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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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31/10/2015
( 1311 letture )
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Wenn du lange in einen Abgrund blickst, blickt der Abgrund auch in dich hinein.
Se tu scruterai a lungo nell’abisso, anche l’abisso scruterà te. (Friedrich Wilheim Nietzsche, Jenseits von Gut und Böse)
Howard Philips Lovecraft rimane, come il filosofo tedesco Nietzsche, una delle figure più intriganti e affascinanti della cultura Occidentale contemporanea. Partendo da questo presupposto è ben facile comprendere quanto semplice sia fraintendere e approfondire in maniera superficiale le loro opere, specialmente se queste devono essere riproposte nelle altre arti, quali la musica. I danesi Apparatus, giunti al loro esordio con questo Apparatus, si ammantano di tale superficialità e consegnano all’ascoltatore un caotico ensemble d’oscure trame che, inevitabilmente, tendono a perdersi e a confondersi tra di loro. Narrare tramite le note le immaginifiche parole dello scrittore di Providence, ammettiamolo, non è cosa semplice. Per quanto distante dai suoi maestri, Poe, che a mio avviso rimane ben superiore, e Lord Dunsany, molto più leggero nei toni e nella prosa, lo stile di Lovecraft, antiquato e classicista, rimane un autentico rebus interpretativo per un musicista per diversi motivi. Innanzitutto, da un punto di vista lirico è pressoché impossibile comprimere e livellare la sua ridondante prosa, incastonata in una quasi totale assenza di dialoghi diretti e un continuo susseguirsi di pensieri artificiosi, in modo da costringerla nelle rigide regole della metrica strofica senza distruggerne la profondità del pensiero. Prendiamo, ad esempio, un pezzo ispirato da un racconto di Poe, King of Terrors dei Symphony X, e uno ispirato dalle opere di Lovecraft, The Thing That Should Not Be dei Metallica.
KING OF TERRORS - Symphony X: I awake – without the sun, Encased in walls of steel; Terror so real – it blinds me.
Rancid darkness steals my breath. The Pit – on the edge of death: The wells of Hell know not my name.
… Awake again – paralyzed, I’m shackled to this altar, Sacrificed to their God.
‘Inch by Inch and Line by Line’ – The Blade – descending lost in time: The fiends of Doom they call my name.
Mi sveglio – non c’è il sole, rinchiuso in mura d’acciaio; un terrore così vivo mi acceca.
Rancide oscurità mi soffocano. Il Pozzo – sull’orlo della morte: i pozzi dell’Inferno non conoscono il mio nome.
[…] Mi sveglio di nuovo – paralizzato, incatenato a questo altare, sacrificato al loro Dio.
“Pollice per pollice – frazione per frazione” – la Lama – discendendo come persa nel tempo: i demoni del Destino mi chiamano.
THE THING THAT SHOULD NOT BE - Metallica:
Messenger of fear in sight; Dark deception kills the light.
Hybrid children, watch the sea, Pray for father roaming free.
… Crawling chaos, underground: Cult has summoned – twisted sound.
Out of ruins once possessed, Fallen city, living death.
… Not dead which eternal lie; Stranger aeons – death may die.
Drain you of your sanity; Face the thing that should not be.
Appare un messaggero di paura; l’oscuro inganno uccide la luce.
Ibrido figlio, osserva il mare, prega che il padre vaghi libero.
[…] Caos strisciante, sottoterra: il culto è stato convocato – un suono perverso.
Da rovine un tempo possedute, la città perduta, la morte vivente.
[…] Non è morto ciò riposa in eterno; strani eoni – la morte può morire.
Ti prosciuga della tua sanità; osserva la cosa che non dovrebbe essere.
Ispirata al più celebre racconto di Poe, Il pozzo e il pendolo, King of Terrors riesce a darci un’idea generale e, al contempo, personale della trama dello stesso. Il testo di Allen, infatti, riesce a sviscerare l’oscurità della prosa per rimettere, nel rigido schema metrico, il concetto della paura e del terrore, riuscendo, tramite l’esposizione dei sentimenti, a riallacciarsi e a rinarrare il racconto. Invece, se uno dovesse evincere dal testo di The Thing That Should Not Be cosa accada nel racconto La maschera di Innsmouth, si troverebbe quanto mai in difficoltà. Più sottile, asciutta e diretta, pure nelle sue componenti più preziose, antiche e classiciste, la prosa di Poe si presta in tal senso in modo maggiore a essere messa in musica rispetto al periodare complesso e artificioso di Lovecraft. La scomposizione, poi, del distico
That is not dead which can eternal lie, And with stranger aeons even death may die.
