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Harmony - Theatre of Redemption
( 1269 letture )
È sempre difficile trattare il settore white metal. Il rischio è che sia chi scrive che chi legge si faccia fuorviare in un senso o nell’altro dalle proprie posizioni personali in merito, lasciando almeno parzialmente da parte il vero baricentro della questione, ossia la musica. Noi di Metallized abbiamo già affrontato la questione nella sua generalità in questo articolo, a suo tempo molto discusso, dimostrando come sia possibile affrontare l’argomento senza pregiudizi, cosa che faremo anche con Theatre of Redemption, ultimo lavoro degli svedesi Harmony. Fautori di un raffinato melodic power che oscilla tra momenti tendenti all’AOR ed altri assolutamente decisi, i due mastermind contano su una esperienza di quasi quindici anni collezionata attraverso varie line-up (mutata ancora la formazione: il cantante Daniel Heiman è presentato come guest, mentre bassista e tastierista sono nuovi) capitanate da Tobias Enbert e Markus Sigfridsson e due album più un EP distribuiti tra il 2003 ed il 2008, prima dell’uscita qui in esame.

Ottimamente registrato e prodotto -mixato da Henrik Udd e Fredrik Nordström, mastering a cura di Thomas “Plec” Johansson (Scar Symmetry, Watain)- il disco, a prescindere dai testi, sembra ottimamente bilanciato per interessare tutti gli appassionati dei generi compresi tra l’AOR ed il power d’impatto, con una serie di precise linee melodiche che privilegiano ora le tastiere ora le chitarre, una sezione ritmica adeguata a tutte le situazioni proposte, assoli piacevoli anche se non sempre completamente centrati ed una vocalità che si appoggia con naturalezza su tutti gli arrangiamenti. Circa questi ultimi, ad emergere è la grande professionalità con cui sono concepiti, ravvisabile ad esempio nell’inserimento di alcune ritmiche funky di sottofondo in un paio di pezzi per aggiungere ulteriore verve al tutto senza dare troppo nell’occhio. Per quanto sia possibile esserlo in questo ambito, Theatre of Redemption è un lavoro relativamente vario. Scorrendo la scaletta ci si imbatte infatti in canzoni tirate e/o marziali come The Window of My Soul e Crown of My King, una più commerciale, ma ben fatta, come Inhale, piazzata in mezzo alle due prima presentate, per proseguire con Son of the Morning, che in alcuni passaggi ricorda i Deep Purple di metà anni 80, così come l’AOR-metal di What If possiede un break che fa il verso ai Queen. Theatre of Redemption (la canzone) è un AOR-hard rock dall’ottimo arrangiamento arricchito dal suono di una viola, stessa qualità posseduta da Bloodbound, pezzo dal sapore che inizialmente ricorda vagamente qualcosa dei Talking Heads -eresia, eresia- al netto della sua metallizzazione e poi evolve in un brano vario e godibile, forse addirittura la punta di diamante di questo lavoro. Risolta con una certa perizia anche la ballad You Are, che poi cede il passo all’heavy arioso di Hands of Time, nella quale emerge lo stile malmsteeniano di Markus Sigfridsson ed alla gioia della conclusiva In Search, che ben si lega al suo testo.

Col procedere degli ascolti, come è logico che sia, le qualità possedute da Theatre of Redemption vengono sempre più fuori. Si notano infatti sfumature negli arrangiamenti che sfuggono ai primi ascolti e si apprezza meglio la prova strumentale di tutti i componenti della band. Parallelamente, però, e per le medesime ragioni, emergono anche i difetti. Questi sono ravvisabili in alcuni coretti stucchevoli da mettere in relazione alla ricerca di un’aura di sacralità tipica del background cristiano del gruppo, in alcuni passaggi degli assoli un po’ fini a sé stessi, difetto al quale avevamo già accennato in precedenza ed infine nella mancanza di spunti effettivamente originali, peraltro scontata visto il genere suonato. Dovendo però tracciare un bilancio finale, i pro sono senza dubbio più dei contro, con gli Harmony che non confezionano certo un capolavoro da consegnare agli annali, ma mettono insieme un disco di buon livello, che ingloba più o meno coscientemente elementi mutuati anche da generi extra metal, sicuramente in grado di soddisfare gli amanti del genere. A voi decidere se siete in grado di apprezzare un album scindendo la musica dai testi laddove rifiutiate queste tematiche, o se il binomio religione-metal vi risulta insopportabile a prescindere, ma questo è oggettivamente un buon album.



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
70 su 1 voti [ VOTA]
spiderman
Domenica 25 Gennaio 2015, 17.39.39
1
Concordo al 100% con la recensione, sarebbe riduttivo ridurlo a solo power, album molto ricco e variegato, e poi c' e' lui, Daniel Heiman, che non esagero affatto ad inserirlo tra le migliori timbriche mondiali, spero anche torni tra i Lost Horizon, veramente un cantante di tutto rispetto, peccsto sia poco conosciuto.
INFORMAZIONI
2014
Ulterium Records
Power
Tracklist
1. The Window of My Soul
2. Inhale
3. Crown of My King
4. Son of the Morning
5. What If
6. Theatre of Redemption
7. Bloodbound
8. You Are
9. Hands of Time
10. In Search Of
Line Up
Markus Sigfridsson (Chitarre, Cori)
Raphael Dafras (Basso)
John Svensson (Tastiere)
Tobias Enbert (Batteria)
 
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