IN EVIDENZA
Album

Lords of Black
Mechanics of Predacity
Autoprodotti

King Gizzard and The Lizard Wizard
PetroDragonic Apocalypse
CERCA
RICERCA RECENSIONI
PER GENERE
PER ANNO
PER FASCIA DI VOTO
ULTIMI COMMENTI
FORUM
ARTICOLI
RECENSIONI
NOTIZIE
DISCHI IN USCITA

19/04/24
MY DYING BRIDE
A Mortal Binding

19/04/24
NUCLEAR TOMB
Terror Labyrinthian

19/04/24
MELVINS
Tarantula Heart

19/04/24
NOCTURNA
Of Sorcery and Darkness

19/04/24
SELBST
Despondency Chord Progressions

19/04/24
VERIKALPA
Tuomio

19/04/24
PRAYING MANTIS
Defiance

19/04/24
PEARL JAM
Dark Matter

19/04/24
VANDEN PLAS
The Empyrean Equation of the long lost Things

19/04/24
BLAZING ETERNITY
A Certain End of Everything

CONCERTI

19/04/24
FINNTROLL + METSATOLL + SUOTANA
LEGEND CLUB - MILANO

19/04/24
𝐍𝐎𝐃𝐄
CENTRALE ROCK PUB, VIA CASCINA CALIFORNIA - ERBA (CO)

19/04/24
INCHIUVATU + LAMENTU + AGGHIASTRU
DEDOLOR MUSIC HEADQUARTER - ROVELLASCA (CO)

19/04/24
MARLENE KUNTZ
NEW AGE, VIA TINTORETTO 14 - RONCADE (TV)

19/04/24
GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
BAHNHOF LIVE, VIA SANT\'ANTONIO ABATE 34 - MONTAGNANA (PD)

19/04/24
TROPHY EYES
SANTERIA TOSCANA 31 VIALE TOSCANA, 31 - MILANO

19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)

19/04/24
ENEMIC INTERIOR + LOIA + LESLIE NIELSEN
CIRCOLO DEV , VIA CAPO DI LUCCA 29/3G - BOLOGNA

19/04/24
FUROR GALLICO
ALCHEMICA MUSIC CLUB, VIA DEI LAPIDARI 8B - BOLOGNA

19/04/24
NOBRAINO
VIPER THEATRE, VIA PISTOIESE 309/4 - FIRENZE

Toto - XIV
( 8351 letture )
Esiste forse una compensazione, una sorta di equilibrio universale, per il quale a una buona se non ottima notizia, debba fare da contraltare un evento triste, doloroso e definitivo? Difficile crederlo e certo mettere sullo stesso piano eventi di così diversa importanza ed entità sarebbe ingiusto e irrispettoso, ma certo è che alla notizia del ritorno discografico della leggenda Toto e all’ascolto emozionato delle note provenienti dal nuovo album XIV ha fatto sin da subito contraltare la notizia della morte di Mike Porcaro, per anni bassista della band. Un doppio annuncio che ha scatenato una vera e propria collisione di emozioni. Mike Porcaro era da tempo malato di SLA, quindi la notizia non è stata proprio un fulmine a ciel sereno, ma questo nulla toglie all’intensità di questo evento, proprio alla vigilia della pubblicazione di XIV. A tornare per questa uscita troviamo il duo delle meraviglie costituito da Steve Lukather e David Paich, Steve Porcaro che negli anni è rimasto vicino alla band partecipando alle registrazioni, pur non facendo più ufficialmente parte della line up, il cantante Joseph Williams che aveva prestato la sua ugola per l’album Fahrenheit (e per la meravigliosa Bottom of Your Soul, su Falling in Between) e lo storico bassista originario, David Hungate. Prima prova da studio invece per il batterista Keith Carlock, chiamato a ricoprire il classico “sgabello che scotta”, lasciato in eredità da due giganti come Jeff Porcaro e Simon Phillips.

