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The Black Dahlia Murder - Unhallowed
( 3818 letture )
Quando fu ritrovata, Elizabeth Short, la Dalia Nera, giaceva sulla schiena, come se fosse stata messa lì a rappresentare una macabra posa di seduzione. Era nuda, le gambe oscenamente aperte, le braccia sollevate. Era piena di ferite e abrasioni, un taglio netto sulla bocca le deformava le labbra in un finto sorriso, un largo sorriso di sangue andava da un orecchio all'altro. C'erano dei segni di corda sui polsi, sul collo, sulle caviglie. Era stata uccisa lontano da Leimert Park, era stata tagliata in due con millimetrica precisione sopra la vita. Era stata uccisa dalle emorragie provocate da numerose ferite alla testa. Le lacerazioni al volto erano tante, anche se non suscitavano il medesimo orrore del taglio all'altezza della vita. Un taglio netto, preciso, spaventoso ma non l'unico segno di un terribile e sadico accanimento. La ragazza, infatti, era stata sodomizzata e seviziata. Nel suo stomaco erano state ritrovate delle feci umane.
Il gruppo death metal statunitense, The Black Dahlia Murder, prende il nome proprio da questo episodio irrisolto di cronaca nera. Mischiando un delicato gusto per l'orrido e il macabro a ritmiche e melodie proprie dei primi At the Gates, il quintetto americano, al suo esordio nel lontano 2003, partorisce una piccola gemma capace di dare nuovo vigore a un genere che, in quegli anni, maturava un lento e terrificante decadimento.

La prima traccia, Unhallowed, è un'intro strumentale intimamente legata alla seguente Funeral Thirst. Il brano si dipana lungo un inquietante monologo tratto dal saggio "Butchering the Human Carcass for Human Consumption" di Bob Arson, membro della Chiesa dell'Eutanasia, un'organizzazione politica controversa che basa i suoi comandamenti su quattro principali pilastri: il suicidio, l'aborto, il cannibalismo dei morti e la sodomia in quanto atto sessuale che non verte la riproduzione. Durante il monologo, possiamo udire, oltre a dissonanti suoni distanti che, man mano, si fanno ora più presenti, ora più lontani, dopo una breve marcia, lo schiudersi di una melodia ordita dalle chitarre di Eschblack e Kempainen, armonizzate per terze, e l'irrompere di un possente riff che va a sfociare stupendamente, appunto, nella traccia seguente. La voce di Strnad, sdoppiata in un acido scream e in un gutturale growl, è sorretta in un primo momento da ritmiche arpeggiate e, ovviamente, armonizzate delle due chitarre, mentre il basso di Lock e la batteria di Grady danno robustezza al palm-muting. Alla compostezza melodica della strofa segue la sfuriata del bridge e, leggermente, rallentata, la dicotomia armonica si rafforza nel chorus, dove con terzine, si va ora a tessere e ora ad assalire, creando un affresco d'inquietante completezza. La sezione solistica è scevra da particolari tecnicismi, strizza maggiormente l'occhio alla melodia cercando di non evadere il continuum della canzone. Dopo un breve interludio, l'ascoltatore è preso e trascinato nuovamente nell'incantevole mutevolezza del bridge e del ritornello, prima che la canzone svanisca. Dopo due accordi di quinta l'ascoltatore è travolto dalla disarmante bellezza di Elder Misanthropy, uno dei pezzi più riusciti del gruppo americano e il capolavoro del disco. La voce di Strnad si poggia un pedale melodico in cui, in terza battuta, le note vanno a coprire il ruolo di fondamentale suscitando una sensazione di claustrofobica chiusura. La voce, al contrario, tesse l'ordito di una dicotomica e deviata personalità maligna, un'entità ultraterrena d'odio e perversione. Emerge, dalle ombre armoniche delle chitarre e delle liriche, una divinità che ricorda da vicino il crudele pantheon di Lovecraft, uno dei Grandi Antichi, un'entità nutrita di saggezza e conoscenza infinite in perpetuo esilio.

Wisdom infinite held tightly in my grasp:
My sword one thousand battle strong;
Ageless I remain, beyond the reach of death,
Indebted by my soul.


La ritmica si fa, ora, stoppata e, nuovamente, violenta; la voce diviene acida sul riff in sedicesimi che le chitarre ordiscono armonizzandosi per terze, profonda e gutturale sullo stoppato. L'arpeggio che ha aperto il pezzo si semplifica in una melodica progressione che poggia sulla fondamentale, spostandosi poi sulla seconda e la terza, chiudendosi con la sesta, prima di sbocciare nuovamente nella melodia principale. Strnad tratteggia con perizia la personalità disforica dell'eterna e maligna identità.

I have witnessed the birthing of your faith,
The tribulations, the driving of the stake.
So slowly this immortal coil unwinds
Until the end – the end of fucking time.

