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19/02/21
THE DEAD DAISIES
LIVE CLUB - TREZZO SULL'ADDA (MI)
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12/10/2015
( 2393 letture )
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Inutile negarlo. Dopo le pessime notizie riguardanti la salute di Jill Janus, almeno una parte della curiosità riservata dal pubblico al nuovo disco degli Huntress era dovuta proprie a queste. In realtà, però, di motivi per interessarsi a Static, questo il titolo prescelto per l’ultimo parto del gruppo dell’affascinante cantante, ce ne sarebbero molti altri. Gli Huntress, infatti, possono essere classificati come una cocente delusione o come un parziale spreco di talento, dato che il gruppo ha sempre dato l’impressione di avere i numeri per fare ottime cose, ma è anche sempre rimasto in rampa di lancio, incapace di andare oltre prove che vedevano in scaletta tre o quattro buoni/ottimi pezzi, mortificati dalla presenza di una serie di fillers o brani comunque non all’altezza. Non per nulla, i più considerano come loro miglior prova proprio l’EP di debutto, ossia un lavoro di tre pezzi, per complessivi tredici minuti e spicci di musica. Per quanto riguarda Static, ci troviamo di fronte praticamente alla stessa formula di sempre, quella riguardante una band che, volente o nolente, è identificata con la sua cantante e che si trova alle prese con il solito problema: l’incapacità di essere organicamente sullo stesso livello per un intero album. Le qualità canore di Jill sono ormai ampiamente note e Static non fa che ribadirle. Abbiamo quindi una voce di ottimo livello, usata per la gran parte del tempo in pulito, gestendo molto bene lo strumento-voce tra passaggi di tipo più normale ed altri in cui la nostra spinge con decisione sull’acceleratore senza mai perdere di credibilità, ma che quando decide di “sporcarsi” lo fa sempre con criterio, restando fedele al suo personaggio di sacerdotessa pagana del metal. Il resto della band fa il suo onesto lavoro, ma vedremo in chiusura quali sono i limiti dell’operazione.
Com’è ormai tradizione, il disco parte bene, con un paio di pezzi che non sfigurano se rapportati ai migliori presenti su Spell Eater e Starbound Beast, dato che Sorrow e Flesh ripropongono i soliti Huntress, magari un mezzo gradino sotto le migliori cose del passato, ma sempre piacevoli da sentire. Da qui in poi il disco comincia già ad incepparsi. Brian punta tutto sul pathos ed in teoria riesce ad essere un discreto pezzo, ma molto, molto di maniera. Sicuramente più efficace, nella sua semplicità, I Want to Wanna Wake Up, pezzo che dal vivo dovrebbe scatenare un certo coinvolgimento, poi, però, il manierismo riprende il sopravvento con il mood oscuro di Mania. Acceleratore al massimo con Four Blood Moons, ma, oltre alla velocità che ne fa un pezzo speed-metal, non c’è molto altro. Piacevole la canzone che da il titolo al disco, così come lo è (a parte i coretti) Harsh Times on Planet Stoked, ma non c’è nulla da fare, il vizio del manierismo torna prepotente con Noble Savage, canzone che lo è già dal titolo, del resto. A chiudere le danze ci pensa infine Fire in My Heart, classica closer che non modifica di una virgola l’economia di un disco che, oltretutto, suona anche un po’ meno potente degli altri e, forse, leggermente più mirato per il mercato americano. Da notare la possibilità di avere una bonus-track intitolata Black Tongue, dal testo ispirato ad un noto amaro che comincia per “Jäger” e finisce con “meister” e, laddove siate maniaci della band, anche un 7” in vinile contenente Vultures Can Wait.
Finito l’ascolto, quello che rimane è il consueto amaro in bocca (non quello di Black Tongue) che infastidisce quando si ascoltano gli Huntress. Band potenzialmente di prima fascia, cantante bella e soprattutto molto dotata vocalmente, capace anche di scrivere dei testi di buon livello se rapportati al contesto del gruppo (sono tutti suoi, infatti; e ci tiene molto, visto che le note di accompagnamento contengono solo quelli) ed anche personaggio, a suo modo, ma legata ad una mediocrità di scrittura della musica che solo di tanto in tanto è capace di elevarsi su livelli interessanti. Il fatto, però, a questo punto della loro carriera risalta purtroppo in misura maggiore rispetto al passato, abbassando la valutazione finale più di quanto avrebbe fatto se questo fosse stato un esordio. Quello che è sempre mancato e continua a mancare agli Huntress è qualcuno in grado di scrivere riff ed arrangiamenti di alto livello in modo costante in seno al gruppo. La pecca è purtroppo grave, se consideriamo che siamo ormai al terzo full-length e gli Huntress continuano ad essere una crisalide che non riesce a mettere fuori dal bozzolo che la sola testa, senza mai riuscire a spiccare il volo. Se prendessimo i quattro brani migliori di ogni loro album, ne verrebbe fuori uno veramente godibile, ma uno solo, ed avere ancora a che fare con un gruppo da exploit solo su distanza EP comincia ad essere troppo deludente. La prossima volta sarà definitivamente imperdonabile, ma lo dicevamo già nel 2013.
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6
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Questo è pessimo, sono d'accordo con Raven. Gli altri due avevano una non so che di promettente e un po' la band tutta con la front-woman così particolare secondo me poteva essere un'ottima proposta. Dopo tre album, e un terzo sicuramente inferiore ai primi due (che peraltro non erano top album), mi pare che abbiano fallito (almeno per ora) il salto di qualità e la scommessa sia quasi persa. In my humble opinion, ma vedremo in futuro... Evviva! |
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5
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Mamma mia, che votaccio!!!!! Preemsso che gli Huntress mi piacciono molto, fin dal primo disco (Spell Eater) che ritengo il migliore, tra i 3 finora prodotti, concordo con "Raven" in questo senso: 1) bella band, ottima cantante (dotata di voce fantastica, oltre che di splendida presenza) capace di scrivere bei testi; 2) al terzo album in studio, si dovrebbe fare il salto di qualità, cioè salire di livello ma, nel loro caso, non ci siamo ancora, perché non ci sono novità (sul piano stilistico e/o compositivo). Spero non rimangano la classica "promessa non mantenuta" perché sarebbe davvero un peccato. |
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4
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Gruppo insignificante. Cantante insignificante. |
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3
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Minchia Raven delle ultime 4 recensioni che hai fatto tre sono ciofeche. Cos'è un complotto  |
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2
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e cosa c'entrano, qui? Non si può valutare bene un disco perché altrove si fa peggio, questo può farlo chi ascolta, non chi critica. |
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1
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Io non me la sento di bocciare quest'album. Ci son delle ottime canzoni, la voce di Jill è spettacolare e l'album è ben prodotto e anche ben suonato. E' vero, manca di originalità e alcune parti son piatte e noiose ma con tutta la merda che c'è in giro preferisco di gran lunga ascoltare un album del genere, onesto e classico, che non quelle cagate di mix di metalcore o deathcore che davvero mi fanno ribrezzo |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Sorrow 2. Flesh 3. Brian 4. I Want to Wanna Wake Up 5. Mania 6. Four Blood Moons 7. Static 8. Harsh Times on Planet Stoked 9. Noble Savage 10. Fire in My Heart
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Line Up
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Jill Janus (Voce) Blake Meahl (Chitarra solista) Eli Santana (Chitarra ritmica) Tyler Meahl (Batteria)
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RECENSIONI |
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