Non è morto ciò che può attendere in eterno, e con il passare degli eoni anche la morte può morire.
ne muta, su un piano grammaticale, il significato. L’omissione del modale nel testo di Hetfield distrugge l’idea della divinità ultraterrena che attende sognando, consegnandoci la lezione unicamente di un morto che può risorgere perché è in corso uno strano eone. Visti i problemi nella trasposizione della prosa dello scrittore di Providence nelle liriche di un testo, non è difficile immaginare quanto sia complesso, allora, ricreare la struttura caotica e oscura solo con le note. La musica, così come è descritta nelle opere di Lovecraft, è sempre disarmonica e amelodica, distante e ultraterrena. È profonda e primeva eppure completamente aliena al nostro sentire e ai nostri pensieri. In Poe è, invece, spesso specchio dell’intima follia dell’uomo che, distrutti gli schemi sociali, distrugge anche quelli musicali. Quindi, per approcciarvisi, sarebbe necessario ricreare un’ambientazione strumentale che ci sia estranea, lontana da quell’ordine e misura della classicità, ma anche dall’esotismo delle tradizioni arabe o medio-orientali. Non si tratterebbe, dunque, di distruggere la base classica della musica o di inserirvi citazioni da culture che noi occidentali siamo soliti definire come aliene e misteriose, quale quella egizia o le civiltà mesopotamiche, quanto piuttosto di ricreare completamente, all’interno della nostra stessa sensibilità, un sistema musicale nuovo e diverso. Un compito, come potrete immaginare, arduo e ai limiti dell’impossibile, con la sola The Call of Ktulu, sempre dei Metallica, in tal senso, rappresenta quasi uno splendido unicum in tal senso per forza, atmosfere e capacità di trascinare e coinvolgere l’ascoltatore. Da qui, riprendiamo il discorso su questo Apparatus e sulla band danese. Per tutto il disco scorre, infatti, vivo e pulsante, un futile desiderio di sperimentazione. Tuttavia, gli Apparatus sembrano procedere più per tentativi che seguendo una precisa idea musicale. Tutti i pezzi sono, nella loro interezza, veramente disturbanti. Il fatto è che questo disturbo, non è positivo, quanto piuttosto dovuto a una cacofonica e confusa idea che sta alla base del concept: un’idea di violenza veicolata per mezzo di una folle intenzione. Pezzi come Spheres, il seguente R’lyeh oppure King God, non rappresentano in alcun modo alcunché. Sono pure e semplici, vuote e nere prove di una pazza estasi musicale, il cui risultato, più che far atterrire l’ascoltatore, è quello di trascinarlo nel perverso e grigio mondo della noia. Non ci sono acuti di genere, canzoni che si differenzino o che emergano dal mucchio. La produzione, in tal senso, ha anche le sue colpe, contribuendo ad appiattire tutto a un rumore indistinto e indiscernibile alle nostre orecchie. Tuttavia, ed è bene sottolinearlo, la bocciatura scaturisce proprio dal fatto che questo sembra essere l’intento del gruppo danese, ovvero: partendo dalle frange più estreme di un death metal che, a tratti, vada a richiamare le forme più melodiche del black, aggiungendovi caotici stralci di pianoforte e sinistre atmosfere, creare un suono che potesse evocare nella nostra mente il pantheon di Lovecraft. Si procede, dunque, lungo binari di distruzione e di selvaggio cannibalismo musicale, senza, tuttavia, arrivare a una precisa conclusione e, cosa ben peggiore, senza avere una benché minima idea di cosa si stia facendo. Da qui, la bocciatura di questo Apparatus, da un punto di vista puramente musicale. Ma ovviamente, questa bocciatura, è anche a livello concettuale, e ci rimanda alla superficialità cui abbiamo accennato in apertura di recensione. Piuttosto, torniamo a quella superficialità con la quale si tendiamo ad approcciarci a un complesso sistema di miti e racconti, pensando di poterli comprendere alla base di una prima lettura oppure, cosa ancora peggiore, sulla base di un qualche stupido messaggio sovversivo. Non c’è molto da dire, in conclusione, su questo disco. Molto probabilmente, gli ho dato anche troppa importanza dilungandomi sulla difficoltà di trasporre le opere di Lovecraft in musica e focalizzandomi su un’analisi e su un confronto, superficiale e veloce, tra Poe e lo scrittore di Providence. Forse, mi perdonerete, volevo un po’ giustificare questo Apparatus. In ogni caso, non c’è molto da salvare né da giustificare: l’esordio del gruppo danese è dei peggiori. La speranza, ovviamente, è che, un diverso approccio, nel futuro possa portare frutti migliori e più gustosi.
