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SLAUGHTER CLUB, VIA A.TAGLIABUE 4 - PADERNO DUGNANO (MI)

The Smashing Pumpkins - Machina / The Machines of God
( 4783 letture )
Gli Smashing Pumpkinsnon sono mai stati un gruppo di facile assimilazione; si tratta di una band complessa, dalla disparata produzione, che durante il decennio degli anni ’90 si è imposta nella scena musicale mondiale, producendo alcuni tra i migliori dischi dell’epoca, su cui ovviamente troneggia il capolavoro Mellon Collie and the Infinite Sadness. Il problema di capolavori di tale portata a volte non è indifferente, infatti se da una parte risultano essere la massima espressione di un gruppo, di un genere o addirittura di una generazione, dall’altra ingabbiano innegabilmente gli artisti, costretti a confrontarsi ancora ed ancora con la loro opera massima, in un infinito supplizio di Tantalo. Questo è, a nostro parere uno dei tanti problemi che affligge gli artisti in generale, ma in parte anche lo stesso Corgan, vero cervello della macchina chiamata Smashing Pumpkins. Oltre a questo sono più che risapute le problematiche interne che si vennero a creare sin dal tour di supporto all’album: la morte di Melvoin e la successiva cacciata di Chamberlin scossero la band alle fondamenta portando ad una buia e naturale evoluzione, ovvero Adore. Corgan cercò nuovamente di reinventare la band, creando un qualcosa di completamente diverso dal precedente capolavoro e ancora più lontano rispetto ai primi due -e più possenti- album. Il risultato sembrò essere ancora una volta vincente; il disco osa su tutta la linea e converte la band ad una linea più vicina alla new wave, con un risultato assolutamente apprezzabile e che dimostra come il gruppo voglia e sappia reinventarsi anche nei momenti peggiori. Il problema è come l’album venne ricevuto dai fan: molti lo videro come un tradimento, un cambio troppo radicale dal, seppur molto aperto alle contaminazioni, genere portante della band. Da qui ulteriori pressioni e problemi per le “zucche”; le prime da parte della casa discografica per un ritorno alle origini -un ritorno ai soldi, per meglio dire- si fanno sempre più insistenti. Così il gruppo annuncia il tanto agognato “ritorno alle chitarre”, ma quello che ci verrà proposto sarà tutt’altro. Stiamo parlando di Machina: The Machines Of God, un simil concept, a detta della band, inizialmente strutturato -nuovamente- come un doppio album. Il disinteresse della Virgin Records fece sì che l’album venisse ridotto ad un solo disco, che presentava comunque la monolitica durata di ben 70 minuti. Ed è proprio questa una delle problematiche principali.

Di tutto quello che era stato promesso si trova ben poco. Si, c’è un parziale ritorno alle chitarre come si può sentire nella opener, The Everlasting Glaze, ma si tratta solamente di sporadiche occasioni; per il resto si incontrano moltissimi arrangiamenti acustici e un connubio tra chitarre ed elettronica che non risulta riuscito in ogni occasione. L’altro grande problema è, come detto in precedenza, la lunghezza. Settanta minuti, per questo album, risultano essere davvero troppi, tanto da costringere ad un ascolto a più riprese se si vuole davvero comprendere almeno il senso delle varie canzoni. Si hanno molte belle composizioni, come la suddetta opener, o la meravigliosa Stand Inside Your Love, che a detta dello stesso Corgan sarebbe la sua prima vera canzone d’amore, la quale trasuda vera bellezza:

I will breathe for the both of us

Abbiamo brani come Try, Try, Try, accompagnata dal bellissimo video Jonas Åkerlund -che l’ha poi adattato a cortometraggio di cui consigliamo la visione- o This Time e Glass and The Ghost Children che fanno davvero sperare per un’altra buona riuscita del nuovo disco delle zucche, ma il problema è gran parte del resto, che si conclude in occasioni sprecate e riempitivi. Quest’ultimi la fanno da padrone, prendendo il sopravvento sul restante minutaggio e soprattutto sulla parte finale del disco che risulta a dir poco inutile. Gli ultimi quattro brani dell’album (Wound, The Crying Tree Of Mercury, With Every Light, Blue Skies Bring Tears ed Age Of Innocence) risultano, in questo modo, a dir poco inutili. Dei meri tentativi di riempire il disco e di esporre idee, anche buone in partenza, senza però riuscire a concludere in qualcosa di realmente completo. Inutile sottolineare l’amaro in bocca che possano lasciare se si è fan della band o anche se si ama solamente quel capolavoro del ’95. I testi di Corgan in gran parte riescono comunque a colpire, facendo trasudare sentimento e marcia solitudine, esperienze personali, amore, odio e qualsiasi emozione voglia il singer:

i've lived my life alone, my every step foretold to never linger and yet it haunts me so what are we letting go

In altri casi risultano talmente tanto introspettivi e personali da far sentire l’ascoltatore come un intruso che si aggira tra i più privati pensieri di qualcun’altro:

as I of the mourning now go pick up where my thoughts left off, cause I'm home to die on my own as my radio plays my favorite song…

Nonostante tutto, tali stralci introspettivi ci forniscono una più chiara visione del periodo che il cantate e la stessa band stavano attraversando al tempo.
Tra le occasioni sprecate spicca Heavy Metal Machine, una delle tracce più potenti del disco, con un riff che riporta alla mente i primi lavori della formazione di Chicago. Il brano è ben costruito ma sorge un altro importante quanto inaspettato problema: la produzione. Nonostante la venerabile presenza -ormai sin dai tempi di Mellon- di Flood al mixer, il disco presenta un missaggio e un mastering quasi eccessivo. Troppe le sovraincisioni che, anche se volute, finiscono per rovinare i brani, e cattiva l’uniformazione dei volumi, il cui risultato è quello di “sotterrare” più volte diversi strumenti e la stessa voce di Corgan creando un risultato troppo confusionario.

