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25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
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The Flower Kings - Desolation Rose
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( 3785 letture )
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La band svedese The Flower Kings, capitanata da Roine Stolt, è nata nel 1994 e prende il nome da un disco omonimo dello stesso Stolt. Questa compagine ha pubblicato fino ad ora ben dodici lavori in studio, ritagliandosi uno zoccolo duro di fan e guadagnandosi la fama che comunque è andata aumentando, compatibilmente con la popolarità dello stesso Stolt (il quale, per chi non lo sapesse, ha avuto modo di suonare nel supergruppo Transatlantic ). È palese dunque che, con una tale figura di spicco, sia comprensibile la grande attesa che si crea ad ogni uscita discografica del complesso.
Prima di tutto bisogna precisare che questo è un lavoro complesso, che necessita parecchi ascolti per essere metabolizzato e apprezzato. Sin dalla prima volta appare chiaro che ridurre drasticamente la durata dei pezzi (se escludiamo l’iniziale suite di tredici minuti Tower One, gli altri brani sono quasi tutti dal minutaggio contenuto) sia stata una mossa vincente, che non denota una mancanza di ispirazione di Stolt e compagni, bensì dimostra che si può fare del buon prog rock senza per forza dovere scrivere canzoni eccessivamente lunghe e stantie, ricercando maggiormente la forma canzone senza scadere quasi mai in scelte sonore banali e trite. Comunque sia, la brevità delle canzoni coincide con episodi spesso ostici, non facilmente inquadrabili stilisticamente. L’album inizia con Tower One che, come dicevo, con i suoi tredici minuti di durata si conferma come canzone più lunga del platter. La suite parte in sordina, in modo molto soft, per poi esplodere alternando momenti più movimentati ad altri più riflessivi, brevi intermezzi strumentali a parti cantate, per poi sfociare nel lunghissimo assolo, un vero e proprio duello tra chitarre e tastiere. Da notare sin dalle prime battute il grande lavoro di tastiere di Tomas Bodin nel creare atmosfere e tappeti sonori estremamente coinvolgenti. La canzone poi si conclude in un crescendo abbastanza pomposo e magniloquente e sfuma nella successiva Sleeping Bones . In questa canzone, invece, si possono ritrovare alcuni richiami ai Beatles più psichedelici (ma molto alla lontana), soprattutto per la qualità sognante del cantato, alternato ad un riff quasi hard rock. La canzone risulta essere molto orecchiabile e quindi svolge alla perfezione il lavoro di singolo che le è stato assegnato. La successiva Desolation Road si rivela essere una canzone molto ben suonata ed arrangiata, basata interamente su un basso pulsante sempre in evidenza e su tastiere giocose, che spaziano dai mellotron agli Hammond. Tuttavia è un brano troppo breve e nel suo momento migliore, ossia la breve fuga strumentale posta a fine brano, finisce; è un peccato, perché lascia intendere che la canzone avrebbe potuto avere interessanti sviluppi, con un minutaggio più generoso e uno sviluppo delle idee migliori. Con la seguente White Tuxedos l’album raggiunge uno dei suoi momenti migliori, grazie ad un’atmosfera minacciosa resa perfettamente da un tappeto strumentale cupo e cadenziato e da una voce effettata, che però si alterna con un ritornello epico di ampio respiro. Lo sfaso strumentale malatissimo che caratterizza la seconda metà del brano spiazza per il suo cambio di tempo improvviso e azzardato, ma incredibilmente efficace proprio per gli ossessivi e avvolgenti fraseggi di chitarra, che sfumano lentamente in coda al brano. Con Last Carnivore ci troviamo di fronte ad un brano piuttosto ostico da approcciare: a livello di sonorità la band rimane saldamente ancorata al prog più lisergico e psichedelico, ma la canzone non riesce a colpire nel segno e risulta abbastanza anonima. Lo stesso difetto è riscontrabile anche in Dark Fascist Skies , specie nel ritornello un po’ fiacco e stantio.
In conclusione, ci troviamo di fronte ad un lavoro che complessivamente offre un’ora di musica di buona qualità, tra episodi più o meno riusciti e tra luci e ombre, ma niente di più. Certo, bisogna dar merito alla compagine svedese di aver finalmente sfornato un album singolo dopo una sfilza interminabile di doppi album, cosa che senza dubbio ha giovato all’ascolto di un album che già di per sé si rivela di difficile approccio in più punti; in ogni caso da un gruppo di tali potenzialità è lecito aspettarsi qualcosa in più. Consigliato a tutti i fan e ai fedelissimi dei The Flower Kings, ma anche a chi vuole avvicinarsi al magico mondo della formazione.
