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21/03/24
KRASUE + ANTARES + WAH ‘77
FREAKOUT CLUB, VIA EMILIO ZAGO 7C - BOLOGNA
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( 6231 letture )
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Origins è il sesto full-length dei folkster svizzeri Eluveitie, uscito due anni dopo il precedente Helvetios, anni in cui la band ha visto la sostituzione della violinista Meri Tadić con Nicole Ansperger e del chitarrista Sime Koch con Rafael Salzmann. Esattamente come Helvetios (e come tutti i lavori degli Eluveitie se si escludono i primissimi album, Origins non mancherà di dividere il pubblico tra detrattori ed estimatori: la proposta del combo svizzero, infatti, non si sposta di una virgola da quanto prodotto finora, che, per vari motivi, sembra soddisfare pienamente alcuni e stomacare altri. Il mix è sempre quello: motivetti celtici proposti da ghironda, violino, cornamusa e flauti sopra ad una base metal che si rifà al death melodico moderno tendente al metalcore.
A differenza del precedente Helvetios, Origins non è un vero e proprio concept. I temi trattati dall'album sono comunque tra loro collegati, e sono tutti basati sulla storia e sulla mitologia celtica. Uno degli argomenti principali è quello dell'oscurità: a quanto pare, per i Celti la vita aveva origine dalle tenebre, così come dalle tenebre si veniva accolti dopo la morte. L'oscurità aveva un'importanza tale che per scandire il tempo non venivano contate le giornate, bensì le notti. L'ironia della sorte è che anche la storia stessa di questo popolo emerge dall'oscurità dei tempi e dall'oscurità dei tempi viene divorata: tutt'ora non è chiara la provenienza dei Celti, così come non è possibile ricostruire con precisione la loro storia e la loro cultura, soprattutto a causa della consuetudine di quel popolo a non mettere per iscritto niente che riguardasse la religione e la mitologia. Oltre al tema dell'oscurità, trattato soprattutto in From Darkness ma spesso ripreso qua e là nei brani, un altro argomento che ritorna spesso nell'album è quello dell'antica divinità Succellos, un dio misterioso raffigurato con un martello in una mano ed una coppa nell'altra, che qui viene assimilato alla divinità senza nome da cui i Celti sostenevano di discendere. Questo tema emerge non solo in The Nameless ed in Succellos, ma anche in The Silver Sister, che tratta dell'antica tradizione secondo la quale i Celtiberi danzavano durante le notti di luna piena in onore, appunto, di un dio senza nome.
Nonostante la composizione della musica degli Eluveitie sia opera di tre persone differenti (Chrigel Glanzmann, Anna Murphy ed Ivo Henzi), il cui contributo ha un diverso peso nei vari brani, il contenuto dell'album è piuttosto compatto e coerente, tanto che non mi dilungo in un track by track perchè rischierei solo di annoiare. In sostanza, da un lato ci sono le chitarre accordate basse che eseguono riff in palm muting, dall'altro il suono acuto di violino, ghironda, arpa e fiati che eseguono melodie folk veloci e ricorrenti. Il tutto è arricchito da vari intermezzi in stile cinematografico in cui gli strumenti tacciono e compaiono voci parlate, magari su una base solenne che si sente come in lontananza. Il difetto principale del tutto è la ripetitività dei pezzi, che, assieme ad una certa prevedibilità, potrebbe portare alcuni degli ascoltatori a stancarsi in fretta. La parte metal è piuttosto simile in tutti i brani e ricorda parecchio il death melodico più moderno ed il metalcore, al netto - per fortuna - della voce pulita maschile, dato che i momenti più melodici sono invece lasciati in mano al folk e, spesso ma non sempre, alla voce femminile di Anna Murphy. La parte folk, d'altro canto, trattandosi di musica celtica è necessariamente ripetitiva, dato che la ripetizione all'infinito dello stesso motivetto fa parte dello stile, e trattandosi di uno dei generi di musica tradizionale più noti e diffusi è difficile che non dia un'impressione di "già sentito". Il pregio principale, invece, è dato dal fatto che il marchio di fabbrica Eluveitie è sempre immediatamente riconoscibile: che piacciano o meno, continuano ad essere delle mosche bianche in ambito folk metal e, salvo pochi imitatori, il loro modo di fare folk metal non viene proposto da nessun altro nel genere. Non c'è che dire, hanno creato uno stile, così come prima di loro hanno fatto gli Skyclad, i Cruachan, i Finntroll ed i Korpiklaani. A questo si aggiunge una grande cura ai dettagli nella produzione e negli arrangiamenti ed un'enorme attenzione ai testi ed alla ricerca storica, il che costituisce senza dubbio un valore aggiunto per un genere che ha come obiettivo il valorizzare ed il far conoscere le tradizioni di un popolo. Infine, il tanto criticato connubio Chrigel Glanzmann/Anna Murphy alla voce è in realtà piuttosto vincente: è vero che ricalca un cliché stra-usato, ma lo fa con personalità, soprattutto grazie alla particolarità dei timbri dei due cantanti ed alla bravura di entrambi (in particolare di Anna) nell'interpretazione.
