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Saturnus - Paradise Belongs to You
( 4799 letture )
Una stalattite precipitata dalla volta del cielo di Scandinavia sul corpo della vecchia Europa. Così, con un rapido sguardo alle cartine geografiche, si può sommariamente definire visivamente la terra di Amleto e Cristiano IV, Hans Christian Andersen e Kierkegaard, passando per Lars von Trier e Tycho Brahe. Filosofia, teatro, letteratura, cinematografia, astronomia, pochi nomi bastano a identificare la natura delle lande danesi e degli spiriti inquieti che le popolano, quasi che, a dispetto di un territorio così ridotto per estensione, dilagasse un’ansia di riecheggiare gli spazi sterminati e i colori del Grande Nord. Con queste premesse, ovviamente, neanche la musica poteva rimanere estranea alle spinte verso l’inquietudine e, se è vero che il figlio forse più celebre del pentagramma danese è da considerarsi ormai adottato dalla West Coast, assiso com’è da oltre un trentennio sullo sgabello della Metallica-machine, dalle parti della Sirenetta non sono certo mancate frecce all’arco del metal d’autore.
All’inizio degli anni 90, la scena musicale di Copenaghen vede il debutto degli Assesino, death metal band condannata all’anonimato finché i suoi fondatori non decideranno di spostare il tiro dell’ispirazione verso altri lidi, scelta per cui noi umili ascoltatori saremo sempre grati agli Dei del pentagramma. Detto per inciso, erano gli anni in cui il doom europeo muoveva i primi, incerti passi, staccandosi sempre più dalle movenze della tradizione Sabbathiana e regalando le prime gemme secondo i dettami delle due nuove scuole al debutto, quella scandinava (Katatonia) e quella anglosassone (My Dying Bride, Paradise Lost). Trovati nuovi compagni di viaggio, il vocalist Thomas AG Jensen e il bassista Brian Hansen cambieranno il nome della band in Saturnus e cominceranno a percorrere il classico crinale di una gavetta fatta di demo in attesa di dare forma al primo full length, arrivato solo nel 1996 a testimonianza di un rapporto diciamo quantomeno “dilatato” col tempo che resterà peraltro tratto distintivo dell’intera carriera.

E che debutto! Bastano i primi secondi della titletrack che apre le danze per capire che Paradise Belongs To You è un album geneticamente destinato a scrivere pagine indelebili nella storia di un genere, punto fermo in funzione di archetipo per tutti quelli che si avvicineranno alle spire sinuose del doom e ne cercheranno i padri fondatori. Un avvio bucolico scandito dal cinguettio di uccelli all’alba (artificio poi ripetuto per separare tutte le tracce), pochi rintocchi di pianoforte e si viene scaraventati all’improvviso in un’atmosfera senza tempo e ancor meno riferimenti terreni, circondati da nebbie e fumi che cancellano la percezione del reale. Si replica immediatamente con la successiva Christ Goodbye, dove i Nostri si avventurano addirittura nella declinazione in chiave doom di suggestioni quasi epic e rivelano una capacità fuori dal comune nel lavorare sull’architettura dei brani, creando un gioco di continui rimandi, richiami, pause improvvise, ripartenze fumanti. Immersi in quest’onda, appaiono sotto forma di flash nella penombra tutti gli elementi della poetica dei Saturnus: la melodia come asse portante, le cavalcate telluriche smorzate prima dell’approdo al vertice della tensione, i riff che aprono squarci nella narrazione prima di riportare la calma sulla scena.
Un breve intermezzo acustico (As We Dance the Path of Fire or Solace) separa la coppia iniziale da quella Pilgrimage of Sorrow che, con la sua monoliticità e gli inserti di pianoforte a rallentare i ritmi, è il punto di contatto più evidente col parallelo percorso di Aaron Stainthorpe in terra d’Albione. Giunti al giro di boa con un breve attimo di tregua grazie alle suggestioni folk dell’eterea The Fall of Nakkiel, è però tempo di riprendere il volo calando due autentici assi come Astral Dawn e I Love Thee, in cui si celebrano le potenzialità espressive di pianoforte e chitarre in chiave doom. Come dimenticare il lavoro di “ebano & avorio” della prima, utilizzato in un ruolo solista a suscitare la risposta degli altri strumenti, per uno dei finali dagli esiti più “orchestrali” mai concepiti in territorio doom? E come restare indifferenti al lavoro della sei corde nella seconda, con quel continuo inseguirsi e sovrapporsi di riff, dove si sommano geometricamente malinconia e passaggi struggenti fino all’epilogo, in cui la melodia si spegne quasi collassando sotto il suo stesso peso? Prima che il sipario cali con un ultimo inserto acustico, c’è ancora tempo per un altro cammeo, affidato alle striature quasi funeral di The Underworld. Incastonate nel testo, tra l’altro, troviamo citazioni tratte da The Marriage of Heaven and Hell, l’opera di William Blake che pochi anni dopo sarà musa ispiratrice di una band altrettanto seminale, sia pur in tutt’altro ambito, come gli Ulver.
Detto dell’eccellente lavoro di Anders Ro Nielsen alle tastiere e di Kim Larsen alle chitarre, non ci si può sottrarre al dovere di celebrare la vera arma letale con cui i Saturnus hanno infiammato il pentagramma in quasi due decenni di (sia pur tutt’altro che prolifica) attività. Con Paradise Belongs to You, infatti, fa il suo debutto il growl “ultraterreno”, massiccio, gutturale all’ennesima potenza del vocalist Thomas AG, in questa prova declinato ancora con qualche impurità (a volte si ha la sensazione che sul cantato si depositi uno strato di sabbia a smorzarne in parte le potenzialità) ma già perfettamente in grado di trascinare la musica verso quegli abissi che conferiscono a un album i tratti del capolavoro.

