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Watain - Casus Luciferi
( 6987 letture )
Attualmente i Watain hanno consolidato il proprio status come una delle band più seguite e considerate del panorama black metal, soprattutto dopo l’approdo in Season of Mist, con la pubblicazione di Sworn to the Dark e di Lawless Darkness, nonché con l’ultimo lavoro The Wild Hunt edito per Century Media. Nati sotto la stella oscura del black metal scandinavo di stampo Darkthrone, udibile nel debutto ormai quattordicenne Rabid Death’s Curse, il suono dei nostri si è evoluto, lasciandosi alle spalle una percentuale notevole del seguito più intransigente, e passando ad abbracciare i lidi più facilmente apprezzabili delle sonorità del metal estremo, con il più black/thrash-oriented Sworn to the Dark, o pagando tributo al black metal melodico dei Dissection con Lawless Darkness, un album pulito, disegnato con perfetta attenzione dei dettagli - l’esito naturale dell’evoluzione di una band che è passata dagli esordi nel black metal primordiale a una manifestazione del proprio talento compositivo che assecondasse, d’altra parte, le esigenze delle luci della ribalta. L’evoluzione è arrivata, in certo senso, al fatidico primo intoppo su The Wild Hunt, meno patinato del celebrato predecessore, ma anche meno ardente di quella talentuosa fiamma che, fino a questo momento, la crescita (anche commerciale) del gruppo non aveva intaccato, per lo meno in termini qualitativi.

Esiste però un punto di passaggio tra la radice sporca e necro-maniaca dei Watain e la loro progressiva apertura a sonorità, per così dire, più masticabili; ed è esattamente qui che risiede il capolavoro del gruppo, un album che sia di passaggio tra il black metal ruvido e la melodia dei Dissection, tra le tenebre e la luce della realizzazione musicale. Porta il titolo di Casus Luciferi, edito nel 2003 A.D. per l’etichetta francese Drakkar, la stessa che raccolse la formazione svedese al proprio debutto. Il motivo per cui, dunque, mi sembra significativo trattare di un album di una realtà attuale, come quella dei Watain, piuttosto che un qualsiasi altro capolavoro del black metal passato (e avrei avuto parecchia scelta) è quella di dipingere un momento di ispirazione musicale assolutamente singolare e palesare la scintilla dell’ascesa di una band discussa e amata, nonché a volte volubile, in termini musicali, dei nostri giorni. Il modo migliore di farlo è certamente parlare di uno dei loro lavori più riusciti (per il sottoscritto, il migliore), da moltissimi riconosciuto come una delle uscite più interessanti in un black metal, nel terzo millennio, diviso tra intransigenza underground e innovazione disparata, fino alla parziale o totale perdita dell’idea al principio.

Oscurità.

Già la copertina, una rielaborazione di The Silence in Heaven di Julius Schnorr Carolsfeld, con l’inversione della trinità e l’occhio di Satana sopra all’angelo del destino, è un capolavoro grafico che introduce con mistero una band che non si è mai fatta mancare il fascino scenico. Il riff iniziale di Devil’s Blood, la sua melodia luminosa sull’incipit di una discesa oscura, aprono l’incedere magico dell’architettura chitarristica di Pelle Forsberg, d’una capacità evocativa pressoché orchestrale che riecheggia in un amalgama musicale assolutamente scevro di additivi strumentali alieni da quelli tipici del black metal nudo e crudo. Lo stesso basso, atipicamente alto nel mixing, conferisce una maggiore rotondità all’incedere, senza però eccedere e senza dunque smussare le asperità così affascinanti. Lo scream di Erik Danielsson è un’eredità dei putativi predecessori Dissection, dai quali riprendono anche il gusto per le melodie in tremolo e la solennità delle linee vocali. La propensione orrida per gli accostamenti armonici sinistri è figlia dei Mayhem di De Mysteriis Dom Sathanas, ma è anche accostabile, nell’avanzare spesso diviso tra la velocità del blast e i tempi più cadenzati e ossessivi, anche ai connazionali Marduk e ai loro magistrali Those of the Unlight e Opus Nocturne. Le chitarre sembrano scivolare tra un accordo e l’altro secondo un piano musicale oscuro, e Black Salvation ne è manifesto. Arrivando a Opus Dei (The Morbid Angel) si nota come siano innumerevoli, in questo album, così come costantemente nella discografia dei Watain, le incursioni doom metal, che rallentano il pace altresì sempre serrato, lasciando che l’atmosfera cupa e soffocante parli da sé. Notevoli sono anche i testi di Casus Luciferi, che pur ripercorrendo tematiche comuni nel genere, lo fanno con una compartecipazione emotiva e spirituale permeante (sebbene possa anche solo fermarsi al contesto musicale, oppure no) oltre a un innato gusto poetico per il macabro.