Tra i brani che spiccano in positivo, uno è sicuramente From Darkness, che inizia con bodhran, percussioni e flauti, a cui si uniscono dapprima la ghironda e successivamente gli strumenti metal. È uno dei brani più energici e tirati del disco, e forse il più riuscito. Il violino, in particolare, è piuttosto interessante perché suona un motivetto tradizionale, ma riarrangiato da Chrigel in modo che non lo si riconosce subito, si capisce che c'è qualcosa di diverso. Anche il brano successivo, Celtos, è ben riuscito. Presenta un classico motivetto celtico reso in qualche modo medievaleggiante grazie al suono della ghironda. Il ritmo è sincopato ed incalzante, con un canto in gaelico molto folk caratterizzato dall'alternanza continua delle voci (femminile, maschile pulita e growl), che si sovrappongono appena per poi cedersi subito il passo. Da citare anche The Call Of The Mountains, uno dei singoli del disco nonchè la "Rose for Epona" di questo album (a quanto pare gli svizzeri hanno deciso che la ballatona strappalacrime con voce femminile è un sine qua non). Il brano, che ha inizio accompagnato dal rumore del vento, è piuttosto lento e dolce, con uno stile che ricorda band come i Within Temptation, nonostante gli elementi folk e la caratteristica voce di Anna Murphy rendano impossibile confonderne gli autori. La canzone è dedicata alle Alpi, protagoniste anche del video, cosa che non può non emozionare chi è cresciuto vicino a quella magnifica catena montuosa. La fine è poetica, con un coro solenne di bambini. L'altro momento in cui la voce di Anna Murphy occupa il ruolo di primo piano è Vianna, altro brano lento e dolce. Il modo di cantare durante la strofa è molto espressivo e si accompagna bene al testo struggente, che parla della morte sacrificale di una giovane ragazza. Peccato solo che il ritornello è troppo ripetitivo, tanto che finisce per stancare ben prima della conclusione della canzone, che poteva tranquillamente concludersi prima dell'ultima ripetizione. Anche The Nameless e King sono piuttosto ben riusciti, incisivi ed epici quanto basta. Inoltre è interessante il fatto che King racconti la storia di Ambigato, re leggendario del popolo celtico dei Biturigi, che, tra le altre cose, era lo zio materno di Belloveso. Quest'ultimo, oltre ad essere il fondatore mitico di Milano, è anche protagonista insieme al fratello Segoveso di Carry The Torch. Gli altri pezzi, invece, ripetono gli stilemi già proposti senza aggiungere chissà che di particolare e senza rimanere molto impressi. Ovviamente chi ama lo stile Eluveitie non sarà d'accordo con me e penserà che, dato che "lo fanno solo loro", bastano poche caratteristiche distintive per rendere uno qualsiasi dei loro brani più che interessante. Qui c'è poco da dire, oltre ad un de gustibus non disputandum est.
In sostanza, gli Eluveitie non riusciranno più a recuperare gli ascoltatori che si sono stufati di loro già dopo Slania, ma d'altro canto non penso che la band ne sentirà la mancanza, dato che Origins non mancherà di soddisfare i fan più appassionati, i quali non sono affatto pochi, a giudicare dai numeri che la band svizzera riesce ad attirare nei live. Nel complesso, Origins è un buon album, anche se probabilmente un maggior numero di brani veloci e qualche cavallo di battaglia in stile Inis Mona e Thousandfold avrebbe giovato all'impatto complessivo. In ogni caso, ne consiglio l'ascolto solo a chi ha gradito anche Helvetios, dato che lo stile rimane quello. Ai fan consiglio senza dubbio l'acquisto dell'edizione speciale "a libro", che contiene, oltre a tutti i testi, una sezione aggiuntiva nel booklet in cui viene spiegato il significato dei brani ed un DVD extra con un'intervista, i video di The Call of the Mountains e King e la registrazione di parte del live al Feuertanz 2013.
