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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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24/11/2015
( 3771 letture )
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Si può essere sulla scena da ben trentacinque anni ed avere ancora parecchio da insegnare a molte band in circolazione? Sì, se si è i Killing Joke: la storica band di Jaz Coleman e soci, che festeggia in questo 2015, per l’appunto, il 35esimo anniversario del proprio clamoroso esordio discografico, è infatti tornata sulle scene con un nuovo lavoro di inediti, intitolato Pylon. Come sanno bene i fan di questa camaleontica band, è impossibile aspettarsi a priori un determinato genere granitico dai londinesi: benché le coordinate sonore siano inconfondibili ed immediatamente riconoscibili, il quartetto ha mutato pelle più volte, districandosi indifferentemente, nel corso della sua lunga carriera, fra new wave, post-punk, gothic rock, industrial metal e sperimentazioni elettroniche. Un miscuglio imperdibile e tremendamente affascinante, che, se non sempre ha funzionato alla perfezione, difficilmente ha deluso in toto.
Pylon, edito sotto Spinefarm, non solo non fa eccezione, ma al contrario ci ripresenta una band più viva che mai, dopo qualche passaggio meno convincente udito in Absolute Dissent e MMXII, che erano comunque due lavori più che dignitosi. L’inizio è affidato alla martellante Autonomous Zone, la cui intro elettronica non vi inganni: chitarra e batteria colpiscono duro, in modo quasi ossessivo, benché vengano affiancate da brevissimi passaggi più ragionati. Se state pensando alla monumentale Hosannas from the Basements of Hell…beh, non siete troppo lontani dalla verità, anche se quella canzone resta inavvicinabile per bellezza. Il mood di quell’album, tuttavia, probabilmente uno dei migliori nella lunga carriera dei londinesi, permea in parte anche questo Pylon: Dawn of the Hive pesta di nuovo duro, ma la voce di Coleman fa da contraltare alla chitarra metallica di Walker, con una linea vocale eterea e sognante che non mancherà di affascinare i fan di lunga data della band; il vero pezzo forte di queste prime tre tracce, tuttavia, è New Cold War: post-punk fino al midollo, è animata da un riff mai invasivo, ma efficace e dalla solita, inconfondibile interpretazione del frontman; il testo, come è facile immaginare, è riferito ai venti di guerra soffiati nell’Est Europa a seguito della crisi ucraina. Forse è un po’ troppo lunga, ma resta un brano davvero ben riuscito. Veniamo dunque ad Euphoria, uno dei singoli che hanno anticipato l’album e che, come noto, prosegue sulla falsariga del post-punk più puro e presenta una strofa splendida. Non male questi signori ultracinquantenni, eh? Se però apprezzate maggiormente la pesantezza del sound, allora New Jerusalem, caotica e soffocante, fa decisamente per voi e ci riporta nuovamente ai bei tempi di Hosannas, con la linea vocale che ricorda parecchio da vicino quella della già citata title-track. Dopo un paio di brani interessanti, ma non brillanti come i precedenti, i Killing Joke tornano su lidi notevoli con Delete e I Am the Virus, nelle quali troviamo un il Coleman più ispirato e luciferino di tutto Pylon. A chiudere le danze, infine, provvede Into the Unknown, che è un po’ sunto di tutto ciò che abbiamo udito finora sull’album; niente di epocale, ma costituisce comunque una chiusura perfetta.
Come dicevamo, Pylon è un ritorno sul mercato decisamente sopra la media e costituisce, probabilmente, il lavoro più riuscito del combo inglese da nove anni a questa parte. I musicisti si esprimono al meglio della possibilità, districandosi fra momenti più metal, altri squisitamente post-punk e suggestioni new wave vecchi tempi, senza però mai perdere di vista la forma canzone ed offrendoci altre tracce di indiscutibile valore. Ci sono un paio di passaggi a vuoto e, in generale, la prima metà colpisce più della seconda, ma si tratta di difetti ampiamente messi in secondo piano dai pregi, ben più numerosi, che Pylon porta in dote. Bentornati!
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10
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Un capolavoro se consideriamo l\'età della band e la verve musicale che li accompagna da 40 anni e passa. Il miglior album dai tempi dell\'omonimo 2003. Andrò controcorrente ma Hosanna lo trovo decisamente confusionario, Absolut Dissent mi catturò ma per pochi mesi (dando via il vinile che avevo acquistato di un certo valore) e MXII non mi piace particolarmente. |
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9
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Ottimo lavoro per un’ottima band, l’ho consumato..Voto 85 |
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8
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Bello massiccio, una garanzia i maestri |
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7
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Gran bel disco, dalle sonorità piuttosto originali, potente e melodico.
Un solo grandissimo difetto: trovo che l’incisione, almeno su cd (non ho ascoltato il vinile) sia pietosa. L’equalizzazione è quasi totalmente impostata sui bassi che una compressione scellerata rende, purtroppo, terribilmente confusi; medi quasi assenti, voce ovattata e chitarre decisamente soffocate da un impasto orrendo.
Non so se siano le mie orecchie, ma faccio davvero fatica ad ascoltare questo album, altrimenti bellissimo. Voi cosa ne pensate? |
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6
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un disco molto bello, graffiante, duro, con riff molto belli e vocalmente potente grandi per me è stata un rivelazione questo album |
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5
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Disco semplicemente stupendo. Anch'io alzerò la media.. |
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4
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Maestri indiscussi! Lavoro davvero ben fatto. Alzerò la media dei voti. |
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3
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Molto apprezzati da chi ama hardcore e punk , non ho mai capito perché...o forse sono io che non sono mai riuscito a capire niente -non solo nella musica.....- |
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2
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Sì, gran bel disco (come sempre, o quasi) |
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1
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Ennesimo ottimo disco per una band realmente intramontabile che ha viaggiato attraverso generi diversi mantenendo la qualità artistica quasi sempre su livelli medio alti. Gli anni 2000 sono stati quelli del quasi metal, infallibili anche qui. Grandissimi. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Autonomous Zone 2. Dawn Of The Hive 3. New Cold War 4. Euphoria 5. New Jerusalem 6. War On Freedom 7. Big Buzz 8. Delete 9. I Am The Virus 10. Into The Unknown
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Line Up
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Jaz Coleman (Voce, Sintetizzatore) Kevin “Geordie” Walker (Chitarra) Martin “Youth” Glover (Chitarra, Basso, Sintetizzatore) Paul Ferguson (Batteria)
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RECENSIONI |
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