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Axemaster - Overture to Madness
( 2060 letture )
Gli Axemaster sono assenti dalle scene da ben 25 anni (il loro ultimo disco Death Before Dishonor data 1990). La band era riuscita all’epoca a raccogliere i consensi di un piccolo gruppo di appassionati di US power metal con gli unici due lavori della propria produzione, usciti nel 1987 e per l’appunto nel 1990. Di cose sulla scena ne sono cambiate parecchie, negli ultimi due decenni e mezzo, ma già dalle immagini promozionali della band e dall’artwork di copertina di questo Overture to Madness si evince che loro, gli Axemaster, non sono cambiati proprio per nulla.

Overture to Madness si rifà ai Metal Church e in genere a tutto il versante più dark della prima ondata del power americano, il tutto innestato su evidenti influenze sabbathiane e fuso con una certa propensione per il doom più marziale (Nevermore, Solitude Aeturnus). Partiamo da un punto dolente, che giunge anch’esso direttamente dagli anni 80: la produzione del disco è davvero brutta, ai confini con l’amatorialità; le chitarre, quando si sovrappongono, sono indistinguibili, la batteria è plasticosa e il basso è così appiattito e spuntato da dare l’impressione, in molte fasi, di essere uscito da un concerto live di una band di esordienti. Non sappiamo quale fosse la disponibilità economica della band al momento di registrare il disco, sappiamo però che oggi, anche con attrezzature di fortuna e con budget limitati, è possibile registrare e produrre un LP metal molto meglio di così. Venendo alla musica vera e propria, che dire, gli Axemaster suonano davvero vecchi, forse addirittura antichi. Il sound è quello dei primi due dischi dei Metal Church, né più né meno, con la sola differenza che i Metal Church della prima metà degli anni 80 sono molto più freschi e contemporanei degli Axemaster del 2015. Le performances dei quattro componenti della band dell’Ohio sono medie, quando non mediocri. Il singer, Geoff McGraw, spazia su cinque/sei note per tutta l’estensione del disco, e ha pure una timbrica di per sé piuttosto noiosa. Stendiamo un velo pietoso sulla produzione della voce, che sembra provenire da un brutto oltretomba. Il lavoro batteristico di Brian Henderson è piatto che più piatto non si può, costruito su pattern elementari e sul più classico dei 4/4 ripetuto fino allo sfinimento a velocità, oltretutto, piuttosto limitate. I soli di Joe Sims sono davvero poco ispirati e accattivanti; ancora peggio il lavoro in coppia di Sims con l’ascia ritmica del singer. Le frasi di chitarra sono caotiche, mal amalgamate e ridondanti; oltretutto l’assortimento tra i vari strumenti suona forzoso e a tratti addirittura esasperante per l’orecchio dell’ascoltatore. Dobbiamo quindi scegliere, come esempio positivo del disco, un brano come Peeling Skin; uno dei più doom del lotto. Qui non emergono, o almeno non lo fanno in modo irritante, inutili circonvoluzioni o stratificazioni malriuscite. Si riduce tutto al dialogo tra voce e chitarra, con una sezione ritmica non troppo invadente e un riffing essenziale che riporta alla mente i già citati esempi virtuosi del doom americano. Pure i soli, in questo brano, funzionano meglio che nel resto del lavoro, forse perché anch’essi vanno dritti al punto, senza compiacersi inutilmente e lungamente di sé stessi. Il finale repentino della traccia, davvero inaspettato e gratuito, è però incomprensibile. L’assioma del disco potrebbe essere il seguente: più gli Axemaster provano ad accelerare e a fare i cattivi (Forsaken, Statute of Liberty, Ashes), meno risultano credibili (a causa di loro limiti oggettivi e di produzione), più invece si avvicinano a una dimensione intima (alcune parti di Dream or Nightmare, la già citata Peeling Skin, Dark Souls), più le cose danno l’impressione di funzionare. In ogni caso, la band non ha in faretra un range sonoro ampio a sufficienza per giustificare l’ora di musica proposta in questo Overture to Madness. La noia è dietro l’angolo, già dalle prime battute dell’LP.

Gli Axemaster ci hanno provato, hanno tentato il gran ritorno all’interno di una scena musicale che non gli appartiene più da tempo. I risultati sono deludenti; venticinque anni di sostanziale inattività non possono che lasciare il segno. Il consiglio per gli ascoltatori, appassionati di US power o no, è quello di recuperare gli inimitabili Metal Church.



VOTO RECENSORE
58
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2015
Pure Steel Records
Heavy
Tracklist
1. Entering Madness
2. Sanity’s Requiem
3. Forsaken
4. Dream or Nightmare
5. Thirty Pieces of Silver
6. Crimson Haze
7. Peeling Skin
8. Sinister
9. Statute of Liberty
10. Ashes
11. Chylde
12. Dark Souls
13. Epic
Line Up
Geoff McGraw (Voce, Chitarra ritmica)
Joe Sims (Chitarra Solista)
Jim Curtis (Basso)
Brian Henderson (Batteria)
 
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