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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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( 4256 letture )
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Mio nonno, il mio primo fan, ha sempre una richiesta per me; ogni volta che mi vede con lo strumento musicale in mano mi chiede con due occhi enormi: “mi suoneresti il brano che piace a me? Quello lì, America di Hengel Gualdi”. Puntualmente accolgo la sua richiesta e lui ogni volta che suono quel brano non riesce a trattenere le lacrime. Tutto gli fa ricordare suo fratello, partito tanti anni fa con la speranza di un futuro migliore e riuscendo nel proprio intento. Mio nonno ascolta questo brano che si chiama America e piange sempre. Non è tutta emozione sua, non è neanche tutta bravura mia e non è tutta la lontananza. Le emozioni, la solidità delle emozioni: le lacrime sono semplificate dal ricordo del luogo che ispira e ha ispirato grandissimi artisti, come il gruppo che ha lo stesso nome dell’album che recensirò. America degli America come quel luogo incantato, lontano un mare, dove ci sono ossigeno, terra e kilometri di emozioni. Il nucleo pulsante di questa band, i tre chitarristi, erano tutti figli di militari americani trasferitisi con la fine delle ostilità in Inghilterra. La loro crescita fisica e artistica avvenne in toto tra le mura anglosassoni. Qui tentarono con tutta la forza e la passione del mondo di diventare musicisti, perfino quando vennero ostacolati e sbattuti fuori di casa continuarono ad allenarsi e comporre all’interno di una macchina. Muniti di tre chitarre acustiche in nostri davano vita ad un folk molto energico con numerosi richiami del paese d’oltreoceano, lampanti sono gli echi delle armonizzazioni vocali di Simon & Garfunkel. Tutte queste suggestioni si unirono finalmente in qualcosa di fisico, nel 1971 venne alla luce America degli America. E non finisce lì. Dodici brani per una durata complessiva di 46 minuti, dalla lunghezza variabile tra i 2 e i 5 minuti. Sono tutti brani leggeri, da passaggio in radio, con struttura simile: strofa-ritornello-strofa-ritornello-chiusura con assolo. Il tutto curato nei minimi dettagli, dalle splendide armonizzazioni vocali agli intrecci con basso e batteria, incisioni e sovra-incisioni di grande fattura. Si inizia con Riverside, brano in pieno stile America, dal piglio silenzioso, mite. È quasi un intro al brano che verrà dopo, la strana Sandman che, pur conservando la giusta dose di sogno e nostalgia, mette un pizzico di brivido; tante emozioni stanno nei bambini e i bambini trovano sempre un motivo in più per sorridere ed impaurirsi. Sandman è così, come i bambini, dal incedere veloce e piacevole, piana di energia. Brano migliore del platter. Non è un caso se poco dopo vi imbattete nella traccia di nome Children, che esprime perfettamente le fiabesche atmosfere che creano e sognano i bambini. Come le storie che raccontano, storie semplici e strane. Strana è la storia del brano numero cinque. A Horse with No Name infatti nella prima edizione dell’album neanche c’era! Dopo il primo anno le vendite dell’album non furono un successo, mancava qualcosa che accendesse il tutto. Sono strane vicende quelle che possono portare una band alla ribalta. Gli America devono tantissimo a questa canzone, che, riproposta all’interno della seconda edizione, portò il gruppo in cima alle classifiche degli Stati Uniti. Here e I Need You riflettono due realtà ben distinte nonostante suonino tutte e due in modo simile. La prima è molto calma e pacata, quasi malinconica, riflette molto il modo di comporre in acustico delle band progressive rock come King Crimson, Camel e Rush. I Need You invece è parente stretta dei Beatles più sentimentali. Verso la fine spicca Donkey Jaw, con i suoi bellissimi assoli di chitarra all’inizio e alla fine e ad i suoi cambi di tempo. Sempre con la giusta compostezza, si capisce. America è un album nato con grandi aspettative, inizialmente tradite, che si è riscattato grazie alla miccia di una canzone come A Horse with No Name. La storia della musica, la sua evoluzione, è strana a volte e deriva da fattori imponderabili. Per fortuna, diciamo noi, visto ciò che ci ha regalato questo gruppo. Questo album fatto da questi ragazzi (Il più vecchio dei tre aveva solo vent’anni) è una gemma che non stanca mai, anzi, fa sognare sempre posti diversi con la nostalgia di quell’uomo che prima o poi raggiungerà un’oasi tutta sua, che ha sempre sognato. È un album ottimamente composto con canzoni davvero belle, con una costante qualità e compostezza. È un album impeccabile anche del punto di vista degli arrangiamenti e della produzione: tutto è fatto in modo da rendere preminenti le tre chitarre e gli altri strumenti di contorno, orpelli e fronzoli che aumentano l’enorme qualità del prodotto. Dagli arrangiamenti vocali di Simon & Garfunkel alle chitarre acustiche suonate come chitarre elettriche i nostri hanno saputo influenzare un immaginario come l’alternative rock dei R.E.M. e tanti altri che farà la storia del rock molti anni dopo questo capolavoro, se non ci credete basta ascoltare Pigeon Song, sorprendente. Basta ascoltarla e farsi trasportare avanti nel tempo, indietro nel tempo, in altri luoghi, fare quello che fa la musica. Musica che fa la musica; un po’ come America degli America.
