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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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Pavor - A Pale Debilitating Autumn
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( 2133 letture )
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To all wimps, dilettantes, children, fakes and other lowlifes out there that try to be evil and brutal: STAY HOME AND PRACTISE!!
Questa proclamazione, impressa a chiare lettere nel booklet di A Pale Debilitating Autumn, potrebbe essere interpretata come l'essenza stessa dei Pavor. Pavor? Chi sono, i Pavor? In parole povere, sono un'elite. Musicisti arroganti, se vogliamo, ma con tutte le ragioni per esserlo, perché in qualche modo i Pavor sono un emblema dell'underground del metal estremo nella sua forma più pura, incontaminata e senza alcun compromesso. Nelle loro quasi tre decadi di attività, dal 1987, le release della band sono solo tre: un EP che fu un autentico fenomeno underground e andò presto esaurito, un full length di debutto nel 1994 ed un secondo album nel 2003; poi i nostri sono sprofondati nel silenzio più totale. Totalmente disinteressati all'appartenere ad una scena, alle etichette, alla produzione ed all'attività live (se escludiamo eventi rarissimi e selezionatissimi nel corso degli anni), i Pavor aspettano nel buio, componendo senza nessuna fretta un album che non sia nulla di meno che perfetto per la loro mente maniacale. Ad oggi, i Pavor rimangono appannaggio di pochi "eletti" ed i loro album, che hanno giustamente riscosso critiche mostruosamente positive alle rispettive uscite da appassionati specializzati, sono due gemme rare nel panorama death metal, per tutte queste ragioni e per altre ancora.
A Pale Debilitating Autumn, classe 1994, è uno dei dischi technical death più viscerali che esistano. Forse non sarà completamente folle come Nespithe dei Demilich (1993), riesce però a catturare un'atmosfera malevola davvero efficace, simile per certi versi a quella degli Immolation (che ai tempi, ricordo, avevano pubblicato il solo Dawn of Possession) o dei primi Morbid Angel. Tuttavia, il punto focale della questione è il come questa atmosfera sia stata ottenuta. I Pavor impiegano un songwriting di grande impatto e forza, contando su capacità tecniche davvero mostruose ed impiegate in modo piuttosto anticonvenzionale. Se volessimo, potremmo anche definire la voce di Claudius Schwartz tutto sommato regolare (ma dovremmo tenere obbligatoriamente conto del timbro perfettamente calzante tra growl demoniaco ed urla torturate, della perizia della performance e altro ancora), ma analizzando tutto il resto le cose vanno fuori controllo. Non pensate male, qui si fa death metal tecnico. Molto tecnico, ma sempre principalmente death. Pertanto, i riff sono inequivocabilmente death metal: troviamo del tremolo picking, delle articolate architetture di accordi più o meno ricchi, bordate selvagge, velocissime e molto groove, ma il tutto è assurdamente elaborato e contorto, senza perdere un grammo di ferocia e impatto, e neanche di memorizzazione. Possibile? Sì, possibilissimo, considerando l'indubbia caratura della coppia d'asce: Armin Rave è un genio dalla mente labirintica (secondo chi scrive uno dei più grandi chitarristi di sempre in ambito death metal) in grado peraltro di concepire degli assoli pregevolissimi e sempre sul pezzo, conditi da orpelli come le pinch harmonic solo dove serve, senza mai esagerare in nulla; Holger Seebens, dal canto suo, offre una prestazione altrettanto maiuscola, fornendo un incondizionato ed utile supporto a tutto vantaggio dello spessore generale. A questo proposito, vorrei segnalare che dopo questo album Seebens fu allontanato dalla band perché non in grado di tenere il passo con le crescenti capacità tecniche degli altri membri. In questa sede dirò solo questo per farvi intuire quale sia il livello del successivo album, Furioso del 2003. Parlando della sezione ritmica, le cose diventano ancora più interessanti: Michael Pelkowsky, batterista anche dei Darkened Nocturn Slaughtercult, è un giocoliere del suo strumento, che a differenza di diversi batteristi moderni non si pavoneggia andando veloce quando non serve o sparando gravity blast in grado di viaggiare nel tempo superando le ottantotto miglia orarie; no, il nostro ha uno stile sorprendentemente sobrio che fa della