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10
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Avant-garde death discreto e moderno, si rifanno un po' troppo ai Portal (ormai sono decine e decine le band a suonare questa musica) senza aver maturato, le qualità tecniche che richiede certa musica. Hanno modo di crescere a livello musicale e compositivo. In numeri, non vado oltre il 70. Dei testi me ne fregherei anche se ci fossero, sono talmente tanti i gruppi che parlano di Cthulhu e simili, che ne ho la nausea. |
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9
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@Nerone Metal italiano? Sono danesi... |
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8
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Questo disco va capito, è una matassa nera che non tutti sanno leggere bene. Per me un disco validissimo. |
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7
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Band della Madonna incoroneta! Strameritano!! Speriamo di vederli presto in tour, finalmente anche il metal italiano ha una speranza \m/ \m/ \m/ \m/ \m/ \m/ \m/ \m/ |
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6
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Sul serio 40 su 100? Per carità, non dico sia l'album più bello della storia, ma almeno una sufficienza piena secondo la meritano. Poi se ci sofferma sul discorso lirico concettuale ok, ma a livello musicale secondo me sono da ascoltare più attentamente. |
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5
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Ti ringrazio per la risposta, no va benissimo così, era per capire perfetto. |
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4
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Ciao Undercover ! Ti rispondo subito: per quanto riguarda la line up, Metal Archives, che ho usato come fonte per indicare l'autoproduzione del prodotto, indica quella che ha registrato il primo demo, dell'anno scorso, "Demonomicum", mentre non indica affatto quella di questo "Apparatus". Dal momento che, nemmeno sulla loro pagina Facebook, sono riuscito a trovare informazioni e che, a esplicita richiesta, non hanno rilasciato nomi e non hanno voluto confermarmi la precedente formazione, non ho voluto rischiare e ho messo "Sconosciuta". Per quanto riguarda la componente dei testi, sempre sotto richiesta, non mi sono stati forniti perché per scelta loro hanno deciso di tenerli nascosti, e, riguardo al concept, la risposta è stata la seguente (e testuale): "Worship the elder ones or die... or both!". Da qui, e da qualche scampolo di testo che sono (con immensa difficoltà) riuscito a comprendere, la mia critica di superficialità. Perciò, non l'ho campata in aria la cosa . Spero di aver soddisfatto le tue curiosità! Se avessi altri dubbi, scrivimi! Buona domenica |
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3
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Ci sono un paio di cose che non mi quadrano .. A) la versione recensita è quella digitale? Allora sì è autoprodotta, in caso contrario il disco è uscito sotto Lavadome. B) La line-up è sconosciuta? Non direi a meno che quella segnalata su M.A. non sia stata inventata di sana pianta e non mi risulta C) Il recensore ha avuto a disposizione il libretto contenente i testi? Perché su Bandcamp non ci sono allegati o si è basato su ipotesi campata in aria? Per quanto riguarda il voto, mah, mi sembra ingeneroso, però le motiviazioni fornite, almeno per quanto riguarda la componente musicale, le ritengo opinabili, ma valide. |
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2
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Ti ringrazio ! |
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1
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Queste sono le recensioni che mi piacciono, informative su più livelli ed interessanti da leggere anche isolando il fattore musica; kudos all'autore! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Sermon I 2. The Unreverberate Blackness of the Abyss 3. Spheres 4. R’lyeh 5. Sermon II 6. Dissecting Temporal Dimensions to Afflict the Abyss of Chronos 7. Miskatonic 8. King God 9. Sermon III 10. Prayer 11. Arkham
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