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07/12/19
ANTIDEMON + GUESTS
CASTELLO INCANTATO - SCIACCA (AG)
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Furor Gallico - Songs From The Earth
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( 3819 letture )
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Dopo ben cinque anni di attesa esce finalmente sul mercato l'ultima fatica dei Furor Gallico, band di Milano ormai celeberrima tra gli appassionati italiani di folk metal e spesso portata ad esempio nell'affermare che anche qui in Italia qualcosa di interessante in ambito folk metal c'è, eccome. Le aspettative per questo Songs from the Earth erano altissime, vista l'alta qualità del precedente Furor Gallico, album autoprodotto e successivamente ristampato e distribuito dalla Massacre Records. In cinque anni di cambiamenti in casa Furor Gallico ce ne sono stati eccome, primo tra tutti l'abbandono da parte di Merogaisus (alias Maurizio Cardullo, ora impegnato nei Folkstone), che in Furor Gallico ricopriva il ruolo di polistrumentista e produttore. Oltre a lui escono anche il bassista Mac Brambilla ed il batterista Simone Sgarella. Maurizio e Mac vengono sostituiti da Paolo Cattaneo ai fiati ed al bouzouki e Fabio Gatto al basso. Ad occuparsi della batteria per questo Songs from the Earth sarà invece Federico Paulovich, dei Destrage.
Come sarà questo Songs from the Earth rispetto all'album precedente? La domanda sorge spontanea, dal momento che tra i due album sono trascorsi ben cinque anni. Viene anche spontaneo chiedersi se il sound della band sarà cambiato dopo l'uscita di Maurizio, dato che, viste le doti di quest'ultimo come compositore ed arrangiatore, ci si immagina che abbia dato un certo contributo al sound dell'album precedente. La band in questa nuova formazione sarà quindi all'altezza della vecchia? Ed il nuovo disco sarà in grado di superare il precedente? La risposta è: ni. All'apertura, l'album riesce a sorprendere in positivo, dato che i primi quattro pezzi sono a dir poco eccezionali. Lo stile può essere in parte accostato agli Haggard, agli Eluveitie ed al medieval rock, ma porta un fortissimo marchio di fabbrica che fa subito identificare i pezzi come "made in Furor Gallico". I brani sono lunghi e complessi, ma allo stesso tempo lineari: non perdono mai il filo, non lasciano che l'ascoltatore si distragga dall'atmosfera antica e fantastica che creano. Gli strumenti folk sono impegnati in un continuo dialogo, in cui spiccano in particolare le capacità del violinista Riccardo. La delicatezza delle melodie di arpa, flauto e violino si sovrappone alle sfuriate di chitarra e batteria. Quest'ultima, poi, aggiunge un tocco in più intervallando i momenti più tirati con alcuni stacchi dall'aria quasi tribale. Anche la performance del cantante Davide è ottima, con una ben riuscita alternanza tra scream e growl ed un'interpretazione sentita e coinvolgente. Nemàin's Breath contiene anche un'accattivante melodia di cornamusa (suonata qui da Luca Veroli dei Diabula Rasa). Il basso è ben udibile, a differenza di quanto accadeva nel lavoro precedente, e accompagna il tutto con suono morbido. La Notte dei Cento Fuochi è arricchita da un solenne coro di voci femminili che aggiunge spessore al brano, diretto da Sergio Colleoni (uno degli organizzatori del Fosch Fest). Composizione ed arrangiamento meritano un plauso: è difficile trovare un difetto. L'unico neo, fin qua, è dato dalla produzione. Chitarre e batteria hanno infatti un suono rimbombante e poco nitido, e rimangono fin troppo in sordina dietro a violino e flauto. Questo lascia ancor più l'amaro in bocca vista l'alta qualità dei brani, che avrebbero potuto guadagnare parecchio da suoni più potenti e definiti. Paradossalmente il primo disco autoprodotto aveva