Le aspettative iniziali per questo disco sono in effetti altissime: Falling in Between risale ormai al 2006 e, per molti, quello era inteso per essere l’ultimo disco dei Toto. Almeno considerando le dichiarazioni rilasciate da Steve Lukather dopo l’uscita di David Paich dal gruppo. Ma si sa, per certi musicisti rimanere lontani gli uni dagli altri diventa quasi impossibile e poi c’erano anche altri motivi per rimettere mano allo storico monicker, compreso un contratto non ancora completamente onorato con la Frontiers Records. Eppure, pensare ad un disco pubblicato per puro dovere sarebbe poco lungimirante e dimostrerebbe una scarsa conoscenza di questi straordinari professionisti: se XIV ha visto la luce dopo tanti anni è perché il nucleo ha ritrovato un suo equilibrio e il piacere di scrivere e registrare musica assieme, tornando a mettere il proprio sigillo di qualità ad un album da studio che, per molti versi, lascia stupefatti e per altri non è che la conferma di un talento semplicemente superiore e inarrivabile. La tentazione di sparare superlativi è infatti fortissima, a conclusione dell’ascolto. La qualità tecnica e strumentale di questa formazione è incredibile, così come la straordinaria qualità degli arrangiamenti e la consueta –ma non per questo scontata- capacità di variare registro e giocare con innumerevoli varietà stilistiche all’interno di brani comunque sempre molto piacevoli e melodicamente vicini alla perfezione. Tutte cose che chi ama questa band ben conosce e per certi versi pretende. Musicalmente parlando, sembra corretto avvicinare il nuovo arrivato al precedente Falling in Between: parliamo sempre di un disco piuttosto vario, nel quale convivono ampie sezioni prog con le classiche e non sopite influenze pop e fusion, dotato di una atmosfera in certi frangenti cupa e malinconica, riscattata da ampie e splendide luminosità che riecheggiano il passato dei Toto. La qualità dei brani è decisamente elevata e non si poteva aspettare niente di meno, mentre nel complesso l’album risulta forse meno immediato del precedente e necessita di numerosi ascolti per essere assorbito. Merito di arrangiamenti molto stratificati e ricercati, senza dubbio, come della già citata varietà espressiva, ma anche di una scaletta forse non proprio ordinata al meglio. L’album gode di alcuni momenti di gloria assoluta, inaugurati dall’iniziale Running Out of Time, dallo strabordante groove e dalle ottime armonie vocali, con uno Williams assolutamente in palla e il consueto straordinario contributo di tastiera e chitarra, mentre anche Hungate e Carlock lasciano il segno in una opener che apre all’ascolto con entusiasmo. Burn vive della splendida atmosfera dettata dal lavoro del piano e della ritmica, squarciata da un refrain carico e drammatico, ottimamente orchestrato e gestito da Williams e Lukather. Altro indubbio colpo a segno arriva con Holy War, brano arrembante che si regge su un riff di Lukather per poi mostrare arrangiamenti decisamente stratificati e particolari che “lottano” contro la natura rock del brano, fino alle note suggestioni prog e fusion che fanno di questa canzone un vero e proprio capolavoro. Un trittico iniziale davvero notevole, che mette forse in secondo piano una 21 Century Blues più vicina al pop e alla fusion, che ospita anche il sax di Tom Scott e che presa da sola sarebbe invece magistrale, a conferma del livello di tutto il disco, che rialza le pulsazioni rock con la successiva Orphan, altro pezzo di classe elevatissima. Inutile dire che a questo punto arriva il secondo vero capolavoro del disco con Unknown Soldier, canzone emozionante e ricca di chiaroscuri, dal fortissimo impatto e dall’intrigante canovaccio acustico sul quale si innestano le splendide melodie e le riuscite partiture al limite del prog. Potrebbe quasi sembrare un brano dei Kansas settantiani per l’atmosfera solenne e sognante al tempo stesso. Proprio quando sembrava di trovarsi di fronte l’atteso e desiderato disco perfetto, ecco però che qualcosa nel meccanismo si guasta e il gruppo inanella una serie di brani che raffreddano e rallentano pesantemente l’ascolto. Little Things è infatti un brano dolcissimo e carico di atmosfera, ma fin troppo levigato e lucidato e pur restando ammirevole l’equilibrio che il gruppo sa creare, sembra quasi di ascoltare un brano tratto dalla colonna sonora di un film Disney, con tutto quello che ne consegue. Chinatown è invece caratterizzato da una incredibile mutevolezza, che riesce a toccare quasi tutte le sfumature finora presentate nell’arco dell’album, pur reggendosi essenzialmente su una base pop/fusion che sarebbe piaciuta a Donald Fagen che ne certifica l’eleganza, ma al tempo stesso una certa inconsistenza. Altra dolce ballata con All the Tears that Shine, sacrificata dalla posizione all’interno della scaletta, che a questo punto avrebbe forse goduto maggior esito da un brano più deciso e movimentato. Il gruppo prova a rialzare appena il tiro con Fortune, che rimette la chitarra di Lukather più avanti, ma stavolta a mancare è proprio la sostanza e la canzone scorre piacevolmente senza però offrire nulla che meriti una sentita partecipazione; di fatto, complice anche un inconcludente finale improvvisato, non si vede l’ora che finisca. Una sezione quella che si conclude con il decimo brano che sembra volerci prendere e a forza riportarci agli anni 80, per un risultato complessivo che però non ottiene quanto sperato e anzi rallenta fin troppo il decorso di un disco che tira il freno a mano troppo a lungo dopo l’esaltante prima parte e rischia di far perdere interesse nell’ascoltatore lasciando scappare anche qualche sbadiglio. Fortunatamente, per la chiusura i Toto tirano fuori un nuovo esaltante capolavoro: Great Expectations già dal titolo sembra nata per rispondere a quanti dalla band statunitense pretendono un qualcosa che nessun altro può dare. Il brano è forse quello che si avvicina maggiormente al prog dell’intero disco e, conservando la consueta varietà stilistica, stavolta non fa prigionieri. Tutto il gruppo si rende autore di una prestazione eccelsa, per una grande lezione di musica superiore con splendide sezioni strumentali che fanno davvero fremere a completare una bellissima melodia intonata da un sempre ottimo Joseph Williams.

