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Lord Dying - Poisoned Altars
( 1311 letture )
I Lord Dying sono una band americana che proviene da Portland, Oregon e questo Poisoned Altars è il loro secondo album. La band si era infatti resa protagonista nel 2013 dell’uscita di Summon The Faithless, che aveva ricevuto buoni riscontri dalla critica. La band gode altresì di un’ottima reputazione nel proprio paese merito anche di un impegnativo lavoro in sede live che li ha visti pure intraprendere un tour in Europa. Riuscire a districare parole circa il genere proposto da questi ragazzi è impresa assai ardua. Infatti la critica stessa è apparsa molto divisa sul catalogarli tirando in ballo diversi generi che assolutamente fanno parte del patrimonio genetico della band ma che hanno più o meno importanza. La musica è materia informe si sa e come l’acqua prende la forma che le viene data. Ma nonostante ci sia gente che decida di metterla in una bottiglietta, in un bicchiere o in una piscina, non cambia il fatto che l’acqua sia composta da due molecole di idrogeno ed una di ossigeno, così dice la chimica.

Death metal? Assolutamente no, cantato e ritmiche non dicono ciò, non parlano la stessa lingua. Doom metal? Mai sentito il doom metal così veloce. Sludge metal? Nì, perché è vero che i Lord Dying prendono a piene mani le movenze fangose che il genere richiede ma è vero altrettanto che in parecchi momenti dell’album essi riescano a districarsi perfettamente da ciò attraverso del riff schiacciasassi che non lasciano adito a dubbi. Se proprio di fosse costretti a scegliere un genere in cui catalogarli quello sarebbe il groove metal. Di certo non stiamo parlando di groove metal duro e puro, ma con molte influenze sludge, vedi il cantato che si colloca a metà fra lo scream e il growl in una specie di rantolo cattivo e soffocato che prosegue inesorabile lungo tutto il corso dell’album. Quasi cinquanta minuti divisi piuttosto equamente in otto brani che scorrono abbastanza agevolmente, ma non iniziano al meglio. A dire il vero era difficile per la band iniziare con un pezzo peggiore di del primo brano scelto che, per inciso, è anche la titletrack. Poisoned Altars è un brano piatto, in cui le chitarre non producono nulla di sorprendente rispetto a dei normalissimi riff di matrice groove piuttosto dissonante. La voce si mantiene su un registro afono e soffocato non riuscendo a suscitare alcuna emozione. Come in tutto il disco il lavoro oscuro del basso è costantemente coperto dalla chitarre che non lo fanno emergere. La batteria si dimostra molto precisa. Nonostante ciò non mancano nel disco momenti piacevoli in cui la band riesce a creare riff e atmosfere convincenti: pezzi come An Open Sore e Offering Pain (and an Open Minded Center) sono una condanna a morte per i vostri colli data la quantità di bei riff che contengono; il primo brano è più incentrato sulla violenza e la pesantezza dei riff che si ergono monolitici, il secondo sulla varietà e il lavoro chitarristico che sia in fase ritmica che solistica risulta eccelso. Suckling at the Teat of She-Beast è pure un brano che mette in evidenza le caratteristiche migliori di questa band che però non riesce a sfruttarle appieno in tutto l’album: drumming consistente e forsennato, riff pesanti e distorti e voce al limite della stonatura, quasi hardcore punk. Il resto dell’album scorre via senza lasciare né cose mirabolanti ne cose inascoltabili.

Con questo secondo album i Lord Dying tentano di bissare il successo dell’album precedente riuscendoci in parte perché è vero che le qualità della band sono lampanti sia dal punto di vista tecnico (escludendo il cantante) che compositivo. Per compositivo non si intende in questo caso lo scrivere brani ma trovare una commistione di generi e di influenze tali da “comporre” un sound originale a prescindere da quello che si scriverà. Qui siamo sulla buona strada in quanto i nostri ragazzi a prescindere dalle scelte ritmiche e armoniche dei vari brani dimostrano di avere personalità e originalità, fondendo alla perfezione influenze quali Slipknot per quando riguarda certe scelte chitarristiche e Machine Head per la pesantezza della sezione suonata, solo per citarne un paio di nomi. Nonostante ciò è lampante come l’album contenga troppi filler che fanno venir voglia di passare alla traccia successiva; ma in questo skippare continuo una cosa sarà certa, che prima o poi troverete un brano che vi farà sobbalzare ed esclamare “questo sound è davvero personale!”.



VOTO RECENSORE
67
VOTO LETTORI
72 su 1 voti [ VOTA]
Asso
Venerdì 24 Aprile 2015, 21.46.57
2
Bel disco di una band da seguire
Ad astra
Mercoledì 15 Aprile 2015, 11.07.20
1
Preso a scatola chiusa alla uscita... Non male ma niente di esaltante condivido disamina a pieno.. Speravo in qualcosa e ne sono uscito con altro.
INFORMAZIONI
2015
Relapse Records
Groove
Tracklist
1. Poisoned Altars
2. The Clearing at the End of the Path
3. A Wound Outside of Time
4. An Open Sore
5. Offering Pain (and an Open Minded Center)
6. Suckling at the Teat of a She-Beast
7. (All Hopes of a New Day)... Extinguished
8. Darkness Remains
Line Up
Erik Olson (Voce, Chitarra)
Chris Evans (Chitarra)
Don Capuano (Basso)
Rob Shaffer (Batteria)
 
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