Da notare è sicuramente anche la compresenza di elementi più prettamente old school, da ricollegare ad un pedigree di influenze musicali certamente stupefacente, che va dalla spartana oscurità dei Darkthrone in I Am Earth fino all’incedere stregato di batteria e chitarre che si intrecciano in The Golden Horns of Darash secondo un plotter che rimanda ai Necrophobic e alle loro situazioni melodiche singolari. Ciò dimostra tangibilmente che nonostante l’aspetto rinfrescato e il gusto della novità, i Watain rappresentano una solida e originale reinterpretazione dei canoni del black metal svedese così come praticato dalle leggende che calcarono la terra scandinava un decennio prima di questa uscita discografica, dai Lord Belial ai Sacramentum, oltre alle vere e proprie icone già nominate fin ora. Così si possono udire rimandi ai malsani riff di David "Blackmoon" Parland e i suoi primi Dark Funeral nelle linee melodiche della negromantica e furiosa From the Pulpits of Abomination, uno dei pezzi più serrati dell’album, condotto con maestria da Håkan Jonsson dietro alle pelli fin dall’intro vagamente black/speed alla Bathory. Anche la longevità comunque non trascurabile è ottimamente gestita attraverso l’abilità dei nostri di condurre la propria creazione musicale lungo un incedere in continua evoluzione, dove la tradizionale struttura del pezzo è obsoleta e obliata, ma dove non si soffre tantomeno una ripetizione indigesta dello stesso materiale, sufficientemente vario ad alimentare i cinquanta minuti del disco.

La conclusiva Casus Luciferi (The Fall of Lucifer) si apre con il suono di una tempesta e delle campane, nonché una prima apertura atmosferica ed epicheggiante. L’incedere è insistente e morboso, scandito da una batteria incalzante e dai giri opprimenti e torvi di basso e chitarra, sui quali si stende una vera e propria dichiarazione spirituale, che concilia splendidamente gli aspetti musicali e tematici del disco.

Behold the black cloud of corpse-like birds! Their wings are on fire! And their song has turned backwards… A morbid cacophony singing of a new dawn…



