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Resurrection Kings - Resurrection Kings
28/01/2016
( 2122 letture )
Supergruppi si, supergruppi no? Sinceramente, da parte mia, sentirete sempre un evviva per i grandi musicisti con esperienza alle spalle, mestiere, doti tecniche e idee brillanti in canna. Questa premessa doverosa ben si attaglia a questi ragazzi, quartetto classico, voce, chitarre, basso e batteria, che provengono dalla California e svelano, dietro il monicker fresco di pacca, i profili di vecchi marpioni del mondo del rock tenace e tosto. Il tutto prende guisa dal talento chitarristico di un tale Craig Goldy, e chi non lo conosce, prima di fare il metallaro integrale e puro, farebbe meglio a consultare enciclopedie e trattati sul hard, invece di atteggiarsi a super esperto quando ha due dischi in casa di death metal e basta. Craig ha militato per tanti anni con Ronnie James Dio nei Dio, fornendo un contributo basilare allo sviluppo e al decollo di quella seminale band, con i suoi riff affilati e seghettati. Il tutto parte da dei demo che il nostro mette su nastro con l’autorevole singer Chas West già con Bonham, Foreigner e altri gruppi del circuito losangelino, e che impressionano l’etichetta Frontiers, la quale chiede al titolare del progetto di costruire una band per dare vita ad una release. Pronti via, il gioco è fatto, Craig chiama a se due volti notissimi e di grandi e gloriosi momenti, quali Sean McNabb già alle quattro corde con calibri come Lynch Mob, Dokken e Quiet Riot, e soprattutto l’amico di sempre e batterista terremotante quel Vinny Appice, già nei Dio e non solo, pestapelli quotatissimo e di indubbio valore. Il tutto viene completato dalla produzione del fido uomo-etichetta Alessandro Del Vecchio (Revolution Saints, Hardline, Rated X), il quale ha anche prestato la sua penna compositiva per completare il disco; inutile dire che il lavoro con i Revolutions Sants mi fa ancora agitare ora per la goduria suprema!

Copertina colorata, epica ed evocativa, poi si parte con la musica che pesca a pieni guanti dalle “centurie” del hard e del metal, ricordando a tratti brandelli di Whitesnake, quelli di “1987”, ibridi del combo dell’indimenticato Ronnie James, e qualcosa in bilico tra Led Zep, Rainbow e le power hard band degli eighties americani. La produzione è, al solito, ottima con una dinamica di suoni assai bilanciata che permette di ascoltare ogni singolo strumento senza velature o pastosità superflue: in qualche scampolo compaiono le tastiere che servono a rendere corposo e fluorescente il costrutto finale. Distant Prayer apre con una chitarra pompata e ipervitaminizzata che sorregge un cantato volitivo, cori profondi e un chorus che sa di classe e facilmente cantabile, solo dell’ascia di livello, insomma un inizio che non delude di certo, così come la seguente Livin' Out Loud, mazzata di batteria, riff class metal, bordate chitarristiche e voce potente, tutto molto Whitesnake alla Slip Of The Tongue, davvero un bel pezzo con una resa adamantina e adrenalinica. Stelle e strisce per atmosfere e mood fioriscono su Wash Away, l’ascia cavalca senza sosta, l’intonazione di Chas West è raschiante, saliscendi pieni di pathos e finezze strumentali completano questa terza botta che ha in se qualcosa di solenne, mentre Who Do You Run To splende come una perla ottantiana della Los Angeles tutta lustrini e composizioni dense e power, con una preziosa iniezione di memorie della band di Dio, il risultato è massiccio e consistente, i cori amplificano il concetto, insomma una sorta di compendio per chi quei momenti li ha vissuti solo di riflesso e tanti anni dopo. Fallin' For You scocca con le key in bella vista, poi batteria e chitarre squarciano l’aria con mazzate pesanti come i fumi di fonderia, chorus sincopato, metal allo stato brado, Never Say Goodbye si rivela una song ispiratissima con melodie consistenti, bridge e arrangiamenti efficaci che non riescono a tenere a freno la mano sfrigolante di scariche elettriche di Goldy che infarcisce, cesella e impenna con il suo strumento in tutto il playing del brano e nel suo intervento solista di buon impatto. Path Of Love è innervata da un riff muscoloso e una scansione tipica di Coverdale anche nella vocalità, solo lunghissimo e vario che premia ancora una volta Craig, poi giunge Had Enough, tirata e veloce con un’anima metallica che strizza l’occhio al grande Ronnie. Terzetto finale a chiusura del platter inaugurato da Don't Have To Fight No More, scampolo energico che mostra il nervo tosto del hard metallizzato, Silent Wonder si adatta al solco tracciato in tutto l’album senza fare una piega, conclude il timing What You Take con una chitarra a cascata e mai doma e un ritornello piacevole ma non eccezionale.

I Resurrection Kings non faranno gridare al miracoloso, non saranno la next big thing mondiale, nessuno può aspirare ad una carica tale di questi tempi, ma se cercate un equilibrato mix di hard e metal ben assemblato e suonato da musicisti con palle fumiganti, il tutto saldato a soluzioni accattivanti, questo CD omonimo fa per voi. Bentornato Craig Goldy e compagni d’avventura.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
74.4 su 5 voti [ VOTA]
sandrometal
Giovedì 4 Febbraio 2016, 21.32.25
5
a me questo album piace tantissimo.spero sia il primo di una lunga serie.
Aldo77
Sabato 30 Gennaio 2016, 10.39.43
4
Grande Album...si resuscitano, in parte, davvero i grandi di questo genere... Aspettando i Last in Line ...del grande Jimmy Bain !
terzo menati
Venerdì 29 Gennaio 2016, 12.35.41
3
Grande band che colma in parte il vuoto lasciato dal Ronnie. Sempre una certezza la botta di vinnie e un piacere il grande goldy
Frankiss
Venerdì 29 Gennaio 2016, 12.22.47
2
Thanks edward 64
edward 64
Venerdì 29 Gennaio 2016, 7.56.33
1
Gran disco .... ottima recensione.
INFORMAZIONI
2016
Frontiers Records
Hard Rock
Tracklist
1. Distant Prayer
2. Livin' Out Loud
3. Wash Away
4. Who Do You Run To
5. Fallin' For You
6. Never Say Goodbye
7. Path Of Love
8. Had Enough
9. Don't Have To Fight No More
10. Silent Wonder
11. What You Take
Line Up
Chas West (Voce)
Craig Goldy (Chitarra)
Sean McNabb (Basso)
Vinny Appice (Batteria)
 
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