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19/02/21
THE DEAD DAISIES
LIVE CLUB - TREZZO SULL'ADDA (MI)
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Steve Hackett - Wild Orchids
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( 5988 letture )
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The Lamb Lies Down on Brodway, Foxtrot, Selling England by the Pound. Chiunque abbia una vaga conoscenza della storia del prog avrà consumato la puntina del proprio stereo (se è un ascoltatare stagionato) oppure il meccanismo d'apertura del proprio lettore CD (se è un under 30) ascoltando e riascoltando quei lavori. Ebbene esce in questi giorni nei negozi l'ultima fatica di un tizio che ha avuto una parte fondamentale nello sviluppo di quelle architetture sonore: signori, Steve Hackett è tornato. La carriera solista di Steve ha esplorato territori molto variegati per ripresentarsi in questo ultimo scorcio di 2006 con quella che, in linea generale, possiamo considerare la sintesi di quanto elaborato in precedenza , presentando, oltre alla line-up d'altissimo livello citata tra i credits, anche la sua Underworld Orchestra di Metamorpheusiana memoria. Il risultato è un disco splendido, in cui gli amanti dei Genesis del periodo d'oro non faticheranno a ritrovare echi di antica memoria in alcuni arrangiamenti ed in alcune soluzioni armoniche, ma assolutamente contemporaneo nella scrittura e nella sua ricerca di atmosfere da world music con profonde venature classiche. Splendidamente prodotto e mixato Wild Orchids è un CD che semplicemente "và oltre", superando con classe le barriere di genere e situandosi con leggerezza in una posizione da cui osservare la grande maggioranza delle altre uscite da una posizione di superiorità culturale. Lo stile ibrido di Steve, figlio del suo autoapprendimento non accademico, conferisce come sempre un taglio personale al suo sound ed è ormai un marchio di fabbrica perfettamente riconoscibile del suo rock "da Cattedrale". All'interno di un disco con pochi cedimenti e che presenta i suoi momenti migliori nell'opener aggressivamente liquida Transylvanian Express, negli arabeschi indiani di Waters of the Wild; nella descrizione accurata del narratore psicopatico di Down Street; nella descrizione del travaglio interiore della suicida di To a Close; nelle atmosfere Jazzate di A Girl called Linda e, incredibilmente, nella cover (fatto assolutamente inusuale per Steve) del Bob Dylan (!) di Man in the Long Black Coat, che farà forse storcere il naso a qualcuno, ma nel cantare la quale Steve dà l'impressione di essersi molto divertito. Sono forse gli echi Zappiani miscelati sapientemente con soluzioni alla Genesis che pervadono To a Close, la cosa migliore di un album che forse non tutti sono in grado di apprezzare e probabilmente è proprio questa la sua qualità migliore. Per conto mio posso solo dire che se volete descrivervi come intenditori di musica, bhè, certe cose dovete almeno conoscerle.
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12
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Lo abbiamo detto, mi pare circa la cover di Dylan: si, forse è un fatto generazionale, musicalmente non mi ha mai detto nulla, discorso diverso per i suoi testi. |
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11
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Aderisco quasi totalmente alla recensione di Francesco tranne che per il voto (basso) e il pezzo migliore, anche se capisco la sua aderenza coi Genesis. Io forse, perchè ho qualche anno in più opto per la cover di Dylan, altro che storcere il naso. Provate voi a superare un classico! Però tutto il lavoro è superlativo: ditelo in giro che c'è ancora qualcosa di buono da ascolatre. |
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10
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Certo, i vecchi restano nella storia e questo disco non è e non vuole essere paragonabile, ma la classe non è acqua  |
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9
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Oddio,mi viene la malinconia.I MIEI GENESIS...non sapevodi questo disco,grazie.devo sentirlo anche se in ritardo.ma non cabia nulla perchè i vecchi restano nella storia...grazie. |
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8
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lieto che sia piaciuto a molti, a testimonianza del livello dei lettori di Metallized. |
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7
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credo di conoscere abbastanza dei genesis per poter dire che questa perla va assolutamente ascolatata in tutte le sue essenze di profumazione e colore. In certi passi sembra di rivivere vecchie e antiche atmosfere ormai quasi dimenticate. E' incredibile in tutta la sua bellezza. |
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6
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pur non amando particolarmente i genesis devo dire che i lavori solisti di steve hackett sono di alto livello e questo disco è veramente splendido, lo consiglio a chi ama il prog e non solo. |
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5
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un disco eccellente come gli ultimi 3/4 di hackett che sembra ormai in perenne stato gi grazia |
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4
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Premettendo che quest'album può essere considerato prog solo in parte, presentando influenze diversissime tra loro, questo ha avuto un ruolo importante nel definire la nostra musica così come la conosciamo oggi, pertanto va almeno conosciuto per sommi capi. Inoltre ci sono dei prodotti che, pur avendo poco a che fare col genere, vanno comunque conosciuti per qualità, a prescindere dal settore. |
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3
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Ciao Francè, devo dire che il fatto che vi occupiate (ovviamente compatibilmente con il carattere metallico della webzine) anche di artisti che non siano inquadrabili nel genere mi trova d'accordo e tu lo fai con estrema competenza. Il prog non rientra proprio tra i miei gusti, ma ciò non toglie che il tuo scritto possa far invogliare i lettori, me compreso, alla conoscenza di quest'album. |
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2
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grandissimo come sempre, album con una infinità di influenze ma marcatamente Steve Hacktiano fino all'ultima nota di un cd che va ascoltato più volte, scoprendo passaggi e armonie deliziose da avere assolutamente a prescindere dal tipo di musica che si ama di più |
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1
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Me lo devo procurare. Francesco difficilmente sbaglia. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Transylvanian Express 2. Waters Of The Wild 3. Set Your Compass 4. Down Street 5. A Girl Called Linda 6. To A Close 7. Ego & Id 8. Man In The Long Black Coat (Bob Dylan cover) 9. Wolfwork 10. Why 11. She Moves In Memories 12. The Fundamentals Of Brainwashing 13. Howl
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Line Up
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Steve Hackett - Guitars, Vocals John Hackett - Guitars, Flute Roger King - Keyboards, Guitars Nick Magnus - Keyboards Gary O´Toole - Drums Rob Townsend - Sax, Flute, Clarinet
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