VOTO RECENSORE
85
VOTO LETTORI
90 su 12 voti [ VOTA]
Spirit Of The Forest
Mercoledì 21 Febbraio 2024, 20.46.41
21
Riascoltato di recente. Nonostante le propensioni old school per cui si fà apprezzare in diversi punti,è un disco già troppo pulito ed evoluto per accontentare tutti, con interessanti rallentamenti in territori quasi doom, inficiati da aperture melodiche più volte forzate che finiscono per spezzare in modo sgradevole l\'aurea cupa mai completamente protagonista.La voglia di strafare a volte mal consiglia.
LexLutor
Martedì 23 Maggio 2017, 16.28.26
20
Sto riscoprendo questa band in queste ultime due settimane... il tempo alle volte riserva belle sorprese...
LexLutor
Lunedì 23 Gennaio 2017, 16.02.57
19
Diverse influenze norvegesi e svedesi per un buon album di BM. Invero non ci sarebbe altro da dire. E così è.
Salome
Domenica 28 Settembre 2014, 4.15.22
18
E' un album a mio parere particolarmente evocativo e solenne, sicuramente fra i miei preferiti di sempre, non mi stanco mai di riascoltarlo e apprezzo molto anche i loro altri dischi. Concordo anche con l'elogio alla cover artwork, fra l'altro l'autore è Timo Ketola che si dimostra sempre un eccellente illustratore.
NecroticAceGamer
Martedì 23 Settembre 2014, 22.56.19
17
@Kroky non lo riterrei una cosa negativa perché può darsi che si preferisca qualcos'altro.Però non sono d'accordo il fatto della verità assoluta concepita in realtà come qualcosa di fondamentalmente soggettiva.Si può essere tranquillamente obbiettivi.Forse è una cosa difficile ma io a mio modesto parere credo di riuscirci anche perché io vorrei aspirare a diventare un Deathster di rilievo in futuro quindi penso che una cosa più importante.
kroky78
Martedì 23 Settembre 2014, 22.41.49
16
E fuor di dubbio che in ambito musicale conta solo, o quasi, la sensibilità individuale. La verità assoluta non esiste. D' altra parte, se uno ha dimestichezza col black metal, si ritiene fan del genere, ne conosce un minimo la storia e l' evoluzione e non percepisce la portata delle maledizioni scagliate da Casus Luciferi, qualcosa non torna...
NecroticAceGamer
Martedì 23 Settembre 2014, 22.16.01
15
Dipende da come lo approcci Gailee.Rima ne però Gran disco anche se hanno fatto di meglio.
Galilee
Martedì 23 Settembre 2014, 22.03.38
14
Questo disco sarebbe feroce e cattivo? Mah.... Ovviamente ognuno ha la propria sensibilità.
kroky78
Martedì 23 Settembre 2014, 21.50.47
13
Sicuramente l' apice compositivo dei Watain: feroce e malefico come raramente si sente. La mia personale visione vede in Casus Luciferi il terzo pilastro fondamentale su cui si regge quel sottogenere black metal noto come Religious, Orthodox o Occult che dir si voglia; insieme a Draco Sit Mihi Dux degli Ondskapt e Monumentum... dei DeathSpell Omega nell' ordine. Rispetto all' evoluzione schizofrenica ed avanguardista dei francesi ed al conservazionismo degli Ondskapt, sempre su ottimi livelli, i Watain hanno avuto un' evoluzione decisamente più scontata e meno interessante.
Theo
Martedì 23 Settembre 2014, 1.40.40
12
Nargaroth bistrattati... Giustamente direi, ahahah... Un gruppo che ha fatto successo più sull'extra musica che sulle sue opere. Parlando invece dei Watain e di "Casus Luciferi" (non che invece i Watain siano stati chissà quali campioni a mio modo di vedere -concordo con chi qui sotto li ha descritti come troppo derivativi in molti frangenti-) si tratta comunque di un gran bel disco, per me non oltre l'80 (i motivi sono descritti fondamentalmente sopra), non un capolavoro ma probabilmente il migliore del combo svedese (mi piace anche un pochino più del primo). Da qui in poi non hanno più prodotto dischi a questo livello per me.
spiderman
Domenica 21 Settembre 2014, 22.34.59
11
Preferisco Rabid Death's Curse a questo, mi ha sempro coinvolto e preso di piu', comunque anche questo anche se non un capolavoro e' proprio un bel disco, ricco di emotivita' ed evocativita'.Bello.
Punto Omega
Domenica 21 Settembre 2014, 13.17.43
10
Infatti, i due gruppi interpretano il black metal in maniera totalmente diversa, quindi la "gara" non ha senso.
Sambalzalzal
Domenica 21 Settembre 2014, 13.00.12
9
Ma poi sono due gruppi differenti, non capisco ste "gare". Si tratta di gusti personali, le verità assolute non ce le ha nessuno, questo è certo
Punto Omega
Domenica 21 Settembre 2014, 12.40.05
8
@NecroticAceGamer: ma cosa cavolo ha a che vedere Kanwulf con i Watain. Poi, parliamoci in tutta sincerità: I Nargaroth bistrattati? Ma se sono fra le realtà bm più conosciute sul pianeta! Anzi, a dirla tutta, sono più conosciuti per le sparate del cane lupo che per motivi artistici. Nessuno nega che Kanwulf abbia scritto degli album fantastici (come anche ciofeche clamorose), ma dire che è bistrattato, francamente non rispecchia la realtà.
Sambalzalzal
Domenica 21 Settembre 2014, 12.10.01
7
Ma come no, specialmente RAPID poi fu spettacolare
luca
Domenica 21 Settembre 2014, 11.52.05
6
Gruppo non fondamentale ma autore di due ottimi album, Rapid e questo... poi persi in album mediocri, patinati solo per far soldi
NecroticAceGamer(ex Abbadon 87)
Domenica 21 Settembre 2014, 5.05.38
5
Io onestamente preferisco i Nargaroth.Ditemi quello che volete però mi sembra ingiustamente odiata: ha prodotto album di qualità elevatissima ed è ingiustamente bistrattata.Vebbe Kawful se ne farà una ragione.�co com
Punto Omega
Domenica 21 Settembre 2014, 2.23.21
4
Il loro Zenith compositivo, in seguito non toccheranno mai piú le vette raggiunte con questo lavoro. All'epoca fu esaltato dall'underground che permise a loro di ergersi ad una delle realtà piú interessanti della scena bm mondiale e, se oggi godono di un buon successo, lo devono proprio a Casus Luciferi che li ha consacrati (oltre che al successivo tour con i Dissection che ha garantito loro una visibilità notevole). Pietra miliare.
Ad astra
Sabato 20 Settembre 2014, 13.28.09
3
quando lo ascoltai all'epoca rimasi sorpreso, arrivavo da rabid death curse e me li ritrovo di tutt'altro stampo, più evocativi, meno raw.... quest'album è decisamente la porta d'ingresso allo status che oggi , nel be o nel male si sono guadagnati. non il mio prefertio della loro discografia ma un ottimo album. ottima scelta nik!
NecroticAceGamer(ex Abbadon 87)
Sabato 20 Settembre 2014, 11.49.38
2
Non male ma hanno fatto decisamente di meglio.
Galilee
Sabato 20 Settembre 2014, 11.38.50
1
Un disco che mi ha lasciato poco. Non brutto ma troppo derivativo per i miei gusti. 70/100
INFORMAZIONI
2003
Drakkar
Black
Tracklist
1. Devil's Blood
2. Black Salvation
3. Opus Dei (The Morbid Angel)
4. Puzzles Ov Flesh
5. I Am the Earth
6. The Golden Horns of Darash
7. From the Pulpits of Abomination
8. Casus Luciferi (The Fall of Lucifer)
Line Up
Erik Daniellson (Voce, Basso)
Pelle Forsberg (Chitarra)
Håkan Jonsson (Batteria)
 
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