Blood of the ancient one is burning through my veins,
The blood of gods man's never known.
I am the one who cannot die, I am the killer for all time,
Seeds of infinite hate I've sown.

I walk the earth enshrouded in its darkness;
Eclipsing, I claim the flesh of man.
Ageless I remain, with vengeance on my breath,
Revolted by the meek.


È la melodia a governare il chorus. Su di un pedale mutevole, va a liberarsi la melodia principale ribadita con forza da entrambe le chitarre. La scelta armonica si dimostra risolutiva e aperta, lo schiudersi dell'intimo e tremendo sussulto dell'Antico, un ultraterreno urlo e il desiderio disperato e possente di porre fine alla propria dannazione.

See the creation of this world,
See it all reduced to ash.
In the blink of a sunken eye,
I see one hundred winters pass.
My blessing, my curse:
Perpetually I'm damned to earth,
Of a soul I am bereft,
Forever dying to be dead.


Non ci sono sezioni soliste, la canzone con la stessa velocità che la alimenta, si spegne, lasciando l'ascoltatore attonito e stordito dopo due minuti e mezzo di pura poesia. L'introduzione della traccia successiva, Contagion, rallenta e acquieta l'animo. La melodia principale è tratteggiata da semplici accordi, lenti e ben sostenuti, tesi a ricreare un'atmosfera d'inquietudine e sottile paura. All'orrore che striscia lento negli angoli della nostra buia stanza, si sostituisce l'informe e crudele mostruosità dell'apparizione. Le chitarre assalgono l'ascoltatore con violenza e precisione. Il pattern ritmico ricorda molto gli At the Gates e il pezzo si dipana in tutta la sua lunghezza più o meno sempre simile a se stesso, compiendo un mezzo passo indietro rispetto ai pezzi precedenti. Sulla stessa lunghezza d'onda è anche la successiva When the Last Grave Has Emptied, mentre Thy Horror Cosmic riporta l'ascoltatore ai fasti dei primi pezzi. Il pezzo non è caratterizzato dalle sfuriate e dalla velocità che, fino a questo momento, aveva contraddistinto i pezzi del quintetto americano. Le chitarre rallentano, imbastiscono la melodia in tremolo supportate dal basso di Lock che, stavolta, anziché limitarsi a creare il muro, ricalca la melodia aggiungendovi gravità e potenza. Dunque, la linea melodica si dipana e si espande, con l'ottima prova ancora di Strnad alla voce. L'attenzione per l'armonia risulta, in questo pezzo, in un elaborato e complesso lavoro di cesello. I riff mutano ed evolvono continuamente, perdendosi, mischiandosi e riesumando se stessi, ma sempre preziosi e stupendamente tratteggiati, avvolgendo e avviluppando in trame cosmiche sottili e malvage l'ascoltatore, riportandolo ai fasti di Elder Misanthropy, finché, quasi improvvisa, non giunge la conclusione e la seguente The Blackest Incarnation. La canzone riporta in primo piano la velocità e l'aggressività, contraddistinguendosi per lo stupendo spaccato centrale, in cui si viene a creare un'impalcatura melodica vicina agli In Flames di Clayman, con una chitarra sullo sfondo a tratteggiare una linea armonica per ottave mentre le ritmiche danno granitica forza al pezzo, creando un'atmosfera eterea e di flebile inquietudine, sulla quale si arrampica con dovizia la linea vocale, interprete di terribili visioni apocalittiche.

For countless winter nights I have dreamt of such a day:
I'd watch the humans crawl 'neath a swirling den of pain.
The plight of all creation, the fall of their existence,
Extinction; the will of humanity forsaken by my hand.
O weep! the angels shall be destroyed; as claws remove their wings,
Jaws sodden in the purest blood – in the purest fucking blood I bathe!
This blackened hand shall reap, shall reap insurmountable,
Undying, cleaving the sickly hearts of mortals true; Earth falls as Heaven shall,
Crumbing as God has taken knee and felt his creation's pain – the human fucking pain!


Si apre, dunque, un piccolo spezzone di gusto neoclassico con la ritmica a sottolinearne le parti conclusive, prima di evolversi in una scala discendente. La canzone si avvia ora verso la sua conclusione con un riff impreziosito da nuove armonizzazioni e da armonici. Hymn of the Wretched non si discosta molto da quanto udito finora, risultando un pezzo di ottima fattura, con un'interessante sezione solista centrale, che scivola via tranquillamente. Particolarmente riuscita è la chiusa. La seguente Closed Casket Requiem è l'altro capolavoro del disco. Assalito l'ascoltatore fin dalla prima battuta, i The Black Dahlia Murder esplorano ancora le soluzioni armoniche alternate del pedale e della velocità, dando spazio ora alla melodia pura, ora alla brutalità. Lo spaccato centrale è una sfuriata di nera oscurità, che riporta alla mente le caotiche melodie dei Dissection, consegnando all'ascoltatore il pezzo più complesso dell'intera release. Il testo, inoltre, è perfetto specchio del delicato gusto del macabro e del lavoro di cesellamento vocale che caratterizza il gruppo. La disturbata personalità dell'assassino è tratteggiata con rara maestria, creando un unico contrasto tra le sue azioni e i suoi pensieri.