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10
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...poi dal vivo sono veramente uno spettacolo, con quegli strumenti atipici e il tipo con il flauto davvero uno spasso... P.S. Bella recensione, mi trova molto d'accordo... |
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9
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Ammetto che sono molto uguali a se stessi - questa è un po' la copia di Helvetios, ma a me piacciono sono fighi, c'hanno tiro... Un 75 lo portano a casa... |
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8
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Effettivamente non sono eccelsi e danno l'impressione di poter fare molto meglio e di essere costretti a fare questo per ragioni che possono essere interpretate nelle pressioni di Nuclear Blast o la loro scelta di essere più "easy" per un pubblico più vasto. Ivo Henzi, per esempio, è quello che ha fatto gli album di Forest of Fog, tutta un'altra cosa rispetto a qui. Potrebbero fare, alternandoli, un'album tipo questo (per la Nuclear Blast e pubblico vario) e un'album tipo Slania (per far vedere cosa sanno fare). Un gruppo "imperfetto", se mi permettete la definizione... Au revoir. |
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7
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È inutile nascondercelo o cercare di evitare di dirlo: gli Eluveitie ormai "si sono venduti". O, se vogliamo usare un'espressione meno assoluta, possiamo dire che sono molto più commerciali di prima. Tuttavia, nonostante queste prime battute potrebbero far credere che io sia uno dei fan della prima ora intollerante verso i nuovi album, posso dire che non disprezzo così tanto quest'ultimo album e lo trovo quantomeno sufficiente. Cioè, i pezzi più pesanti e metal NON sono chiaramente all'altezza dei primi album, ma erano in declino già da "Everything Remains (As It Never Was)". Però, alla fine trovo canzoni come "Vianna" e "The Call of the Mountains" tutto sommato piacevoli, pur nella loro semplicità ed orecchiabilità. Quasi quasi preferirei che smettessero di fare i metallari brutti e cattivi - ché mi pare chiaro che non lo sono più - e che si dessero a qualcosa di più simile a ciò che ultimamente pare riuscirgli abbastanza bene. Probabilmente lo apprezzerei di più... |
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6
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Non male... un 75 ci sta a parer mio! |
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5
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Non mi è piaciuto tanto salvo 3/4 canzoni. È l'esatta copia di Helvetios perché oltre ad esserci la "A Rose For Epona" dell'album c'è anche la "Alesia" e la "The Siege", solo molto più pompate, soprattutto per le chitarre. Salvo qualche spunto carino e 3/4 canzoni, per il resto non merita la sufficienza per me. |
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4
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A me piacciono parecchio! |
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3
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Sì, non so come mai ogni tanto le band se ne vengano fuori con questa cosa di fare le canzoni in mille lingue diverse! Chi se le ascolta? Almeno nel caso degli Eluveitie la scelta è motivata dal fatto che si tratta delle lingue della Svizzera, ma mi sembra comunque un'operazione abbastanza inutile. |
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2
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Album bellissimo solo the call of the mountain non mi piace xke sottotono e poi che bisogno c'era di farne altre versioni in altre lingue??? |
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1
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Hanno menato il belino, i gruppi folk dell'est europa disintegrano la discografia degli eluveitie con una singola traccia la maggior parte delle volte. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Origins (Intro) 2. The Nameless 3. From Darkness 4. Celtos 5. Virunus 6. Nothing (Intermezzo) 7. The Call of the Mountains 8. Sucellos 9. Inception 10. Vianna 11. The Silver Sister 12. King 13. The Day of Strife 14. Ogmios (Intermezzo) 15. Carry the Torch 16. Eternity (Outro)
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Line Up
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Chrigel Glanzmann (voce, flauti, uillean pipes, mandola, arpa, bodhran) Anna Murphy (voce, ghironda) Ivo Henzi (chitarra) Rafael Salzmann (chitarra) Päde Kistler (flauti, cornamusa) Nicole Ansperger (violino, violoncello) Kay Brem (basso) Merlin Sutter (batteria)
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