Giunti a conclusione, dopo la bonus track Bend, altro brano sospeso e vicino al prog, che di fatto può intendersi come un corollario alla vera conclusione di Great Expectations, è impossibile non rendersi conto che il viaggio appena intrapreso è stato davvero ricco e impegnativo, seppur carico di splendide soste. Come detto, la prima parte dell’album, fino ad Unknown Soldier compresa, è davvero di grande livello e spessore, mentre qualcosa si perde nella seconda, che viene riscattata però da una chiusura col botto. Ancora una volta i Toto sono riusciti nella magia di tirare fuori il meglio possibile dai singoli, per mettere in campo un risultato complessivo superiore al già straordinario valore delle parti. Come detto in apertura, la tentazione di sparare una infinita sequela di superlativi è davvero forte, perché quando si parla di canzoni al di sotto della media del disco, si deve intendere la media dei Toto, ovverosia una media inarrivabile per quasi chiunque altro. XIV è un grande disco, uno di quelli da acquistare e conservare con affetto, da ascoltare e riascoltare, magari non tutto assieme, ma un pezzo per volta, a godere dello splendore e della grande complessità artistica, compositiva e strumentale profusa in ogni brano. Certo a volte la sensazione di essere fuori dal tempo o, per meglio dire, di trovarsi in una capsula che torna indietro, verso sonorità sorpassate, non è sempre piacevole. Il trademark della band è fortissimo ed è giusto e inevitabile che si faccia forte di uno stile che ha contribuito in primis a creare, ma da un gruppo così è forse anche giusto pretendere che vada anche oltre se stesso, dopo nove anni di attesa e a fronte di un album che potrebbe essere davvero l’ultimo. Purtroppo, XIV non è l’atteso capolavoro, è “solo” un album molto bello, ottimo, con delle punte elevatissime, ma anche qualche brano non proprio indimenticabile, in particolare Fortune, purtroppo dimenticabile. Assolutamente da avere se siete loro fan, sicuramente da ascoltare per chiunque ami la buona musica e voglia capire perché i Toto sono stati e sono tutt’oggi una band inarrivabile.



