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25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
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Dalle oscure caverne dell’heavy metal, soprattutto in questi ultimi anni, stanno ricomparendo band e personaggi che all’interno di alcuni ben precisi sottogeneri hanno lo status di veri e propri cult. In molti si sono guadagnati questa etichetta producendo alcune demo e magari un LP solitamente negli anni 80 per poi sparire nel nulla, ignorati dalla grande massa degli ascoltatori, sovente perché mal supportati dalle label oppure semplicemente sfortunati per essere arrivati troppo presto o troppo tardi su un mercato, che come tutti gli altri, è caratterizzato da fasi che danno un vantaggio straordinario a chi è “nel posto giusto al momento giusto”. Il destino di queste band è quello di essere ricordate solo da un stretta cerchia di appassionati che li venera e continua a ripetere a tutti quanto il destino sia stato beffardo con chi meritava fama planetaria.
La descrizione qui sopra calza a pennello per gli Sleepy Hollow, combo a stelle e strisce formatosi nel New Jersey a fine anni 80 attorno al singer Bob Mitchell che aveva già prestato l’ugola ad un’altra band di culto come gli Attacker per il loro celebre esordio Battle at the Helm’s Deep. Al singer si uniscono Steve Stegg alla sei corde, Tommy Wassman dietro le pelli e Steve Brink al basso e nel 1989 vede luce la demo A Legend Retold seguita due anni dopo dall’esordio omonimo. Come facilmente intuibile non sono gli anni migliori per far uscire sul mercato un album di power\heavy metal americano, e per questo la band si perde nell’oblio. Vent’anni dopo gli Sleepy Hollow riemergono dalle tenebre per la loro seconda fatica discografica, questo Skull 13. La line-up per tre quarti è la stessa degli esordi, con una eccezione non da poco: nella sezione ritmica fa il suo ingresso un nome che gli appassionati di prog metal conoscono molto bene, parliamo infatti del grande Mike LePond, bassista dei Symphony X. La label che si è fatta promotrice di questo ritorno non poteva essere che la teutonica Pure Steel Records, da sempre casa del metallo più intransigente e old-school.
Le 11 tracce che compongono Skull 13 sono puro e genuino US Metal nella sua forma più classica e tradizionale. Il sound è potente, tagliente e altamente epico caratterizzato da un drumming compatto e quadrato, ma non eccessivamente statico, riff di chitarra possenti e senza troppi fronzoli ed una voce che è un buon ibrido tra il Metal God, l’alieno Udo e Chris Boltendahl . Volendo trovare dei riferimenti stilistici possiamo citare Jag Panzer, Grave Digger, i Judas Priest del dolore assassino e Vicious Rumors; insieme ad altre band meno note, ma altrettanto valide come gli stessi Attacker, i Tyrant e gli oscuri Medieval Steel. Il disco scorre con piacere per tutta la sua durata alternando epiche cavalcate a granitici mid-tempos su cui si staglia la prova vocale di Bob Mitchell sempre sugli scudi, anche se su alcune tracce ci si convince facilmente che a deliziarci i timpani ci sia l’ex singer degli Accept. Un buon esempio di questo è la prima traccia Death of the Horseman che anche nel sound ricorda da vicino una versione americana dei metaller tedeschi per antonomasia. Riff incandescente con il basso di LePond a dettare legge per l’ottima, anche nel titolo, Facemelter che con il suo incedere pachidermico non fa prigionieri. Echi di NWOBHM per un altro episodio molto valido: Rear Window con un riff al fulmicotone ottimamente supportato da un sezione ritmica incalzante e quadrata; un po’ meno efficace la seguente e chiaramente “priestiana” Inquisition in cui c’è però da segnalare un terremotate assolo di basso di Mr. LePond. Al settimo posto in scaletta troviamo in assoluto il miglior episodio di Skull 13 l’epica, in tutti i sensi, Epic (The Legend Retold) che con i suoi nove minuti porta l’ascoltatore in un grandioso viaggio carico di pathos e acciaio, alternando momenti riflessivi a cavalcate impetuose. Dopo il mid-tempo di Eternal Bridge, e la francamente poco convincente e superflua strumentale Mistery Waltz ci si avvia verso la conclusione del disco con Spiral Effect ancora granitica nel suo incedere grazie ad un riff tagliente e caratterizzata da una prova di Mitchell altamente espressiva. Skull 13 si chiude con Midnight, aperta “dolcemente” dal piano e dal basso, esplode dopo una trentina di secondi con un ritornello in scream alla Accept. Fino a qui si potrebbe parlare di un ritorno in grande stile degli Sleepy Hollow, ma i problemi si manifestano se si va ad analizzare il lavoro fatto in studio in sede di produzione. Volendo essere molto morbidi si potrebbe dire che in questa operazione “nostalgia” si è voluto mantenere anche il sound rozzo e cavernoso tipico delle release degli anni 80, ma la realtà che il suono per una uscita del 2012 è assolutamente insufficiente. I riff di chitarra escono dalle casse impastati e con poca nitidezza, la batteria, in particolare la cassa, suona come se fosse stata registrata in un garage e anche la voce non viene valorizzata come dovrebbe.
Skull 13 sarebbe un grande secondo album per gli Sleepy Hollow, se si gradisce il classico heavy/power a stelle e strisce, questo disco rappresenta un ascolto assolutamente valido con episodi di grande spessore. Il song writing è solido e abbastanza vario, con un’ottima prova da parte di tutti i musicisti del gruppo, con una menzione particolare per il grande Mike LePond che fa sentire il suo talento in tutte le undici tracce. Ciò che non convince e contribuisce a rendere decisamente più basso il voto finale è la produzione troppo caotica e amatoriale, un grande dispiacere perché con un lavoro in studio come si deve potremmo parlare di un come back da urlo, così invece ci troviamo di fronte ad una release assolutamente solida, ma con più di un rimpianto. La band però ha dimostrato di avere ancora molto da dire e speriamo che questa volta gli Sleepy Hollow non scompaiano di nuovo.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Death Of The Horseman 2. Facemelter 3. Black Passage 4. Bleed Steel 5. Rear Window 6. Inquisition 7. Epic (The Legend Retold) 8. Eternal Bridge 9. Misery Waltz 10. Spiral Effect 11. Midnight
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Line Up
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Bob Mitchell (Voce) Steve Stegg (Chitarra) Mike LePond (Basso) Tommy Wassman (Batteria)
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RECENSIONI |
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