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19/04/24
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As I Lay Dying - Shadows Are Security
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21/11/2015
( 3738 letture )
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Un anniversario importante ci riporta in mente Shadows Are Security dei dismessi As I Lay Dying, uno degli album-manifesto della famosa corrente NWOAHM che, soprattutto nei primi anni 2000, ha scosso il metal mondiale grazie a uscite importantissime, firmate dai vari Killswitch Engage, Unearth, Darkest Hour e appunto AILD. Sotto l'egida della grandissima Metal Blade Records, il combo di San Diego tira fuori un album rabbioso ed efficace, potente e melodico, decisamente al passo coi tempi. Tralasciando le tristi e un po' ridondanti cause di ''forza maggiore'' che hanno portato al forzato scioglimento del gruppo nel 2014, con il leader maximo e cantante-scrittore Tim Lambesis finito temporaneamente in carcere, possiamo passare all'analisi in spettro completo di questo platter dall'alto tasso metallico.
È una mattinata qualunque in una San Diego primaverile. Sentiamo un rumore in sottofondo, simile a un fade-in. Un lento crescendo e poi una forte attività sismica. Trattasi dell'incipit indiavolato e nel contempo arrembante di Meaning in Tragedy, traccia di spessore che si apre con una chitarra solista concisa ed efficace per poi vomitarci addosso velocità, groove e rabbia. Quello che ci colpisce subito in positivo sono lo spessore ritmico e l'ossatura stessa della band, con il batterista-manager Jordan Mancino a tirare e tritare le fila dalla situazione, grazie a un drumming fantasioso ed eclettico inzuppato in una salsa agro-piccante di pura potenza senza compromessi. La doppia cassa triggerata ci spazza via con i suoni ben bilanciati, mentre i cambi di tempo e i ''chops'' del corpulento drummer lungo-crinito ci assalgono dall'inizio alla fine, facendoci perdere il controllo del corpo e scatenando involontari headbanging casalinghi d'effetto.
Capiamo e carpiamo subito influenze note, alcune moderne altre storiche, come le piccanti chitarre gemelle alla Maiden, i ceselli di scuola In Flames/At the Gates, ma riconfigurati sotto un aspetto decisamente groovy e brutale, ritmicamente parlando. Sì perché, se da una parte il lavoro melodico e solista ci accarezza regalandoci pura gioia da canticchiare sotto la doccia, il lato prettamente ritmico e ferale della band ci spazza via in una corrente continua fatta di nobili suggestioni cristiane, riff thrash e velocità costante, solo occasionalmente spezzata da gustosi rallentamenti e sporadici breakdown intelligentemente sparsi nell'arco della tracklist. Band cristiana ma mai banale, soprattutto nell'evoluzione stilistica (e lirica) intrapresa nel corso della carriera post-Shadows are Security, con album quasi sempre all'altezza delle aspettative. E se il successivo An Ocean Between Us rappresenta il picco compositivo e vario della band americana, questo album, seguito dell'acclamato debut album Frail Words Collapse, datato 2003 e primo passo professionale degli AILD dopo la semi auto-produzione di Beneath the Encasing of Ashes del 2001, convince dall'inizio alla fine. Bastano pochi anni per premere il pedale dell'acceleratore e scegliere una strada da seguire: il nuovo percorso porta fama e soddisfazioni, grazie a un contratto nuovo di zecca e al florido periodo della tanto vituperata, chiacchierata, amata e odiata NWOAHM.
