta affinando ancora la propria identità e la propria sonorità ed è quindi plausibile che la pubblicazione di Kill the Monkey serva in realtà per prendere tempo, in attesa di un vero e proprio terzo album che si rivelerà probabilmente decisivo da un punto di vista artistico.

Per molti aspetti, la musica degli Hayley’s Royal Whores può essere considerata un ossimoro. Di base, il genere proposto è un hard rock sporchissimo e lascivo, con evidenti agganci al punk e al post punk, e delle profonde influenze dark e gothic che si affacciano di continuo nei brani. Il risultato è per certi versi intrigante, per tanti altri spiazzante e purtroppo, in qualche caso, superfluo e mal orchestrato. La miscelazione della depravazione hard e punk, che si riscontra tanto nei riff di chitarra quanto nel cantato di Pasi Crash, con le influenze ottantiane e gothic delle tastiere di Teme Schnaps, infatti, non sempre risulta riuscita e bilanciata e in alcuni casi le due identità si accozzano assieme, prevaricandosi l’un l’altra, senza che questo renda minimamente piacevole l’ascolto. Quando invece la coesione assume un carattere definitivo e bilanciato, il risultato è nettamente superiore e lascia intravedere degli ottimi spiragli per il futuro. C’è da credere che sia il gruppo stesso ad esasperare i contrasti, un po’ per spirito punk, un po’ per sondare i propri limiti, per capire fin dove è possibile spingersi. In effetti, lo scontro tra l’eleganza dark/gothic e la crudezza viziosa e nichilista punk/hard rock non sembra destinato a trovare soluzione di continuità e Kill the Monkey testimonia in maniera irreversibile che, alla fine, una delle due identità prenderà il sopravvento, relegando l’altra ad un sottofondo più o meno evidente. L’ascolto è infatti nettamente diviso tra i brani nei quali la formula riesce e tra quelli nei quali invece proprio non funziona. Non a caso, i risultati positivi arrivano quando è una delle due identità a prevalere sull’altra, mentre finché si cerca di bilanciarle, qualcosa proprio non va. Nello specifico, a risultare vincenti sono gli spezzoni più vicini al dark/gothic, quasi alla H.I.M./The Cult, composti principalmente dal tastierista; quando invece a prevalere è la chitarra di Crash, il risultato è decisamente più ostico e mal digeribile. Un esempio è dato proprio dalla titletrack Kill the Monkey: partenza con riffone hard rock/punk disturbante, voce sgraziata, strozzata, alla Rob Zombie, non particolarmente piacevole, anzi, inframmezzata dal refrain tipicamente dark, con vocione scuro e profondo. Il contrasto, grazie anche al lavoro della tastiera, è fortissimo, netto, disturbante. Solo che non funziona, o meglio, funzionerebbe se Crash avesse elaborato una linea vocale minimamente decente, meno punkish e più cantata. Per com’è adesso, il risultato è decisamente rivedibile ed è un peccato, perché poi il finale alienante alla Roxy Music prima maniera sarebbe ottimo. Decisamente meglio la seguente Shut the Fuck Up, dove sono le sonorità dark a prendere il sopravvento, con la tastiera in primo piano a dialogare con la chitarra e Crash che si sforza appena di tirare fuori una linea melodica minimamente intellegibile, sostenuta dal coro tipicamente punk, che stavolta ha un suo perché. Si ritorna giù con la seguente Back to Death Camp, che spreca un gran riff con un ritornello insistito e ripetuto alla nausea, che sinceramente rende il pezzo del tutto inutile e superabile. Riuscita nuovamente la seguente Rehab, ancora una volta più spinta sul versante dark/gothic, con una prova melodica di Crash più convincente e un ottimo lavoro strumentale. Il meglio però la band ce lo riserva sul finale con Dope, finalmente un brano riuscito sotto tutti i punti di vista, la quale offre una atmosfera decadente, con un riffing freddo e malinconico che ben si sposa al lavoro della tastiera, mentre gli ottimi assoli di chitarra esaltano la vena gotica alla quale anche i costanti limiti vocali di Crash devono piegarsi.

La forma dell’EP è forse la più utilizzata per un lavoro di transizione o sperimentale, che si discosta da quanto fatto in precedenza, magari per annunciare un nuovo corso o anche solo per sfogare tentazioni sperimentali che risulterebbero fuori posto in un album vero e proprio. Nel caso degli Hayley’s Royal Whores, non siamo al cospetto di una sperimentazione, perché di fatto il percorso intrapreso dal gruppo resta lo stesso e, casomai, in questo disco si cerca di trovare una quadratura del cerchio di una formula ancora grezza. In realtà, il risultato finale appare poco convincente e sembra dire che ancora la strada da percorrere per trovare la giusta alchimia compositiva sia tanta. Un brano su cinque pienamente riuscito è poco per un gruppo alla terza uscita discografica e i limiti vocali di Pasi Crash sono davvero troppo castranti per canzoni che evidentemente tendono sempre più verso la matrice gothic che, peraltro, è palesemente quella in cui la band rende meglio. Il lavoro di chitarra resta determinante per mantenere la musica del gruppo in ambito hard/metal e quando tutto gira come dovrebbe, il risultato è decisamente valido. Resta da capire quale strada la band deciderà di intraprendere nel futuro: restare nel mezzo del guado, come nel caso del presente Kill the Monkey, rischia di essere molto pericoloso.



VOTO RECENSORE
62
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2014
Gorba Records
Gothic / Rock
Tracklist
1. Kill the Monkey
2. Shut the Fuck Up
3. Back to Death Camp
4. Rehab
5. Dope
Line Up
Pasi Crash (Voce, Chitarra)
Teme Schnaps (Tastiera)
Alex North (Basso)
Kuha Spears (Batteria)
 
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