VOTO RECENSORE
82
VOTO LETTORI
82.7 su 20 voti [ VOTA]
HeroOfSand_14
Giovedì 14 Gennaio 2021, 9.14.13
26
Credevo di aver già commentato uno di quei dischi che mi colpì da subito, e che ancora oggi ascolto con grandissimo piacere. Comunque, credo che trovare dei 60enni (e oltre) che sappiano, dopo 40 anni di carriera, scrivere dei pezzi simili sia un'impresa assoluta. Questo album mi ha folgorato, qui dentro trovo i vecchi Toto del periodo d'oro di IV (come Chinatown o Holy War), i Toto più "moderni" (forse) paragonabili a quelli degli anni 90 (in Orphan), altri brani più prettamente pop (All The Tears That Shine, Bend) e un capolavoro come Great Expectations, che ricorda molto Home Of The Brave ed il periodo di Williams. Insomma, un insieme di canzoni ben scritte, arrangiate (ovviamente) in maniera sublime, grandissime prove strumentali (peccato non ci fosse Shannon Forest alla batteria che adoro) e Williams tornato in grande forma. Non c'è un filler, le melodie sono subito memorizzabili ma non sempre facili, e si va dal gioiellino Orphan (con testo semplice ma profondo), fino alla ballad da brividi Unknown Soldier, passando per Running Out Of Time (grande opener) e Burn (splendida) fino alla conclusiva Great Expectations che racchiude cosa erano i Toto nel 2014, e cosa potevano dare. Mi mancheranno e mi mancherà nuova musica con questa formazione, che si avvicinava a quella storica.
The Cowboy
Lunedì 17 Agosto 2020, 11.55.29
25
Non si finga di non saperlo, il rock metal vero, quindi intendo dall aor sino al death, sono figli degli 80, ad li non si esce. Mentre i 90 sono stati i figli dell alternative e tutti i costi. Bene, negli anni 2000, molte delle mode dei 90 non esistono più, i migliori allora cercano di recuperare il sound degli anni 80, il problema e' che se un album non e' più prodotto in studio e avallato da un produttore, la tecnologia digitale fa disastri e i prodotti suonano maledettamente identici. Il produttore e' come un allenatore per una squadra di calcio, altrimenti ti trovi il terzino che fa il centravanti, il bassista che fa batterista, la chitarra ritmica che rompe i coglioni durante un assolo e via discorrendo
The Cowboy
Domenica 16 Agosto 2020, 23.00.10
24
Probabilmente Tbone giusto quello che dici, ma non dimenticare i Survivor, Vital S. e' praticamente perfetto e, per chi ha un orecchio allenato al rock VERO, ci sonocanzoni come Popular Girl che sono ad un passo dai classici Rainbow di Sua Maesta' R.J.
Tbone77
Domenica 16 Agosto 2020, 22.46.56
23
Mi ritrovo un po' in quello che ha scritto philosopher, ma a me spiaciucchiano anche dopo. Sono musicisti di un altro pianeta. Ma forse qui davvero risultano un po' snaturati dal loro sound. Cmq per me insieme a journey e foreigner sono l'eccellenza dell' aor.
The Cowboy
Domenica 16 Agosto 2020, 22.18.28
22
Se fossero tutte come Burn si sarebbero avvicinati a Toto IV, invece qualche volta si perdono in qualche cosa molto lontano dal loro sound, addirittura c'e' una canzone vicina ai Tears for Fears. Voto 75. Se volete recuperare il vero sound aor anni 80, date un ascolto all ultimo di Robert Hart, sin dal titolo 'Pure'
Philosopher3185
Giovedì 22 Marzo 2018, 2.31.36
21
