|
19/04/24
GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
BAHNHOF LIVE, VIA SANT\'ANTONIO ABATE 34 - MONTAGNANA (PD)
|
|
Steelwing - Reset, Reboot, Redeem
|
07/02/2016
( 1674 letture )
|
Gli svedesi Steelwing dopo i due precedenti lavori (Lord of the Wasteland e Zone of Alienation) giungono al traguardo del terzo disco e lo fanno senza spostare di una virgola -o quasi- la propria proposta: heavy metal vecchio stampo sbattuto sul muso dei metallari del XXI secolo. La cosa può anche essere intesa da un certo punto di vista come una dimostrazione di fede del proprio credo musicale e quindi attirare le simpatie di un certo tipo di pubblico, ma come è noto una stessa medaglia presenta due facce che potrebbero portare anche alcuni svantaggi. I virgulti nordeuropei descrivono il platter come un mix di death, thrash, hardcore e punk -che sicuramente fanno la loro comparsa qua e là lungo i solchi del medesimo- ma alla fine dell’ascolto possiamo senz’altro affermare che, come detto, questo sia heavy metal sotto tutti i punti di vista. Ben suonato, a tratti convincente, sicuramente scritto con il cuore, l’LP risulta abbastanza impegnativo anche a causa del minutaggio delle diverse tracce che lo compongono.
Reset, Reboot, Redeem è un concept post-apocalittico che parte con un’intro affatto memorabile, la quale poi esplode nella title track, pezzo sì arrembante, ma che verso la fine sembra perdersi in un guazzabuglio sonoro -e soprattutto vocale- in cui le orecchie dell’ascoltatore faticano a trovare il bandolo della matassa; probabilmente si è voluta mettere troppa carne al fuoco e i continui cambi di ritmo alla fine risultano deleteri per il brano stesso. La voce di Riley cerca sempre di arrivare al limite, dando sfoggio di un’ottima padronanza delle proprie corde vocali, ma anche qui c’è un problema: zero varietà, note sempre altissime e urla in falsetto come se piovesse, ma il risultato è che alla fine le canzoni si somigliano un po’ tutte e la lunghezza delle medesime non aiuta certo la scorrevolezza dell’album; con questo non si vuole dire che per fare un bel disco i brani debbano essere per forza brevi -anzi- ma la sensazione è che se non si è più che ben disposti, si faccia fatica ad arrivare alla fine dello stesso. Strumentalmente i musicisti suonano in maniera ineccepibile e non mancano certo momenti più che positivi: We Are All Left Here to Die, probabilmente uno dei migliori brani dell’intero lotto, è una lunga cavalcata epica la cui parte finale -e relativo assolo- ricorda tanto quella di Fade to Black prima di sfumare con un arpeggio di chitarre acustiche, mentre una sorta di “sperimentazione” degna di nota è il cantato in lingua indigena della quarta traccia; di contro l’intermezzo “spoken” intitolato Network, per quanto funzionale alla narrazione della storia trattata in Reset, Reboot, Redeem, potrebbe risultare addirittura indisponente alle orecchie di qualcuno.
Sono chiarissime le band da cui i cinque traggono ispirazione (Åstedt è senz’altro un fan di Nicko McBrain, come si può ben intuire nella parte centrale della già citata title track) ed è palese che agli Steelwing non interessi risultare particolarmente innovativi né originali; un peccato perché, seppur si stia parlando di un concept album -una formula notoriamente di per sé impegnativa- con il loro potenziale avrebbero potuto osare di più. Ma del resto l’onestà della loro proposta è lapalissiana quanto sentita, e di questo bisogna dar loro atto.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
4
|
A me è piaciuto parecchio invece, pur non conoscendo i precedenti lavori. La voce del cantante è pazzesca per quanto è versatile, il sound generale è molto potente e ci sono ottime melodie. Le contaminazioni varie si sentono e trovo che rendano il lavoro più ricercato e meno banale. Su tutte cito Ozymandias e Architects of Destruction, veramente belle e dirette. Ottima la suite. Gruppo da seguire, che forse mai sfonderà ma che merita, per quanto mi riguarda. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Questo non l'ho ancora ascoltato...ma Zone of Alienation era davvero valido...Tornerò dopo l'ascolto... |
|
|
|
|
|
|
2
|
Qualche cosa do promettente nel primo disco, ma no sono mai riusciti a decollare .. |
|
|
|
|
|
|
1
|
Secondo me invece hanno osato troppo. Intendo dire che a differenza dei primi due dischi HM tradizionale al 100% qui hanno provato a inserire contaminazioni che rovinano il tutto. In particolare quelle urla gutturali che fanno pena in questo contesto. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
|
|
|
|
|
Tracklist
|
1. Carbon Waste Lifeforms 2. Reset, Reboot, Redeem 3. Ozymandias 4. Och Världen Gav Vika 5. Architects of Destruction 6. Network 7. Like Shadows, Like Ghosts 8. Hardwired 9. We Are All Left Here to Die
|
|
Line Up
|
Riley (Voce, Synth) Robby Rockbag (Chitarra) Alex Vega (Chitarra, Cori) Nic Savage (Basso, Cori) Oskar Åstedt (Batteria, Percussioni)
|
|
|
|
RECENSIONI |
|
|
|
|
|
|