Circondato da bagliori di lampi sinistri, con un cuore mai veramente identificabile, avvolto da nebbie che confinano con l’infinito, capace di regalare improvvisi quanto fugacissimi squarci di luce, Paradise Belongs to You è un album che appartiene di diritto alla storia del metal, non tanto per aver ispirato turbe di potenziali epigoni (troppo alte le vette del modello per suggerire anche solo il tentativo, di arrampicarsi), ma soprattutto perché in ogni minuto di ascolto i Saturnus hanno impresso le stimmate di un genere ed elevato un monumento alle sfumature più tormentate dell’animo umano.
Molto, molto più che imperdibile. Fondamentale



VOTO RECENSORE
92
VOTO LETTORI
96.81 su 16 voti [ VOTA]
Forest1976
Sabato 24 Dicembre 2022, 23.04.15
10
Con \"With Tragedies Adorned\" degli Yearning è il più grande e sottovalutato capolavoro gothic doom di ogni tempo. Maestoso,poetico, commovente, disperatamente struggente..\"I Love Thee\" nell\'anima. Artwork meraviglioso nel suo significato più puro e profondo.100/100.
DooM
Mercoledì 16 Dicembre 2020, 15.24.31
9
alti livelli il mio preferito dei Saturnus una band veramente eccezionale , ricordi all'epoca quando per caso li scoprii nel calderone Doom Death genere che ho sempre amato , rimasi a bocca aperta davanti questo lavoro VOTO 95/99
Giaxomo
Martedì 21 Febbraio 2017, 10.45.50
8
Uno degli album più toccanti, commoventi e carichi di "pathos" che io abbia mai ascoltato, premettendo che per motivi di tempo non ho mai ascoltato i successivi 3. Certi testi, nel loro ermetismo e nella loro bucolicità - come afferma, giustamente, Red Rainbow, nella solita, eccellente recensione - fanno veramente male da quanto profondi sono, pur essendo semplici. Assegno un (ottimo) 95. Perché non 100? Perché c'è un "lieve" calo, pur restano a livello stellari, nella seconda parte. CONSIGLIATISSIMO e classe da vendere, lavoro maestoso! A proposito di influenze: nella recensione vengono citati, ovviamente, Katatonia, My Dying Bride e PL come influenze? Sono l'unico a sentirci i primi In Flames per quanto riguarda le trame chitarristiche?
GrayOwl
Giovedì 11 Giugno 2015, 17.48.43
7
Grande, grandissimo album, di una band Immensa...
Canyon
Mercoledì 10 Dicembre 2014, 11.05.14
6
Saturnus, il mio primo incontro con il doom...Il contrasto tra l'incipit bucolico, i tocchi di pianoforte e la voce sabbiosa di Thomas non sono cosa da poco: il tutto ti prende per mano per un lento, inesorabile quanto struggente precipitare nell'humus dell'anima.... 'sentita' recensione Red Rainbow, come sempre
Armo
Lunedì 8 Dicembre 2014, 20.31.21
5
La voce di Thomas AG un’“arma letale”. Hai ragione, in ogni sua espressione …. distrugge
gamba.
Domenica 7 Dicembre 2014, 11.39.48
4
piano piano stanno arrivando tutte le loro recensioni grazie red rainbow!
enry
Sabato 6 Dicembre 2014, 15.07.15
3
Band enorme, dischi enormi, sottovalutazione enorme.
Neige93
Sabato 6 Dicembre 2014, 12.58.48
2
Non ci sono parole per esprimere la bellezza e l'intensità di questo capolavoro. Commuovente dall'inizio alla fine. Perfetto, senza mezzo errore, e di esempio per tutti quelli che sarebbero venuti dopo.
Elijah
Sabato 6 Dicembre 2014, 10.42.02
1
Semplicemente divino, voto giusto.
INFORMAZIONI
1996
Euphonious Records
Doom
Tracklist
1. Paradise Belongs to You
2. Christ Goodbye
3. As We Dance the Paths of Fire and Solace
4. Pilgrimage of Sorrow
5. The Fall of Nakkiel (Nakkiel Has Fallen)
6. Astral Dawn
7. I Love Thee
8. The Underworld
9. Lament for This Treacherous World
Line Up
Thomas AG Jensen (Voce)
Kim Larsen (Chitarra)
Anders Ro Nielsen (Tastiera)
Brian Hansen (Basso)
Jesper Saltoft (Batteria)
 
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