I Toto mi fanno impazzire tutti fino ad Isolation,poi non so perché ma non mi piacciono più. ..troppo leggeri..troppo elaborati..
Aceshigh
Domenica 31 Dicembre 2017, 12.09.53
20
Buon disco, ma a mio avviso lontano dai livelli di Falling in Beetween. Come al solito quello che salta all'orecchio è che ci si trova di fronte a dei musicisti di un altro pianeta. Però mi sembra che qui in qualche caso è proprio l'immensa classe a salvare dei brani che non sono all'altezza del nome della band. Per me è un po' altalenante... e poi (ma qui è veramente soggettivo) mi manca Kimball (con tutto il rispetto per Williams, s'intende). Lukather immenso. Per me 79
Lorenzo
Giovedì 8 Settembre 2016, 1.25.00
19
Joseph Williams aveva prestato la sua ugola per Fahrenheit ma anche e soprattutto per lo splendido The Seventh One! Detto ciò, bella recensione, credo che colga abbastanza efficacemente lo spirito dell'album, anche se secondo il modesto avviso definire XIV meno immediato di Falling in Between non è propriamente condivisibile. Mi spiego: FIB ha dei pezzi per certi versi più complessi a livello di ascolto, seppure resi accattivanti e orecchiabili dall'enorme talento di questo Dream Team di Musicisti, se vogliamo è il disco in cui, nel 2006, vollero dare pieno sfogo alla loro creatività smisurata dopo quei sette anni dall'uscita di Mindfields. Prog, Funky, Pop Rock, Gospel, World Music, Fusion, Jazz, tutti generi sapientemente miscelati per creare un disco a mio avviso esplosivo. XIV ha altrettanta complessità, intendiamoci, ben nascosta dietro melodie che arrivano dritte al cuore, come nella migliore tradizione TOTO, seguendo il solco dorato di Toto IV da cui trae maggiore ispirazione unitamente a dischi come Hydra e The Seventh One. Effettivamente Fortune appare l'unico filler del disco, anche se si apprezza un certo groove sia strumentale ché vocale da parte di un Williams davvero in stato di grazia, ma che anticipa semplicemente un capolavoro assoluto come Great Expectations! come per Better World che chiudeva magistralmente Mindfields anche in questo caso il congedo è superlativo. Ovviamente ci auguriamo che dopo questo exploit, in futuro possa seguire una nuova uscita discografica; a tal proposito, avevo letto di sfuggita che David Paich avesse intenzione di scrivere un concept album. Sarebbe davvero spettacolare!
didacus
Martedì 12 Maggio 2015, 15.33.34
18
Janko, come fai a dire cose del genere su Carlock??? Ha un groove della madonna che nemmeno Jeff...che in ogni caso adoro..Il suono è prorpio il suo, pieno di ghost notes quasi da batterista nero, caldissimo..bellissimi piatti!! Uno dei migliori album della band ..se ci penso bene negli altri mi piacciono 4-5 brani in tutto ..qui me ne piacciono un casino 9 su 11 e 2 non mi dispiacciono 90!!!
BlackSoul
Giovedì 30 Aprile 2015, 23.05.45
17
Bell'album, spiccano le prime due e Little Things, ma nel complesso è il classico album dei Toto di alta qualità. Per me è un 80.
Dani3121
Venerdì 17 Aprile 2015, 0.00.34
16
assolutamente uni dei dischi dell'anno per i miei gusti.Classe,melodia e tecnica al servizio della canzone! Speriamo non sia l'ultimo...
Electric Warrior
Lunedì 13 Aprile 2015, 12.05.11
15
Un ritorno veramente sorprendente questo dei Toto. Ancora grande tecnica e soprattutto grande lavoro di squadra. Canzoni veramente ispirate, speriamo sia un nuovo inizio. Una delle uscite più piacevoli dell'anno, voto 90.