Confined, primo singolo estratto, è un'altra evoluzione verso gli estremi. I blast-beat iniziali sono come un tornado in piena città: auto ribaltate, vetri esplosi e tanta confusione. Ma attenzione a non confondervi, perché è tutto caos controllato, imbrigliato e raffinato, esattamente come i cori e i contro-canti del bravo bassista Clint Norris, che ci conducono a un piacevolissimo ritornello da sing-a-long, con un alto potenziale rock. E se Losing Sight ci permette di rientrare in canoni più classici e derivanti dalla scena melo-death, il melodico giro chitarristico di The Darkest Nights (secondo singolo e video dell'album) ci permette di rifiatare, con una velocità di crociera più contenuta e melodiche parentesi da airplay. Ancora una volta confermiamo le doti canore del buonissimo Norris, così come l'interpretazione aggressiva di Lambesis e, in generale, di tutti i componenti, con un Mancino sotto sedativi per una manciata di minuti. Dopo quattro soli brani capiamo di trovarci di fronte a un album di qualità elevata, con un amalgama interessante e un bilanciamento nuovo/vecchio notevole. Il riffing combatto, le cavalcate ritmiche ispirate alla scuola inglese, le venature HC dell'approccio brusco e brutale del cantato gettano le basi per un futuro di album-fotocopia, band meteore e inutili polemiche. Ma mentre ci perdiamo, come spesso accade, in ricordi e immagini estrapolate dal passato remoto, la corta e ficcante bordata chiamata Empty Hearts ci spettina per bene, con il suo rifferama nervoso e thrash, supportato dall'ugola spietata di Lambesis, dal drumming fuori-portata e dagli assoli ben costruiti dal giovane e determinante Nick Hipa, chitarrista solista di ottima caratura e dal gusto melodico notevole. Prezioso tocco morbido e d'effetto che tenderà ad accentuarsi nelle successive release della band-madre così come nei ''nuovi'' Wovenwar. Il tocco del veterano Andy Sneap in cabina di regia si sente eccome, grazie a suoni puliti e cristallini, mai banali e mai fuori posto. Un compendium di potenza metallica e convinzione tecnica, che trasformano il meteorite incandescente di Shadows in un'infallibile bomba a orologeria. Senza girarci troppo attorno, dopo una ventina di minuti capiamo che, una volta terminato l'ascolto, schiacceremo nuovamente il tasto ''play'' per viaggiare ancora un po' insieme alla band statunitense, in preda ai vorticismi sonori e al loro rabbioso e strutturato metalcore a stelle e strisce. Dopo l'incudine di Empty Hearts, abbiamo il piacere di assistere a una sorta di mini-suite divisa in due brani inscindibili, ovvero quella Reflection / Repeating Yesterday che ci traghetta a metà del viaggio sonoro, in bilico tra rabbia, velocità, un innegabile pragmatismo derivato dal death melodico e sporche sorprese melodiche nella seconda parte del brano, sfumato con il vino e decisamente ben piazzato in scaletta. Se la prima parte richiama i fasti del precedente e convincente Frail Words Collapse, la seconda ci introduce qualcosa di violento e pacato nel contempo, con melodie soliste solenni e un fantasioso lavoro alle percussioni grazie a mister Jordan Mancino, veramente infallibile dietro il drum-kit. Le suggestioni drammatiche di Repeating Yesterday verranno sviluppate nel futuro, nel variegato An Ocean Between Us, ma anche nel successivo e tiratissimo The Powerless Rise, mentre la verve compositiva dei singoloni mangia-classifiche come Darkest Nights passano per il reparto iper-dinamico e groovy della rinomata Through Struggle, uno dei brani più amati dalle folle durante le esibizioni dal vivo. Il pezzo è capace di mettere d'accordo un po' tutti, grazie al sapiente uso delle parti cadenzate, ai break spezza-clavicola e all'immancabile ritornello senza paura, forza primaria di un album che gioca sul binomio potenza / aggressività, ma che non ha timore di osare un po' di più.
Senza re-inventare la ruota del metal estremo, gli As I Lay Dying del periodo ci ricoprono di lava incandescente, cinetiche esibizioni da vivo e, soprattutto, album di buonissima qualità. E se la frammentata forza metallica di The Truth of My Perception ci consegna un altro stellare assolo di Hipa, il math-core nervoso e atmosferico di Illusions conclude l'album nel migliore dei modi, interrompendo il mood e il modus operandi di Shadows are Security in favore di un approccio e un songwriting più libero e naif, denso e cupo. Via la forma-canzone, via le chitarre duellanti e via anche la melodia da stadio, in 6 minuti di muscoli e dissonanze ritmiche. Una chiusura un po' inaspettata ma sicuramente originale e, per questo, degna di nota.
43 minuti di musica in questo Shadows dalle inebrianti cromature grezze. Cosa rimane? Un gran senso di soddisfazione targata 2005, in un periodo di vulcanica attività per il metalcore mondiale, con la conseguente nascita di mille sotto generi più o meno derivativi, più o meno interessanti, più o meno discutibili. Sta di fatto che, dopo dieci anni, l'album in questione rimane sempre un gradito esempio di metal aggressivo, anche perché possiamo considerare questo tipo di ascolto come ''trampolino di lancio'' per le future evoluzioni della band, dal nuovo bassista-cantante Josh Gilbert, vocalmente dotato e piuttosto tecnico, agli inserimenti thrash tout-court di The Powerless Rise e alle influenze classic metal propriamente dette di Awakened, ultimo studio album della band uscito nel 2012.
