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Mike Tramp - Nomad
( 1641 letture )
Il leone bianco torna a ruggire!
Al terzo album in tre anni, ritorna ancora sulle scene Mike Tramp che i più ricorderanno per aver prestato l’ugola agli storici White Lion e ai meno noti, ma altrettanto validi Freak of Nature. Il buon Mike, nonostante le poco simpatiche dispute legali con Vito Bratta, negli anni ha continuato a fare quello che ama: scrivere, suonare e cantare rock’n’roll. Dopo un buon numero di uscite soliste e non, sembra aver trovato una seconda giovinezza con un approccio molto diretto e senza fronzoli, che lo ha portato a pubblicare a distanza ravvicinata i più che buoni Cobblestone Street e Museum. Queste due uscite hanno fatto vedere un lato intimista e acustico della grande star degli anni 80 che forse non tutti si aspettavano, il nuovo approccio ha anche portato Mike ad affrontare un lunghissimo tour sia negli USA che in Europa, in completa solitudine accompagnato solo dalla sua chitarra. Dalle sue stesse parole il terzo capitolo di questa personale trilogia Nomad, va chiudere un ciclo e per l’occasione tornano a far sentire la loro presenza gli amati strumenti elettrici. In questa nuova uscita ad accompagnare il lungo crinito danese troviamo una band vera e propria, ma non c’è assolutamente da aspettarsi una sorta di nuovo album dei White Lion. Le sonorità di quell’epoca d’oro sembrano, per ora, essere state messe da parte in favore di un sound rock, poco hard, ma molto legato alla grande tradizione americana: polveroso, a tratti disincantato, ma portatore di un forte messaggio di speranza e libertà. L’intero album è permeato da un’atmosfera che ricorda un certo menestrello del New Jersey che tutti amano chiamare Il Boss, il collegamento è sia musicale, ma anche tematico vista la cura che Mike ha impiegato nella scrittura dei testi, assolutamente non banali che contengono alcuni messaggi molto forti.

Quanto scritto scopra è subito ben chiaro quando, premuto play, partono le prime note di Give It All You Got, di cui è stato prodotto anche un video: chitarre soft, ottimo sostegno dall’Hammond di Morten Buchholz, un bel ritornello arioso e un testo che invita a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà. Maggiormente incisiva la seguente Wait Till Forever, guidata da un bel riff (non troppo originale) che nel refrain si apre per lasciare spazio ad una melodia decisamente più easy, anche qui il testo è di buon impatto con l’invito a non aspettare all’infinito per vivere la propria vita al massimo delle possibilità. Counting the Hours prosegue nel solco della prima traccia senza però convincere nello stesso modo, cosa che invece riesce perfettamente alla successiva Bow and Obey in cui Mike si ispira allo stile di un tale cantautore folk nato a Duluth. La chitarra elettrica torna a farsi sentire in modo sempre sottile, ma efficace in High Like a Mountain dove, oltre allo splendido assolo posto a centro traccia e alla fine, sostiene in modo efficace tutto lo svolgimento della canzone. Un certo qual sentore di Leone Bianco fa capolino in No More, dove le tematiche “politiche” insieme al feeling generale rimandano direttamente agli anni 80, ma è solo un episodio; la successiva Stay ritorna sui binari canonici dell’album. Un riff elettrico e distorto, sostenuto dall’Hammond apre uno degli episodi migliori di Nomad: Who Can You Believe che come al “solito” nel ritornello lascia il posto all’acustica e al buon Mike che ammalia con le sua voce suadente. L’ugola del singer è protagonista assoluta anche della dolce Live to Tell in cui tutti gli strumenti adottano un approccio soft per dare risalto al vocalist impegnato a narrare una struggente storia. Il nostro eroe danese ci saluta con Moving On in cui guarda indietro ai propri errori, consapevole di non poter rimediare a molti di essi, ma convinto di voler guardare avanti e continuare.

I quarantacinque minuti di Nomad ci consegnano un Mike Tramp in splendida forma, se qualcuno poteva aver storto il naso per la svolta totalmente acustica delle uscite precedenti, in questo nuovo album troverà un po’ di amata “elettricità”, ma in dosi molto calibrate e mai eccessive. Chi invece aveva apprezzato lo sforzo del singer di allontanarsi dalla sua veste tradizionale per provare a fare e dire qualcosa di diverso, apprezzerà comunque questo lavoro che lo vede chiudere una trilogia, ma aprire una nuova fase della sua ormai trentennale carriera. In tanti fra le star-meteora degli anni 80 hanno abbracciato la formula di ripetere all’infinito quelle quattro o cinque canzoni che gli hanno dato la fama, cercando di rimanere aggrappati ad un successo che al 99% non tornerà mai più. Qualcuno ha invece provato a dimostrare a se stesso e al pubblico di essere capace di fare bene anche qualcosa di completamente diverso mettendosi in discussione e ripartendo praticamente da zero: Mike Tramp lo ha fatto con estrema umiltà e Nomad ci propone un artista che ha sicuramente vinto questa sfida. L’album di per sé non verrà consegnato alla storia della musica, ma è una prova sincera e convincente di un leone che ha ancora molto da dare.



VOTO RECENSORE
74
VOTO LETTORI
75 su 1 voti [ VOTA]
rocklife
Mercoledì 23 Settembre 2015, 13.36.42
1
per me rimane sempre una delle migliori voci nel panorama musicale....lo seguo dai tempi dei w.l......
INFORMAZIONI
2015
Target Records
Rock
Tracklist
1. Give It All You Got
2. Wait Till Forever
3. Counting The Hours
4. Bow And Obey
5. High Like A Mountain
6. No More
7. Stay
8. Who Can You Believe
9. Live To Tell
10. Moving On
Line Up
Mike Tramp (Voce, Chitarra)
Søren Andersen (Chitarra)
Morten Buchholz (Hammond)
Jesper Haugaard (Basso)
Morten Hellborn (Batteria)
 
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