HJ
Venerdì 3 Aprile 2015, 21.45.49
14
L'ho comprato perché visto in comet...strabiliante. Classe eccezionale. Per me uno dei migliori dischi dell'anno
Giuseppe
Venerdì 3 Aprile 2015, 21.20.04
13
Emozione,felicità e commozione. Durante l ascolto di questo meraviglioso disco queste sono le emozioni che ho provato. Per me capolavoro. Ciao.
Giuseppe
Venerdì 3 Aprile 2015, 21.20.00
12
Emozione,felicità e commozione. Durante l ascolto di questo meraviglioso disco queste sono le emozioni che ho provato. Per me capolavoro. Ciao.
hj
Lunedì 30 Marzo 2015, 22.15.07
11
Mi é bastato sentire il pezzo the orphan...spettacolare
Janko
Lunedì 30 Marzo 2015, 11.13.34
10
le band tributo servono a sentire dal vivo le canzoni di un gruppo che non è che trovi tutti i giorni sotto a casa a suonare dal vivo. Ovvio che gli originali siamo meglio, che discorsi....A noi musicisti piace suonare e, piuttosto che suonare Ligabue, preferisco suonare un tributo ai Toto che mi realizza di più artisticamente e tecnicamente e mi diverto anche. Ribadisco il concetto: il batterista fa cagare, ha un suono di merda, e gli arrangiamenti non sono come i Toto ci hanno abituati a sentire. siamo lontani anni luce da arrangiamenti come Pamela, Hydra, Waiting for yor love ecc......
andy usurper
Lunedì 30 Marzo 2015, 7.36.47
9
Da fan assoluto e di vecchissima data,sono felicissimo che siano tornati con un capolavoro del genere,sembra uscito dopo IV,grandissimi ed inarrivabili,c'è poco da dire,anche alle tribute band,che aborro,dio mio,ma fatevi un gruppo vostro senza scmmiottare altre band che già esistono,non ho mai capito il senso ed il bisogno di repliche,vistyo che già esistono0 gli originali e fajn paura,mah.......E sopratutto di band che,quando va bene,ripeto ,quando va bene sono mediocri,più la band da replicare è importante,mah.......Cmq graditissimo ritorno,un Joseph con una voce strepitosa,e finalmente un drummer al servizio della band,un drummer da Toto,e non un grosso nome per i Toto,il che è mmmmmolto diverso,era ora!Voto,anche se li odio,un 9 abbondante!E parlo da drummer,ho suonato per 30 anni,in band proprie,adoro Simon,ma nn ho mai capito quella scelta,o meglio,l'ha capii all'epoca,in quanto scelta commerciale,ci voleva un nome di grido per rilanciarli,ma per il sound e l'approccio funky che doveva esserci,bè,li non ci sia mo proprio,ho sempre detto ,che il top dopo Jeff,secondo me per loro sarebbe stato David Garibaldi,ma si sa,i geni,sono im prevedibili,e strapieni di impegni,e sopratutto ,raramente prendono ordini.......
Janko
Sabato 28 Marzo 2015, 22.44.53
8
Sono in disaccordo: a parte la batteria che ha un suono piatto e vergognoso rispetto a S. Phillips e Jeff porcaro, se pensiamo che all'interno suonano DUE tastieristi del calibro di Paich e Porcaro viene da chiedersi: "ma dove sono?" Gli inseguimenti di tastiere dei brani all'interno di Toto IV o Seventh One, Hydra ecc....Ma hanno suonato in questo disco o hanno fatto finta? Gli arrangiamenti con virtuosismi tecnici che hanno caratterizzato Lukather & C.? Mi spiace, ma da fan dei Toto dal 1980 e tastierista di una band tributo ai Toto, trovo che avrebbero fatto meglio a lasciar perdere. Il drumming poi è penoso!!!! Avrebbe suonato meglio Stefano D'Orazio! Con tutti i batteristi in giro incredibili....che vergogna! Delusissimo.
