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Weather Report - Weather Report
( 3386 letture )
Tracciare la storia dei Weather Report è come seguire uno degli elementi imprescindibili e primordiali che partecipano alla nascita di qualcosa di maestoso in tutte le sue varie tappe. Non ci dilungheremo in questa sede ad esplorare nella sua interezza la parabola del Bollettino Meteorologico, sarà però d’obbligo curiosare nel lontano passato e diventare testimoni della nascita del gruppo per cercare di capire meglio la gestazione del suo primo ed omonimo album. Tutto ebbe inizio nel 1959, quando Joe Zawinul e Wayne Shorter entrarono a far parte della Manyard Ferguson’s Big Band e strinsero così un profondo rapporto di amicizia, anche se, dopo aver intrapreso altre esperienze professionali che li consacrarono nell’olimpo del jazz, fu solo dieci anni dopo, durante le sessions di In a Silent Way e Bitches Brew dell’immenso Miles Davis, che i due decisero di formare una band per conto proprio. Nella mente di Zawinul e Shorter aveva trovato spazio l’idea di portare avanti lo stile espresso nei due appena citati dischi di Davis, e per questo venne reclutato un altro session man del trombettista dell’Illinois, ovvero Miroslav Vitouš. Formato il nucleo centrale, adesso la band aveva bisogno di un batterista. Venne scelto il talentuoso Alphonse Mouzon e subito dopo il gruppo iniziò le registrazioni del primo full lenght, impegnandosi contemporaneamente nella ricerca di un percussionista. I primi due candidati furono Don Alias e la percussionista sinfonica Barbara Burton, ma ben presto il primo decise di abbandonare il progetto, esasperato dal piglio autoritario e dittatoriale dimostrato da Zewinul, così venne accolto in pianta stabile un ulteriore “alunno” della scuola Davis, cioè Airto Moreira. Il gruppo aveva finalmente trovato la stabilità, e la cosa che colpisce è che la ricerca di ispirazioni musicali eterogenee si manifesta anche nella diversità etnica dei Weather Report: un austriaco, due statunitensi, un ceco ed un brasiliano. L’album omonimo, che uscì a maggio del ’71, provocò un notevole scossone al mondo del jazz, e anche se in futuro la band avrebbe preferito sonorità più aggressive ed elettriche, il più soft ed atmosferico (!) primo lavoro in studio venne addirittura insignito del titolo di “miglior disco dell’anno” dalla rivista musicale Down Beat.

Affrontando anche solo una volta la tracklist di Weather Report, ci si accorge subito di trovarsi in un mondo etereo ed onirico, ispirato non solo dalla tenerezza e dall’intelligibilità della musica, ma anche dalla libertà compositiva che si concedono i cinque virtuosi dello strumento. Durante tutti i quasi quaranta minuti di durata dell’LP, in effetti, si percepisce l’intenzione degli artisti di rompere i ponti con il passato, abbandonando temi e riprese, strofe e ritornelli, prediligendo un approccio più “progressivo”. Non mancano episodi ricchi di groove, ma diciamo che siamo ancora lontani dagli excursus funky che caratterizzeranno le produzioni successive della band. Le atmosfere delicate e sognanti sono il punto focale di questa release, mentre gli unici momenti in contrasto con questa tendenza sono Umbrellas, Seventh Arrow ed Eurydice, in cui Vitouš si scatena con un walking bass da manuale di boogie-woogie. L’opener Milky Way è invece l’emblema di ciò che volevano proporre al pubblico i Weather Report: questo brano è indecifrabile, è uno sguardo incantato alle profondità siderali, è un discorso fluido che non ammette ripetizioni di sorta. Il secondo lato dell’LP, ad eccezione della già citata Eurydice, è di nuovo un perfetto esempio di sperimentazione musicale d’avanguardia, farcita con morbide improvvisazioni, in cui ogni strumento di destreggia tra messe di voce, ghost notes ed emiolie, e da passeggiate atonali per il pentagramma. Tutti i musicisti sono protagonisti del proprio ambito e del proprio spazio sonoro: Zawinul è il maestro delle atmosfere e delle armonie imprevedibili, Shorter il cantore delle sensazioni di smarrimento, il basso distorto di Vitouš è un cingolato incalzante in alcuni punti, mentre in altri la voce dei suoi armonici sembra venire dal coro dei serafini, Mouzon è caos ordinato e le percussioni di Moreira sottolineano magistralmente le parole dei colleghi. Forse il pezzo che meglio rappresenta l’arte compositiva ed esecutiva dei primi WR è Orange Lady. Questa traccia è la più lunga del platter e chiude il lato A. È difficile credere che in quasi nove minuti si riesca ad essere tanto soavi esprimendosi col vocabolario della dodecafonia. La cosa interessante, inoltre, è che questo brano proviene direttamente dalle sessions di Miles Davis, quasi a ricordare il fatto che tutto iniziò alla corte del re dei pistoni d’ottone.

Subito dopo il tour di promozione al disco, Mouzon lascia la band a causa di incompatibilità con il resto della squadra, e mentre viene accolto Eric Gravatt, il gruppo pubblica I Sing the Body Electric, con cui i WR abbandonano lidi di acqua calma per affrontare oceani in tempesta. Ormai, però, il solco lasciato dal primo lavoro in studio è già il primo tassello di una discografia che, come quelle di qualunque artista, attraversa alti e bassi, ma che è anche stata in grado di offrire al mondo capolavori di inestimabile valore.



VOTO RECENSORE
84
VOTO LETTORI
76.33 su 3 voti [ VOTA]
VecchioThrasher
Domenica 8 Novembre 2015, 12.30.51
3
Manca heavy weather!
Le Marquis de Fremont
Martedì 30 Settembre 2014, 12.37.19
2
Un disco che avevo ascoltato "di ritorno", avendo sentito prima I Sing the Body Electric. Disco bellissimo che come ha già citato qualcuno prima di me, ha bisogno di essere assimilato. Qui però, contrariamente a certi dischi metal, l'assimilazione è un processo piacevole, un classico dell'ascolto jazz, soprattutto se contaminato da varie influenze, come in questo caso. Non il mio preferito dei Weather Report ma siamo sempre a livelli veramente altissimi. Au revoir.
toni
Lunedì 29 Settembre 2014, 12.06.16
1
Capolavoro assoluto della musica contemporanea. Notevoli le composizioni di shorter a metà tra il jazz e l'avant-garde. Un album molto complesso da ascoltare, bisogna abbandonarsi e lasciarsi trasportare dalle note per apprezzarlo appieno.
INFORMAZIONI
1971
Columbia Records
Fusion
Tracklist
1. Milky Way
2. Umbrellas
3. Seventh Arrow
4. Orange Lady
5. Morning Lake
6. Waterfall
7. Tears
8. Eurydice
Line Up
Joe Zawinul (Pianoforte)
Wayne Shorter (Sassofon)
Miroslav Vitouš (Basso)
Alphonse Mouzon (Batteria, Cori)
Airto Moreira (Percussioni)

Musicisti Ospiti:

Don Alias (Percussioni)
Barbara Burton (Percussioni)
 
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