Così, se è vero che "le ombre danno sicurezza'', noi possiamo tranquillamente affermare che anche gli As I Lay Dying sono stati una garanzia internazionale nel loro rispettivo genere (e non solo) per ciò che riguardava piglio, personalità, grinta e costruzione. Una band che speriamo di poter rivedere in azione, un giorno. Vi aspettiamo.
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14
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Quest\' Album mi è piaciuto abbastanza.. Anche la Voce, non mi pare così scadente come qualcuno ha scritto.. Nè più nè meno, come altre ascoltate di questo Genere. |
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13
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Uno degli apici dello swedish metalcore e il migliore degli As I Lay Dying. Fino a The truth of my perception è un album perfetto, le ultime tre solidissime anche se non al livello siderale delle altre. Chi ama il metalcore deve passare obbligatoriamente da questo disco. Voto 85-87. |
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12
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manca la rece del loro album migliore
the powerless rise secondo me! cmq questo è a quel livello anche se leggermente piu acerbo in produzione ..son album che riascolto sempre volentieri |
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11
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A me sto disco piacerebbe se non fosse per gli scream e la voce pulita che sono noiosi e monotoni ,e lo dico da grande fan del metalcore, questi non li ho mai digeriti apparte le ultime robe che preferisco di gran lunga .
piuttosto ascolto i bleeding through, i primi parkway drive, gli unearth, i killswitch e gli august burns red che a livello di scruttura sono 10 volte superiori e che rispetto a loro sono riusciti a tirare fuori le pietre miliari del genere . |
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10
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band eccezionale...gran bel disco....
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9
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Il loro milgior album, peccato si siano completamente persi per colpa di Lambesis. Unico album del genere che apprezzo davvero. |
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8
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Uno dei pochissimi dischi metalcore che possiedo e che apprezzo. Album molto bello, uno dei migliori del genere secondo me, qui la band era ancora un pò acerba ma la cattiveria e l'energia erano autentiche, non come negli album successivi. Voto 75 |
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7
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Voce abbastanza scadente, ma mi piace la sezione tecnica strumentale |
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6
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@Metaller nel cuore, conosco questo disco e qualche coretto c'è , per fortuna raramente, ahah. Non è il mio genere ma qualche pezzo non mi dispiace, merito delle influenze svedesi. Poi come al solito rovinano tutto in fase di produzione, con quel suono lì di "batteria"...va beh.... |
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5
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@jo-lunch: Non e' una questione di ripensamento, quanto piu' del fatto che il cantante e leader pubblico della band, Tim Lambesis, sia in carcere almeno fino al 2018, che e' un po' diverso! |
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4
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Non è propriamente il mio genere ma devo riconoscere che questa band è stata tra le maggiori protagoniste della scena metal core del 2000 . Grinta, tecnica , personalità in abbondanza, miste a una vena melodica non indifferente, rendono questo gruppo tra i più rappresentativi del loro genere. Possono piacere o meno ma sono dei gran professionisti spaccatimpani ed è un vero peccato che si siano sciolti. Speriamo che ci ripensino. E bravo anche Metalraw, mai banale nelle sue recensioni, è una cosa che apprezzo molto. Odio la monotonia. Arrivederci. |
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3
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Il mio preferito degli As I Lay Dying! Tim é veramente indiavolato e Jordan picchia sui tamburi come non mai, Hipa e Sgrosso fenomenali a costruire bei riff in stile Death scandinavo uniti a break down spezza collo. Bravo anche Norris nei pochi ma stupendi ritornelli melodici. Pur adorando i 3 album dopo questo, Shadows rimane davvero il mio preferito, c'era ancora una parte molto brutale nel loro stile. Bei tempi quando melodia e brutalità si univano con il cervello e non con stupide tastierine e chorus effemminati. Bello dall'inizio alla fine 85 |
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2
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Finalmente questa recensione! Il loro miglior disco, gran bella mazzata nei denti, nonostante sia Metalcore, mai banale o radiofonico alla "An Ocean Between Us", per intenderci. Losing Sight e Confined sono "capolavori" del Metalcore moderno, ovviamente nei confronti della qualità media del genere. 83 |
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1
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Non sono un amante del genere, ma questo disco e powerless rise li ascolto veramente con piacere. Voto 78 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Meaning in Tragedy 2. Confined 3. Losing Sight 4. The Darkest Nights 5. Empty Hearts 6. Reflection 7. Repeating Yesterday 8. Through Struggle 9. The Truth of My Perception 10. Control is Dead 11. Morning Waits 12. Illusions
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Line Up
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Tim Lambesis (Voce) Nick Hipa (Chitarra) Phil Sgrosso (Chitarra) Clint Norris (Basso, Cori) Jordan Mancino (Batteria)
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