A quest’ultimo colpo seguì l’immediato abbandono di D'arcy Wretzky e il tutto segnò la già preannunciata fine della band -escludendo la reunion iniziata nel 2006 che sostanzialmente vede solamente Corgan come ideatore e realizzatore del tutto-. Il disco, in definitiva, avrebbe potuto dare molto di più se i pezzi sostanzialmente inutili fossero stati evitati e se il missaggio/mastering fosse stato migliorato. A ciò va aggiunto come, comunque, l’idea iniziale alla base del lavoro risulti già snaturata di per sé nel ridurre un lavoro doppio ad uno singolo. Proprio per ovviare in parte a ciò la band rilasciò gratuitamente Machina II/The Friends & Enemies of Modern Music. Il lavoro si rivelò alla fine come un flop e sicuramente presenta degli evidenti difetti, ma nonostante tutto, possiamo ancora trovare qualcosa dello spirito dei Pumpkins, il quale cerca disperatamente una via d’uscita, regalandoci diversi bei momenti. Un occasione in parte sprecata, che se realizzata a dovere avrebbe potuto dare molto ma che, come detto precedentemente, finisce con lasciare l’amaro in bocca.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
75.75 su 12 voti [ VOTA]
Macca
Venerdì 22 Luglio 2016, 11.14.45
7
Dopo Adore li ho un pò persi, un pò per le vicissitudini varie della band un pò perchè mi sono avvicinato ad altri generi: da qui in poi a parte i singoloni li conosco poco, e forse ho amato troppo Siamese e Mellon per apprezzarli in egual maniera in vesti più sperimentali. Ciò non toglie che Corgan sia uno dei musicisti e scrittori più dotati e talentuosi dagli anni 90 in poi, e pian piano rispolvererò anche questo ed i successivi.
Galilee
Martedì 10 Febbraio 2015, 16.45.28
6
x Tino 84. Ognuno ha la propria opinione, ma inserire Mellon Collie e siamese Dream tra i dischi che potevano essere di più mi sembra esagerato. Potrebbero stare tranquillamente entrambi una ipotetica top ten hard rock anni 90. Capolavori senza tempo che vanno oltre la perfezione.
Screamforme77
Martedì 10 Febbraio 2015, 16.22.42
5
Comprato nel periodo della sua uscita in musicassetta(c'erano gia i CD ma costavano 10000 £ di più) perché mi piacque molto Everlasting Gaze che circolava spesso in rotazione nei canali musicali. Lo ascoltavo molto spesso piu che altro per studiarlo, poi è finito in naftalina e solo questa recensione me lo ha ricordato. Ora che lo sto riascoltando ne comprendo il motivo, per carità vi sono ottimi brani e piacevoli da ascoltare, ma innesti in un brodo davvero troppo lungo quanto insipido. Dopo un ottimo inizio (fino alla 5)comincia a perdersi e tira fuori qualche sussulto. Non certo un album memorabile.
tino84
Mercoledì 4 Febbraio 2015, 10.06.31
4
concordo sulle possibilità "annacquate" di questo album. il sound chitarristico è veramente ottimo, aggressivo come poche volte nella carriera degli SP, ma concordo che poi le canzoni -troppe in scaletta poi- perdano vitalità. Io ho consumato il cd, rigorosamente da traccia 1 a traccia 5, e stand inside your love rimane per me uno degli apici compositivi di Corgan e co., assieme ai grandi classici della band. Però Machina poteva essere.. di più (come personalmente penso per gran parte -praticamente tutta- la discografia delle zucche..)
Galilee
Lunedì 2 Febbraio 2015, 17.06.34
3
In effetti potrebbe essere una soluzione. Anche una canzone come the everlasting gaze ha un riff da calssicone hard rock senza tempo e poi si perde in un ritornello pieno di sovraincisioni ridondanti.. mah...
The Spaceman
Lunedì 2 Febbraio 2015, 15.35.39
2
Esattamente. L'incipit per creare un disco davvero valido c'era ma, purtroppo, si è andato perdendo in un mare di idee mal sviluppate che hanno finito per rendere il tutto abbastanza caotico e sottotono. Una bel remastering non sarebbe assolutamente una cattiva idea secondo il mio modesto parere.
Galilee
Lunedì 2 Febbraio 2015, 15.15.21
1
Il disco non è male, ci sono un sacco di spunti buoni al suo interno, ma molte canzoni si perdono in chorus troppo complessi che tagliano i piedi alla canzone stessa, come nel caso di heavy metal machine. Peccato, un pò più di semplicità l'avrebbe trasformato in un discone. Invece è solo un disco piacevole con qualche punta di genialità.
INFORMAZIONI
2000
Virgin Records
Alternative Rock
Tracklist
1. The Everlasting Gaze
2. Raindrops + Sunshowers
3. Stand Inside Your Love
4. I of the Mourning
5. The Sacred and Profane
6. Try, Try, Try
7. Heavy Metal Machine
8. This Time
9. The Imploding Voice
10. Glass and the Ghost Children
11. Wound
12. The Crying Tree of Mercury
13. With Every Light
14. Blue Skies Bring Tears
15. Age of Innocence
Line Up
Billy Corgan (Voce)
James Iha (Chitarra)
D'arcy Wretzky (Basso)
Jimmy Chamberlin (Batteria)
 
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