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19/04/24
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C.O.P. UK - No Place for Heaven
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17/01/2016
( 1511 letture )
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Vediamo la vostra preparazione sulle basi del genere: da quale città provengono i Def Leppard? Ebbene, la storica band si è formata nel 1977 a Sheffield, Inghilterra. Proprio la città nella quale, nel 2005, si sono formati i C.O.P. UK, acronimo che sta per Crime Of Passion UK. Si potrebbe avere il dubbio che l’illustre predecessore abbia in qualche modo influenzato la storia di questa nuova band e la risposta è sicuramente un sì. I quattro musicisti hanno infatti iniziato un percorso all’interno della scena hard rock/heavy metal nazionale, che li ha portati col tempo a raccogliere le giuste attenzioni e qualche riscontro importante, in particolare nella figura di Byff Bifford, leader dei Saxon, che Ii ha scelti come gruppo di spalla per il tour estivo del 2011, nel quale i C.O.P. UK hanno avuto la possibilità di presentare il loro album di debutto, To Die For. Il prestigioso endorsement funzionò al punto da portare la band inglese anche sui palchi di alcuni festival, tra i quali Wacken e Bloodstock. Niente male per una formazione al debutto. A questo seguì la firma per UDR Warner, la realizzazione di un EP e, infine, la pubblicazione del secondo album No Place for Heaven, un disco che, è facile intuirlo, punta in alto, anche a livello di promozione.
Sappiamo che il Regno Unito attende ormai da anni di tornare ad essere il centro del metal mondiale, spodestato dall’enorme mercato statunitense e dall’arrembante mercato tedesco. E’ per questo che spesso e volentieri è lecito essere molto prevenuti nei confronti delle sperticate lodi che stampa e addetti riservano ai nuovi talenti nazionali al debutto o posizionati sulla rampa di lancio. Nel caso della band di Sheffield, esistono dei buoni presupposti, ma anche qualche evidente limite che ridimensiona gli entusiasmi. La produzione a cinque stelle di Sascha Paeth e il battage pubblicitario messo su dalla UDR non possono infatti nascondere la sostanza che compone questo No Place in Heaven. I Nostri ci propongono un classico hard’n’heavy molto melodico, ma non privo di qualche ruvidità, che li colloca per certi versi addirittura vicini all’AOR e per altri ad un tagliente heavy di maniera ottantiana. Un po’ Def Leppard, un po’ Lita Ford e, per essere una band inglese, il tutto suona dannatamente tedesco, tanto è quadrato, tetragono e palesemente orientato verso refrain ultramelodici e acchiappatori, stemperati da qualche riff più ruvido e da qualche discreta accelerazione. Niente insomma che non si sia già sentito mille volte, ma con la giusta attitudine e con qualche concreta freccia al proprio arco. Innanzitutto, la convincente e bella voce di Dale Radcliffe, sporca quanto basta, ma anche capace di grande calore quando serve e di una buona estensione, mantenendosi dotata di spessore anche quando portata al limite. In secondo luogo, una solida preparazione tecnica: niente di trascendentale, ma buon gusto e qualità esecutorie non sono affatto sgradevoli. Infine, una discreta credibilità nel proporre per la milionesima volta l’ennesimo cliché. E’ chiaro che chi cerca qualcosa di non sentito o comunque di vagamente originale, può benissimo fare a meno di loro. D’altra parte, chi invece apprezza melodia e ruvidezza, preoccupandosi più della bontà delle composizioni in sé, potrà dare una chance ai C.O.P. UK. Precisando che nel CD promozionale pervenutoci, la disposizione dei brani è diversa dalla scaletta riportata sul retro copertina, entriamo nel vivo del disco. La prima parte si concentra su brani di pronta presa e con qualche leziosità di troppo, sempre mantenendosi nei limiti del buongusto. E’ evidente come le levigature di Paeth aiutino a creare un sound rotondo e potente, senza per questo snaturare necessariamente un gruppo palesemente fatto per suonare dal vivo, ma forse con qualche enfasi eccessiva sui cori. Certo la linea ottantiana è sposata in pieno e basti la coppia iniziale The Core/My Blood come esempio di tamarraggine teutonic/britannic oriented, ma forse qualche spigolo in più non avrebbe guastato, con la ballad Kiss of an Angel e la titletrack/singolo a lambire invece lidi AOR e chiarire fino in fondo l’obbiettivo di questo album. Halo prova a rialzare i giri con un classico heavy d’arrembaggio e, col minimo sforzo, centra il bersaglio arrivando semplicemente al momento giusto. Seguono altri brani che più o meno confermano i pregi e i difetti della prima parte del disco, con l’eccezione di No Mans Land, che obbiettivamente si rivela una gran bella canzone, dotata del giusto pathos. One in a Million propone invece l’intervento dei sintetizzatori, qui usati in maniera più evidente che in altri episodi del disco, e fanno la loro comparsa anche qualche filtro vocale e un riffing più moderno, oltre al tellurico doppio pedale di Kev Tonge, il quale comunque non ne disdegna l’utilizzo in più di una occasione. Chiude Stranger Than Fiction, curiosa e trionfante traccia a-la Savatage che conferma quanto i C.O.P. UK abbiano buoni fondamentali e conoscenza del genere, sapendo prendere spunti dove occorre, senza inventare niente.
Siamo insomma al cospetto di un piacevole album, che ha il merito di non durare troppo e di non pretendere di essere qualcosa di diverso da quello che è. Un solido hard’n’heavy ultraclassico, ispirato dai grandi del genere, con dei buoni fondamentali e una buona voce a condire il tutto. I rari spunti modernisti poco aggiungono e nulla nascondono di quello che è il progetto revivalista messo in moto dai C.O.P. UK con tutto quello che una scelta del genere comporta. Rinuncia totale a proporre qualcosa di nuovo, adesione ai canoni, prevedibilità a mille appena stemperata dalle qualità di songwriting ed esecuzione, sensazione di già sentito a livelli stellari. Eppure, alla fine il disco funziona, non annoia quanto sarebbe preventivabile e pur macchiandosi del non trascurabile -e ulteriore- difetto di essere fin troppo levigato, mantiene una sua coerenza e una sua dignità fino in fondo. Una buona band di mestieranti, insomma, alle prese con una materia che conosce benissimo e sa rendere in maniera coerente. Si tratta chiaramente di un disco pensato e realizzato per colpire al cuore i nostalgici e cercare di raccogliere quanti più consensi possibili, puntando al mercato tedesco più che a quello nazionale. Il classico disco che trent’anni fa avrebbe dovuto aprire le porte del successo, per poi essere bissato da un convincente e maturo terzo album sfonda-classifiche. Difficile dire che ruolo possa avere oggi un album così. Non sono i salvatori del metal, questo è chiaro, ma fanno il loro. Se vi basta, vi sapranno intrattenere.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Core 2. My Blood 3. Kiss of an Angel 4. No Place for Heaven 5. Take It to the Grave 6. Burn Hell 7. Halo 8. Catch Me If You Can 9. No Mans Land 10. One in a Million 11. Stranger Than Fiction
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Line Up
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Dale Radcliffe (Voce) Charles Staton (Chitarra) Andrew Mewse (Chitarra) Henning Wanner (Tastiera) Scott Jordan (Basso) Kev Tonge (Batteria)
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RECENSIONI |
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