Marco
Sabato 28 Marzo 2015, 20.09.51
7
Di Album così oggi ne esce uno su 1000 ...ho ritrovato i Toto..un grandissimo gruppo di classe inarrivabile ..
Lizard
Mercoledì 25 Marzo 2015, 8.29.42
6
@Paolo e Lorenzo: la segnalazione su Carlock è corretta, grazie. Non ero riuscito a fare ieri la correzione.
Lorenzo
Mercoledì 25 Marzo 2015, 3.12.03
5
Bella recensione, anche se a mio avviso la seconda metà del disco non è poi così "debole". I pezzi soft, specialmente quello cantato da Steve Porcaro "The little things" è melodicamente piacevole e riporta allo stile del tastierista, molto avvezzo a quelle sonorità da film o colonna sonora. Idem per la additional track Bend, sempre cantata da lui e musicalmente molto particolare. Chinatown è una perla, il suo sapore "west coast" è intenso e travolgente. Piccola correzione se mi è concesso. Forrest non suona in questo album, il batterista presente in studio è Keith Carlock, che però non sarà presente nel tour di XIV perché impegnato con gli Steely Dan e quindi sarà sostituito dal primo. Un altro aspetto degno di nota di questo disco sono le eccellenti collaborazioni: percussioni a cura di Lenny Castro che sarà presente anche in tour, mentre i bassisti presenti in questo lavoro sono ben 4. Hungate, già nei Toto di fine settanta e inizio ottanta (da Toto a Toto IV) Tal Wilkenfeld, bassista strepitosa (Jeff Beck, Colaiuta, Corea, Hancock alcune delle sue eccellentissime collaborazioni), Leland Sklar che era già stato chiamato in causa durante il Falling in between tour e ha suonato in alcuni dischi solisti di Luke, e l'espertissimoTim Lefebvre.
rocklife
Martedì 24 Marzo 2015, 21.52.12
4
la classe non e' acqua.....superbo quoto 90...poi piu' si ascolta e piu' piace....
edward 64
Martedì 24 Marzo 2015, 18.56.23
3
Ottimo album .... spero di vederli a Roma a luglio.
paolo
Martedì 24 Marzo 2015, 18.34.31
2
Ma alla batteria non c'è Keith Carlock?
Michele "Axoras"
Martedì 24 Marzo 2015, 15.05.01
1
Disco che ... non mi aspettavo. Mi sta piacendo molto più di quanto pronosticato. Sono stati e rimangono dei fuoriclasse Complimenti per la disamina
INFORMAZIONI
2015
Frontiers Records
AOR
Tracklist
1. Running Out of Time
2. Burn
3. Holy War
4. 21st Century Blues
5. Orphan
6. Unknown Soldier (for Jeffrey)
7. The Little Things
8. Chinatown
9. All the Tears that Shine
10. Fortune
11. Great Expectations
12. Bend (Bonus track)
Line Up
Joseph Williams (Voce, Cori)
Steve Lukather (Chitarra, Voce, Basso su tracce 5, 6, 11)
David Paich (Tastiera, Voce)
Steve Porcaro (Tastiera, Voce)
David Hungate (Basso)
Keith Carlock (Batteria)

MUSICISTI OSPITI
Tom Scott (Sassofono)
Michael MacDonald (Cori)
Lenny Castro (Percussioni)
Martin Tillmann (Violoncello)
 
RECENSIONI
88
79
90
79
89
92
79
83
91
ARTICOLI
16/03/2018
Live Report
TOTO
Mediolanum Forum, Assago (MI), 10/03/2018
13/02/2016
Live Report
TOTO
Palageorge, Montichiari (BS), 07/02/2016
10/07/2015
Live Report
TOTO
Auditorium Parco della Musica, Roma, 05/07/2015
25/06/2013
Live Report
TOTO
Ippodromo del Galoppo, Milano, 20/06/2013
 
 
[RSS Valido] Creative Commons License [CSS Valido]