un suono che si adattava meglio alla musica rispetto a questo Songs from the Earth, che sarebbe stato parecchio valorizzato da suono pulito e pomposo stile appunto Eluveitie o Haggard. In ogni caso, questi primi quattro brani lasciano entusiasti, e mostrano una band professionale e dal grande talento che si mostra degna concorrente di nomi europei più blasonati. La prima nota dolente si ha con Diluvio. Si tratta della classica ballatona metal strappalacrime, arricchita ovviamente dagli strumenti folk e resa particolare dalla voce pulita di Davide, che dal punto di vista interpretativo dà il meglio di sé. Il brano è anche ben fatto, con un dolce arpeggio di chitarra accompagnato dal morbido suono del basso, ed un assolone alla Guns'n'Roses finale. Non è però il massimo dell'originalità, ed ha una durata decisamente eccessiva, ragion per cui dopo il primo ascolto tende già a stufare. La successiva Squass non riesce a risollevare l'album ai livelli iniziali: è un brano carino, ma non eccezionale. Ha un inizio blues/jazz lasciato in mano al basso ed alla batteria, dopodiché inizia un motivetto molto incalzante e festaiolo alla Korpiklaani (anche se il ritmo non è in levare, con l'esclusione di un breve momento). L’unico neo di Squass è che è inutilmente complessa: le canzoni festaiole su questo stile ottengono un maggiore impatto se vengono mantenute brevi e semplici, mentre invece qui vengono inserite mille divagazioni e come risultato la canzone non riesce ad essere coinvolgente come dovrebbe. In ogni caso, non si può dire che il risultato sia spiacevole. Steam Over the Mountain, d'altro canto, lascia proprio perplessi. è un brano tra il crossover ed il nu-metal, con un inizio groove quasi alla Rage Against the Machine. Violino, arpe e flauti sono presenti, ma non valorizzano il pezzo. Brani come questi riescono bene se si mantengono scarni e violenti, il che si sposa male con questo tipo di folk. Il pezzo si conclude con una specie di rap ad opera di una voce femminile molto filtrata e, nel complesso, non c'azzecca niente con il resto. Anche in questo caso, il brano denota una certa capacità dal punto di vista compositivo e di esecuzione e sicuramente piacerà ad alcuni ascoltatori, ma temo che finirà per lasciarne la maggior parte indifferente. Con gli ultimi due pezzi l'album torna sulla strada che aveva imboccato all'inizio, pur senza raggiungere gli stessi livelli, nonostante i brani siano godibilissimi. To the End contiene dei bei riff di chitarre ed un finale impreziosito dalla voce di Simon Papa dei MaterDea, ma presenta alcune variazioni di ritmo abbastanza brusche ed avrebbe beneficiato di passaggi più fluidi tra strofe e ritornello. Il brano conclusivo, Eremita, ha un bel ritornello cantato in pulito da Davide, però si conclude un suono volutamente disturbante prodotto da un qualche effetto di chitarra che dura praticamente tutto il minuto finale e che in cuffia è a dir poco inascoltabile, e che si rivela quindi una scelta decisamente discutibile. In conclusione, se tutti brani fossero stati come primi quattro l'album avrebbe superato il precedente alla grande. Purtroppo però gli altri, per quanto non malvagi, non sono all'altezza. Per questo motivo, il voto finale che ho deciso di dare a Songs from the Earth è leggermente inferiore a quello che aveva ottenuto Furor Gallico. L'impressione è che le idee siano tante e ci sia molto entusiasmo e voglia di sfruttarle. In alcuni casi, però, forse porre un freno alle divagazioni avrebbe dato un risultato migliore (vedi Squass e Steam over the Mountain). In ogni caso, la qualità media dei brani contenuti in Songs from the Earth è alta e con questo titolo i Furor Gallico si riconfermano uno dei gruppi di punta della scena italica. Sicuramente da loro possiamo aspettarci ancora molto.