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9
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Quando ascoltai per la prima volta i F.K rimasi sbalordito,quasi mi commossi per il loro splendido prog-rock di matrice settantiana.Il disco in questione era"Stardust we are"e mi apprestai,dunque, ad acquistare anche i precedenti.Feci una tale scorpacciata di questa band svedese che alla fine finì per annoiarmi.Insomma dopo molti ascolti vennero fuori,oltre ai pregi,anche i difetti.Quali? Ripetitività e prolissità,incidere album lunghissimi a cadenza annuale mise a dura prova anche il fan più sfegatato.Inoltre,come nel caso di "Desolation rose" ,la qualità delle composizioni andò diminuendo.Nessuno discute la classe e la preparazione tecnica di Stolt e c.ma hanno voluto strafare,mettendo sul mercato troppo materiale con inevitabili filler e qualche sdolcinatura di troppo. |
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8
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Band eccezionale! Unica...io li seguo da anni ormai...i miei preferiti: Retropolis Unfold The future Adam and eve The Rainmaker |
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7
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Ehhhh dal vivo mi mancano. Al sud italia, se viene Checco zalone è un evento. Solo i dream theater vengono a trovarci |
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6
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consiglio "paradox hotel","space revolver","rainmaker" ,il live "alive on planet earth" e lo splendido dvd "instant delivery".nel campo prog non sono affatto sconosciuti,diciamo che c'è stato un periodo in cui erano fin troppo prolifici,un pò di assenza gli ha fatto bene e son tornati alla grande,dal vivo poi sono una garanzia ,visti di spalla a Neal morse a trezzo,spettacolo puro e tecnica sopraffina |
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5
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Anche questo è vero, ayreon. Per chi non conosce questo gruppo, visto che c'è solo una recensione e solo per questo album, raccomando "Paradox Hotel" del 2006. Molti avranno sicuramente conosciuto i TFK grazie ai Transatlantic (come ha scritto LAMBRUSCONE) ma, a mio parare, anche se la musica rimane soggettiva, sono tra i primi 5 gruppi al mondo per genere e capacità tecniche e compositive. Ingiustamente semi-sconosciuti e ingiustamente conosciuti solo grazie al progetto parallelo di Stolt (Transatlantic appunto). Insomma, via i paraocchi e iniziamo tutti a conoscere gruppi nuovi (anche se anzianotti in questo caso) perchè, personalmente, sono stufo di ascoltare sempre gli stessi dischi, la stessa musica. Se molti dei gruppi ormai noti, ci ingannano con uscite scandalose, è principalmente colpa nostra che non vogliamo allargare la nostra conoscenza. Scusate...ho finito |
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4
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concordo,anche se in certi franngenti stolt si dilunga in brani troppo lunghi,se si mantengono entro i 10 minuti reggono alla grande,la coppia stolt-bodin nel prog non è seconda a nessuno |
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3
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Con questo gruppo si va sul sicuro. Ogni lavoro che tirano fuori è ben fatto. |
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2
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Intanto complimenti a ste. Hai inquadrato bene facendomi venire curiosità...questo manca ancora al sottoscritto... Poi lambru io li seguo...meglio dire seguivo dall'uscita di paradox hotel che ad oggi ritengo il loro manifesto. L'intro dell'album vale il prezzo d'acquisto... Provali vecchia botte! 😏 |
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1
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Gruppo che ho conosciuto -come credo molti- grazie al progetto Transatlantic, però li ho sempre ascoltati poco, questo qua lo dovrò ascoltare un po', poi dirò -se non mi scordo come al solito- ,ahahaah |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Tower One
2. Sleeping Bones
3. Desolation Road
4. White Tuxedos
5. The Resurrected Judas
6. Silent Masses
7. Last Carnivore
8. Dark Fascist Skies
9. Blood of Heaven
10. Silent Graveyards
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Line Up
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Roine Stolt (Voce, Chitarre) Hasse Froberg (Voce, Chitarre) Tomas Bodin (Tastiere) Jonas Reingold (Basso) Fleix Lehrmann (Batteria)
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RECENSIONI |
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