Dear diary,
Tonight will be our last; my hands are itching for razors.
My angel, this knife shall carve thee wings.
Consumed by sickness, I ache to see your blood;
The hour approaches when I shall lay a nest inside of you.

Sliced open I lay waste to my desires,
Sweet entrails are scooped onto the tile.

And in my dreams, I hold your head beneath the waves;
After you've died, I kiss the nape of your porcelain neck.
You enter me in death's perpetual embrace,
Skin tightens in the throes of lust.
And in my dreams, I cut your mouth from ear to ear,
Dissecting your angelic body in the quiet of your room.
How splendidly I carve into your tender heart
Shuddering between the sheets!

For weeks I've watched you, perched above your sleeping form;
As I caress your perfection, my angel, I'll tear your insides out.
My mind is flooding, the marrow of your bones,
I cannot subside 'till I have suckled every inch of you.

Your features now glazed in your own blood,
My fingers find home amongst your gust.

Whisper your name as you awaken,
Your throat gasps, your skin recoils;
We shall be intertwined, entangled in our love,
Murder beckons as time stops with your voice.

"I'll love you forever"… and forever it shall be!
The knives begin singing, they're weeping for your flesh.
The pinnacle of obsession is clawing at the fibers of my mind,
The rampant state of elation is heightened by the paleness of your cries.
With a promise of absolution, my thoughts are tangled in my creations,
With a promise of unequaled pleasure, reason is twisting;
The knives are crooning for this perfect end.

For weeks I've watched you, perched above your sleeping form;
As I caress your perfection, my angel, I'll tear your insides out.
My mind is flooding, the marrow of your bones,
I cannot subside 'till I have suckled every inch of you.

I feel the fibers stretch and tear,
Unbridled climax is achieved.
I've waited so long for this moment:
The euphoric act of suicide!


Il disco è chiuso dalla buona Apex, il pezzo più lungo dell'intero full-length. Il pezzo si fa ascoltare, e circolarmente, citando nuovamente il saggio di Bob Arson, chiude questo Unhallowed senza nulla aggiungere né, del resto, togliere, alla bontà generale del disco.
Al debutto, infatti, i The Black Dahlia Murder consegnano all'ascoltatore una piccola gemma, un prezioso tesoro d'inestimabile valore e bellezza, ritratto dal gusto macabro e interessante, capace di suscitare nell'ascoltatore le più diverse e contrastanti emozioni primeve.



VOTO RECENSORE
85
VOTO LETTORI
73.28 su 7 voti [ VOTA]
Steelminded
Martedì 23 Febbraio 2016, 21.16.00
4
Esagerato cavolo. Il peggiore dell loro discografia secondo me. Molto inferiore ai loro migliori lavori che qui prendono 60-70.
Vittorio
Lunedì 13 Ottobre 2014, 9.53.20
3
@Francisarbiter di niente e buon lavoro
Francisarbiter
Lunedì 13 Ottobre 2014, 0.53.02
2
@Vittorio: Ti ringrazio per i complimenti e soprattutto per la critica ! Vedrò, fin dalla prossima recensione, di limitare queste digressioni! Ancora, ti ringrazio per i complimenti
Vittorio
Domenica 12 Ottobre 2014, 22.05.11
1
Disco eccellente per questo grande gruppo. Al diavolo gli haters. Anche la recensione è molto buona, anche se mi permetto una critica: è un sito di appassionati di musica, non necessariamente di musicisti; frasi come "riff in sedicesimi che le chitarre ordiscono armonizzandosi per terze" o "l'arpeggio che ha aperto il pezzo si semplifica in una melodica progressione che poggia sulla fondamentale, spostandosi poi sulla seconda e la terza" o ancora "scala discendente" per molti sono puro arabo, per cui sostanzialmente inutili. Senza offesa, il resto è ottimo.
INFORMAZIONI
2003
Metal Blade Records
Melodic Death
Tracklist
1. Unhallowed
2. Funeral Thirst
3. Elder Misanthropy
4. Contagion
5. When the Last Grave Has Emptied
6. Thy Horror Cosmic
7. The Blackest Incarnation
8. Hymn for the Wretched
9. Closed Casket Requiem
10. Apex
Line Up
Trevor Strnad (Voce)
Brian Eschbach (Chitarra)
John Kempainen (Chitarra)
David Lock (Basso)
Cory Grady (Batteria)
 
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