concretezza dei beat e della precisione da orologio svizzero il suo cavallo di battaglia. Al di là di alcuni fill davvero sorprendenti, il musicista esibisce una tecnica concreta apprezzabile soprattutto nella varietà, nella sapienza nel maneggiare tutte le parti del kit e nella fluidità con cui si esibisce in cambi di tempo, accelerazioni e decelerazioni. Anche qui come per le chitarre, la complessità c'è ma non è esasperante, si rivela per gradi risultando godibile a più livelli di fruizione. Veniamo ora al basso: Rainer Landfermann (che potreste conoscere come cantante dei Bethlehem sul nevrotico Dictius Te Necare) è uno dei bassisti più sconvolgenti che abbia avuto modo di ascoltare in una band metal, di più non dico: ascoltare per credere. Le otto canzoni sono altrettanti capolavori, valorizzati da una produzione a cura del solo Landfermann (l'etichetta Imperator Music è sua, quindi si potrebbe quasi parlare di un autoprodotto) ma estremamente professionale, organica, pulsante di vita e cesellatissima per quanto riguarda missaggio e mastering. Si potrebbero citare l'alone gelido che permea tutta Total Warrior, i riff ipnotici e carichi di groove di Pavor, i passaggi acustici ed il finale melodico di Imperator of an Ashen Bane, o ancora la malatissima Symbols of Depravity, che presenta dei letali rallentamenti e delle voci addizionali a cura di Landfermann stesso (vi ricordate la prova di Dictius Te Necare? Avete ancora gli incubi, sì?).
Come spesso accade al recensore, per dischi di questo tipo, preferisco avervi fornito un quadro tecnico e generale, mentre le singole canzoni dovete proprio scoprirle da voi.
A Pale Debilitating Autumn è il primo capolavoro targato Pavor, ma non è l'unico. Vi consiglio di acquistarlo direttamente dal loro sito ufficiale, magari con il successore di cui si parlerà in altra sede. Non appena inserirete il disco nel lettore, un po' dell'aura della band si insinuerà in voi, avrete la sensazione di essere entrati in una sorta di ristretta cerchia e di capire un po' meglio cosa sia davvero un disco di culto per pochi "eletti".
Underground, perfezionisti, indipendenti, senza limiti né compromessi: avete capito, almeno un po', chi sono i Pavor?
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6
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...anche la G... |
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5
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Minchia che album...all'epoca mi era sfugito... |
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4
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Discone assurdo! Il successivo è ancora più folle a livello tecnico, ma entrambi sono delle vere e proprie gemme del genere. Come giustamente dici, non sono malati come i Demilich (che per me restano insuperabili, ma sono di parte, lo ammetto) ma poco ci manca... Anche perché se stiamo a vedere avevano scopi ed intenzioni diverse. Aspetto la recensione di Furioso |
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3
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Per me è davvero difficile decidere! Questo è più primitivo e ha un'atmosfera più efficace, mentre Furioso ha una maggiore complessità tecnica e strutturale. Entrambi sono due dischi di altissima classe |
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2
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Anche io ho sempre preferito Furioso, però questo è un album che deve essere ascoltato almeno una volta nella vita! |
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1
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Disco sconvolgente e difficilissimo da inquadrare, ma una volta assimilato non ti lascia più. Personalmente preferisco Furioso, ma giusto di un pelo. Parlare dei Pavor è sempre difficilissimo, ottimo lavoro Fede!! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. A Pale Debilitating Autumn 2. Total Warrior 3. Corpses 4. Careworn 5. Pavor 6. Imperator of an Ashen Bane 7. Fucked by Darkness 8. Symbols of Depravity
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Line Up
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Claudius Schwartz (Voce) Armin Rave (Chitarre) Holger Seebens (Chitarre) Rainer Landfermann (Basso, Voce) Michael Pelkowsky (Batteria)
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RECENSIONI |
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