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12
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Ok gli America, ma una Recensione di Simon & Garfunkel? |
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11
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Questo disco è di una semplicità disarmante, 3 chitarre acustiche, quanche tamburello e via tutto di armonie vocali e strumming. Questo album è magico. I successivi sono più elaborati, Homecoming il loro capolavoro, ma questo è il piu fresco, secondo me. |
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10
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A cinquantadue anni di distanza dalla sua pubblicazione, questo disco non ha perso il suo smalto. Ecco cosa significa il termine \"classico\". |
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9
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avevo 14 anni ........ a quella età si sogna ad occhi aperti, ed io......vedevo lontana lontana la west coast......questo album me la portava sotto casa....bastava scendere le scale.....aggiungo un grazie a questi tre ragazzotti (si con la ..o...). |
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8
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Dovrei dire grandi o immensi o qualcos'altro,ma non mi viene in mente nulla,è un album pieno di profumi,sembra di sentirli,c'è il deserto e i cactus e l'oceano e i piccoli motel e i gasoline di frontiera,c'è tutto l'immaginario che vi può venire in mente,ma diente di sdolcinato o melenso,è Musica con la m maiuscola,è il 1971 e tutto il resto a venire è ancora inesistente,lasciatevi accarezzare da un sogno che che non sarà mai più lo stesso.e amen. |
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7
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Hanno un non so che di magico le canzoni degli America. A Horse With no Name? Non aver mai sentito questo inno del rock equivale a provenire da Marte o essere stati segregati in un sottoscala per 40anni con i tappi alle orecchie. |
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6
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Degli AMERICA avevo il classico best of che ho realmente consumato. Ma x qualche ignota ragione non li ho mai approfonditi. Io adoro la West Coast. Per esempio di CSN (&Y) ho tutto l'interessabile. Ma anche MANASSASS, DOOBIES, EAGLES, S&G eccetera. Fino a che mi sono imbattuto in questa sentita recensione, ho letto la loro storia che non conoscevo. Guarda caso anch'io vivevo in una R4, proprio nel periodo del best of di cui sopra. Ed ho subito recuperato il tempo perso. Che gran disco mi stavo perdendo. Mi sono rivisto giovane, senza fantasmi, in giro x le strade del mondo, i miei boschi e le mie montagne, i miei torrenti e i miei laghetti, col mio zaino e i miei attrezzi, con il mio fuoco e i miei pentolini, la mia chitarra e la mia armonica, i miei amici e le mie storie. METALLIZED... Non date retta alle malevoci e continuate questa bella rubrica Low Gains, così chi è avezzo al metallo può scoprire altri generi, ma anche viceversa. Un saluto particolare ed un ringraziamento sentito al recensore e al suo nonno!!! |
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5
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io ci sento tanta west coast alla CSN&Y nei cori e nelle chitarre. disco a me sconosciuto, ascoltato d'impulso e che mi ha conquistato, grazie per la dritta |
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4
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Grazie della spiegazione, ora è più chiaro! |
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@Aelfwine..innanzitutto ti ringrazio per il commento e per i complimenti. diciamo che la linea che divide il country dal folk è molto sottile, sia in fatto di temi che in fatto di atmosfere (chitarre acustiche in primis). per quanto mi riguarda ci sono molti richiami country all'interno, ma sono atmosfere che colorano un substrato fatto essenzialmente da Folk. Continua a leggerci e grazie! |
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Lo conosco e ascolto da bambino, e tuttora non ho capito perché alcuni lo trovino speciale. Sarà una questione di probabilistica. Recensione molto bella, la prima parte mi ha fatto realmente capire com'è nata quest'opera. Solo una domanda... vedendo dappertutto pare che questo album sia una milestone del country... cosa c'entra la definizione "folk rock"? |
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A Horse with No Name è un classico immortale. Ma il disco nel complesso non è da meno. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Riverside 2. Sandman 3. Three Roses 4. Children 5. A Horse with No Name 6. Here 7. I Need You 8. Rainy Day 9. Never Found the Time 10. Clarice 11. Donkey Jaw 12. Pigeon Song
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Line Up
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Dewey Bunnell (Voce, Chitarra, Cori) Gerry Beckley (Voce, Basso, Chitarra, Cori, Pianoforte) Dan Peek (Voce, Basso, Chitarra, Cori, Pianoforte) Ray Cooper (Percussioni)
Musicisti Ospiti: Dave Atwood (Batteria nelle tracce 2, 6, 7, 11) Kim Haworth (Batteria nella traccia 5) David Lindley (Chitarre nelle tracce 2, 8)
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RECENSIONI |
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