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19/04/24
GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
BAHNHOF LIVE, VIA SANT\'ANTONIO ABATE 34 - MONTAGNANA (PD)
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02/01/2016
( 2200 letture )
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I Godflesh possono essere definiti senza timore come una delle band metal più uniche e imprescindibili di tutti i tempi: fondati nel 1988 a Birmingham da Justin Broadrick (già chitarrista, dal 1985 al 1987, degli storici Napalm Death) e dal bassista George Christian "G.C." Green, grandi amici e già insieme nei Fall of Because, hanno avuto il grande merito di definire, insieme ai Ministry, i canoni dell'industrial metal. Se, però, la musica di Al Jourgensen e compagni era visibilmente influenzata dall'hardcore punk/thrash metal (evidente in alcune sezioni più veloci ed aggressive), quella dei Godflesh dell'EP omonimo e dell'esordio su full-length Streetcleaner era, invece, erede in particolar modo delle devastazioni sonore degli Swans del periodo pre-Jarboe (Filth e Cop), oltre che del post-punk industriale dei Big Black e dei Killing Joke. Il valore artisticamente immenso di questo duo inglese è dovuto, inoltre, alla creazione di uno stile così rivoluzionario e personale da diventare inconfondibile, la cui violenza inaudita non derivava dalla velocità esecutiva disumana (fattore su cui puntavano praticamente tutte le band metal di quegli anni per rendere brutale la propria musica), ma dalla cadenza ossessiva di scuola doom, scandita dalla drum machine, e soprattutto dai suoni alienanti e soffocanti (dissonanze di chitarra, feedback e urla sofferenti sono qualche esempio), figli della visione disillusa e nichilista di Broadrick della razza umana e del mondo in generale, conseguenza anche di una condizione familiare complicata che lo ha segnato psicologicamente.
L'influenza che questo complesso ha avuto sulla musica metal degli anni '90 e nel nuovo millennio è gigantesca e non è rintracciabile soltanto sul versante industrial, di cui comunque rimangono senza dubbio gli esponenti più eclettici e significativi, ma anche su quello dello sludge, del post, del drone e del nu, senza contare le svariate citazioni individuabili anche in territori estranei al metal: "Godflesh", di fatto, non è solo un moniker; "Godflesh" è un insieme di sonorità ben precise, è il nome che balza subito in mente quando si sta ascoltando un disco e ci si imbatte in quel particolare chitarrismo stridente e ipnotico, indiscusso punto di forza della band e segno distintivo di Broadrick.
Nonostante l'apice qualitativo sia stato raggiunto nel 1989 con Streetcleaner, anche negli anni '90 i Godflesh continuano a sfornare album di livello assolutamente elevato (l'altro capolavoro Pure -1992- e Selfless -1994- sono degli esempi lampanti). Dopo la parentesi Us and Them, 1999, incentrata maggiormente sulla sperimentazione elettronica rispetto ai capitoli precedenti, la band firma con la label Music for Nations e due anni dopo pubblica il sesto album in studio: Hymns, che annovera in line-up anche un batterista "umano", ovvero Ted Parsons, ex componente di act del calibro di Swans e Prong (com'era già avvenuto per Songs of Love and Hate -1996-, dove dietro le pelli c'era Bryan Mantia).
Hymns mette da parte la piuttosto ingombrante elettronica di Us and Them, com'è evidente subito dall'opener Defeated: lo sporco riff iniziale, dalla cadenza lenta e di chiara derivazione sludge (Iron Monkey su tutti), si protrae per poco meno di due minuti, per poi diventare più meccanico. Broadrick urla rabbioso le sue sentenze intrise di pessimismo e misantropia, mentre Green accompagna il tutto con il suo basso ruggente. Un brano, come se non fosse prevedibile, violentissimo, dove l'unico spiraglio di melodia si ha in dei brevi arpeggi verso la parte finale, incastonati nel classico e imponente muro sonoro godfleshiano. Deaf, Dumb and Blind, dal ritmo decisamente più incalzante, sembra una rivisitazione del sound del celebre esordio omonimo dei Korn (soprattutto per il riff portante) in salsa cybernetica. Le dissonanze di chitarra finali portano a Paralyzed, in linea con i precedenti due pezzi. In realtà, bastano anche i primi tre brani per capire che questi Godflesh sono ormai lontani dallo stile unico e disarmante di Streetcleaner e Pure: per quanto sia sempre presente il loro inconfondibile marchio stilistico, tutto Hymns è un lavoro molto più riff-oriented, molto più legato al metal "tradizionale" di qualche anno prima e, di conseguenza, più canonico e meno sorprendente (difetto accentuato dalla durata complessiva: più di un'ora e dieci, distribuita in ben 13 tracce). Quest'impressione è probabilmente dovuta anche alla presenza di Parsons, ovviamente più fluido e dinamico della drum machine: se da un lato questo non può che essere un fattore positivo, dall'altro priva la musica dei Godflesh di quella staticità e di quella sensazione di de-umanizzazione che solo una macchina riusciva a dare e che calzava a pennello con la loro atmosfera futuristica e apocalittica. Nonostante più di una canzone degna di nota (come Tyrant, Antihuman e l'eterea Jesu -per distacco il punto di più alto dell'intero lotto), Hymns appare quindi semplicemente come un discreto album metal in bilico tra industrial e sludge e con qualche spruzzata di post-thrash meccanico, con delle soluzioni sicuramente d'impatto ma che non aggiungono nulla a quanto già espresso dai Godflesh, con più mordente e profondità, in passato. Forse perché da una band simile è lecito aspettarsi di più.
A tutti gli effetti un album di passaggio, quindi; se non fosse che, alla fine del 2001, Green lascia i Godflesh, che l'anno successivo (dopo un primo tentativo di Broadrick di sostituirlo con il bassista di Killing Joke e Prong, ossia Paul Raven) si sciolgono incredibilmente. Da questo momento in poi, Broadrick darà vita a numerosi progetti personali, tutti accomunati dalla forte sperimentazione sonora (su tutti, Jesu -che prendono il nome proprio dall'ultima traccia di Hymns- e Greymachine), fino all'attesissima reunion con lo storico compagno nel 2010. "Lunga vita alla carne!"
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2
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Disco bellissimo che li riporta in carreggiata dopo il “minore” ed elettronico “Us and Them” |
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1
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Grandissimi! Scoperti solo ora!voto 89 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Defeated 2. Deaf, Dumb and Blind 3. Paralyzed 4. Anthem 5. Voidhead 6. Tyrant 7. White Flag 8. For Life 9. Animals 10. Vampires 11. Antihuman 12. Regal 13. Jesu
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Line Up
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Justin Broadrick (Voce, Chitarra) G. C. Green (Basso) Ted Parsons (Batteria)
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RECENSIONI |
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