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19
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Quando si dice "de gustibus"... Per me Diluvio è una delle migliori, ad esempio. |
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Ascoltato due volte...ma cosa hanno combinato?!? si salvano giusto le prime 4, il resto è un polpettone di generi messi insieme privo di mordente...Steam over the mountain inascoltabile... |
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La nuova line up non c entra nulla, l album è stato scritto dalla formazione originale, paulovich ha riprodotto le batterie scritte da Simo e Laura e Ste hanno registrato l album... L album a parer mio è vario e ben riuscito... Grandi |
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Io sono abbastanza d'accordo con la recensione, per me è un piccolo passo indietro rispetto al precedente. Ci sono pezzi all'altezza come The Song of the Earth, Nemain's Breath, Diluvio, To the End ed Eremita ed altri che non mi convincono quasi per niente come ad esempio Squass. E poi è vero, manca il pezzo forte dell'album, quello che fa gridare al miracolo, la Caccia Morta o Venti di Imbolc per intenderci. Detto questo, sarò felicissimo di vedermeli al Traffic a Roma il 20 |
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super recensione. complimenti alla Kara. dopo i primi quattro brani all'ascolto mi sembrava di ascoltare un collage di ideoni mal organizzati. Dimostra quanto sia difficile innovare un genere di per se' molto ben definito e standardizzato. Miglior traccia Notte dei cento fuochi, peggiore decisamente Diluvio. 70 perche' 5 anni sono tanti. |
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@Mac: corretto, grazie per la segnalazione  |
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Non ho capito la critica a Squass, secondo me hanno fatto bene a sviluppar il brano in quel modo, de gustibus non disputandum est  |
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11
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un passo indietro rispetto al debutto di 5 anni fà.manca.........una caccia morta.......... |
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10
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L'ho ascoltato solo un paio di volte ma non ce n'è,come di suol dire.Questi hanno sfornato un album con i fiocchi che ha perfettamente adempiuto alle grandi aspettative che cadevano su di loro.Concordo con il voto della recensione |
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9
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Preferisco il precedente, album che trovo più genuino, ispirato e coinvolgente. ma questo non toglie che anche questo sia un grande album con una prima parte in pieno stile Furor Gallico anche se un po piu intricata e una seconda parte fatta di sperimentazioni e contaminazioni da altri generi differenti, il che rende l'album vario, originale e persino sorprendente. Ho atteso con impazienza l'arrivo di questo secondo album e mi sento ripagato in pieno. Un bel l80 se lo meritano tutto. |
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8
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le innovazioni troppo azzardate si possono chiamare tranquillamente errori di crescita, anche perchè questi hanno talento da vendere. 85 |
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7
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Ci sarebbe da correggere.. Il nome è Mac, non Max... Ok che non suono più con loro, però almeno il mio "nome" lo conosco bene  |
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6
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Lo dico con dispiacere: questo secondo album mi ha parecchio deluso visto il precedente. Non me ne voglia la band e i fan, ma c'è un abisso tra queste canzoni e quelle del debutto. Per carità ci sono song veramente ben fatte come Wild Jig of Beltaine e La notte dei cento fuochi, insieme alla divertente Squass, ma si nota parecchio la differenza tra la prima e la seconda parte del disco. Gli esperimenti purtroppo sono riusciti abbastanza male, cioè va bene variare ed essere versatili, ma quando si sfocia nel cantautorato italiano e nel ritmo tecno, si passa decisamente il limite...a tratti sembrano un altro gruppo! Peccato davvero.... |
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5
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Come dice Ernie, anche per me dieci passi avanti al primo, che era già molto bello... Qui però han tirato fuori davvero un sacco di personalità e tutta la maturità acquisita in questi cinque anni. Davvero vario (senza essere mai dispersivo!) e bello. Il songwrinting è notevole ed assolutamente di livello per una band comunque giovane ed al secondo disco, che inoltre ha avuto anche parecchi problemi di line-up dal debutto (e qui il motivo per cui non mi aspettavo un disco addirittura fatto meglio del già bel debutto). Bello tutto, io più che ad Eluveitie ed Haggard (con tutto il rispetto) paragonerei il lavoro svolto qui alla strada intrapresa da un gruppo come i Saor, le atmosfere in molti punti e l'utilizzo degli strumenti (pur chiaramente con risultati spesso diversissimi, vista anche la differenza di genere e base tra i due gruppi) o, più che altro, ai Bran Barr o Heol Telwen. E, tra l'altro, secondo me è assolutamente un bene che la produzione sia così (autentica e vera) e non come quella di una band come gli svizzeri Eluveitie (che questo disco si mangia a colazione metà carriera degli appena citati, peraltro) dato che la produzione -specie delle chitarre- è proprio la cosa più brutta del sound del combo d'oltralpe. Invero, trovo la produzione azzeccata ed adeguata, nonchè molto migliore di quella del debutto che aveva, seppur rimanendo sugli scudi, diverse falle più che evidenti. Tra l'altro non concordo nemmeno io con i "nei" riscontrati nella recensione, dato che i pezzi più criticati io reputo siano i migliori proprio per il coraggio e la personalità dimostrata negli stessi, che dona loro (e alla band, in definitiva) una marcia in più rispetto al piattume del genere ... Quindi che dire, in conclusione non c'è un pezzo che sia nemmeno lontanamente brutto (forse "To The End" è un po' anonimo, ma ben lontano dall'essere sgradevole). Per me i tre pezzi migliori del disco sono "Steam Over The Mountain" (geniale), "La Notte Dei Cento Fuochi" e "Squass". Il mio voto è più alto di quello della recensione dato che per me siamo nettamente su livelli più alti che col debutto... Sull'80. Bravi bravi, altro che lo schifo della "scena Folk" italiana (escluse le band che pasticciano con sonorità più estreme). Superiori e di stacco dal resto dei connazionali nel genere... Di respiro internazionale, direi. |
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4
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Non sono d'accordo per quanto riguarda i "nei", specialmente il miscuglio di generi, di questo album e spiego le motivazioni per le quali secondo me non ci si debba stupire molto quando si sentono cose del genere da una band come i Furor Gallico. Il paragone con l'omonimo è inevitabile e basta poco per accorgersi che il punto di forza di questi ragazzi è proprio la varietà: si passa da canzoni epiche a scanzonate allegre, strumentalismi e miscugli di generi in un niente; prendete il pezzo quasi heavy anni 80 in acuto di "The Glorious Dawn", piacevole o no che sia è comunque una parte di loro che fuoriesce ed è totalmente fuori dagli schemi tipici del folk, per quanto abbia sentito. Ammetto che anche io mi sono stupito ma proprio perché nessuno che io conosca fa questo genere di "esperimenti" senza perdere la propria identità. D'altro parte è così che si evolve la musica o la si rende comunque più piacevole rispetto ad un certo stilema ripetuto, la classica carta vincente. Poi che Steam Over The Mountain e Squass siano il top dell'album secondo me è un altro conto, ho cercato di essere il più obiettivo possibile. Anche la produzione sinceramente l'ho trovata esattamente al contrario di come viene descritta qui in recensione: batteria e chitarra impeccabili (e il fatto che ci sia Federico Paulovich mi ha sorpreso e reso felice allo stesso tempo perché ho veramente apprezzato il lavoro fatto in questo album) e violini e fiati oscurati. Ma vabé, pazienza! In sostanza l'ho trovato decisamente un passo avanti, molto più alte delle mie aspettative ma vedremo con il tempo come si evolve il mio giudizio. Grazie per averlo recensito!  |
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3
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Secondo me invece è un passo indietro, dopo 5 anni mi aspettavo un po' di più, devo ammetterlo, sono stato abbastanza deluso. I primi quattro pezzi sono davvero ben fatti, soprattutto "La Notte dei Cento Fuochi"! Alcuni esperimenti però non mi hanno convinto per niente, "Steam Over The Mountain" su tutti! Comunque quel fastidiosissimo suono che si sente alla fine di Eremita è un theremin. |
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2
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A me è piaciuto veramente un casino. Per me è un 85 meritatissimo! |
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1
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Aspettavo da tanto una seconda release dei Furor Gallico, il cui primo disco mi è veramente piaciuto e lo ascolto ancora oggi molto volentieri. Questo secondo disco per me, è un passo in avanti in confronto al primo: nonostante i cambi di line-up e varie peripezie, i Furor Gallico hanno osato in questi due/tre pezzi con sonorità diverse dalle loro, che però, non hanno snaturato troppo il loro sound; cambiamenti che ho apprezzato molto, in particolare su "Steam Over The Mountain", dotata di una carica trascinante e dei riff potenti che mi hanno favorevolmente impressionato; poco importa se è crossover o nu-metal, è un pezzo che merita. "Diluvio" è ottima, anche se la voce pulita di Davide non mi ha entusiasmato particolarmente (l'impegno si sente) e anche "Squass" è uno dei punti forti dell'album. L'apice per me, è "La Notte dei Cento Fuochi", che diventerà un classicone della band, e che è un insieme di suoni che mi evocano mille emozioni. Grandissimo lavoro dei Furor Gallico e gli faccio i miei più sentiti complimenti, non vedo l'ora di vedermeli il 20 Marzo a Roma  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Song of the Earth 2. Nemàin's Breath 3. Wild Jig of Beltaine 4. La notte dei cento fuochi 5. Diluvio 6. Squass 7. Steam over the Mountain 8. To the End 9. Eremita
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Line Up
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Davide Cicalese (voce) Luca Rossi (chitarra, cori) Stefano Centineo (chitarra) Fabio Gatto (basso) Paolo Cattaneo (Tin whistles, bouzouki, cornamusa) Riccardo Brumat (violino Becky Rossi (arpa celtica)
Musicisti ospiti:
Federico Paulovich (batteria) Luca Veroli (cornamusa sulle tracce 2 e 4) Simon Papa (voce sulla traccia 8) Sergio Colleoni (direttore dei cori sulle tracce 1 e 4)
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