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VOX CLUB, VIA VITTORIO VENETO 13 - NONANTOLA (MO)

Pat Metheny - Secret Story
11/02/2016
( 4576 letture )
Pat Metheny : uno dei più importanti chitarristi degli ultimi quarant’anni. Non solo importante, ma anche molto noto, non solamente nel suo ambito musicale di partenza, il jazz, ma anche al di fuori del ristretto circolo di amanti di questo genere. Non a caso, si tratta di uno degli artisti più spesso citati, e conosciuti, anche nell’ambito hard rock-metal, ambito un tempo caratterizzato da forte chiusura mentale rispetto alle differenti forme di espressione musicale, ma che, per fortuna, da diversi anni a questa parte ha dato origine a nuove generazioni di fans e appassionati ben più aperti a differenti stimoli e proposte.
Se la sua maggiore fortuna commerciale, e la fama che di diritto gli rimarrà per il futuro, si deve alle produzioni con il Pat Metheny Group, per lo più dedicate ad un solido jazz/fusion, è nei lavori solisti a suo nome che emerge tutta la sua poliedricità a livello compositivo ed esecutivo, sviluppando negli anni uno stile decisamente riconoscibile, fatto di dense orchestrazioni dove citazioni del contrappunto classico si fondono con ampie parti ibridate dalla world music, in special modo quella sudamericana.

Secret Story fa parte del suo lato solita, e maggiormente sperimentale: è un album del 1992, quindi vede : Metheny in una fase di piena maturità, visto che la sua carriera inizia nel lontano 1978, e mostra nelle sue numerose tracce (ben 19, le prime 14 pubblicate nella versione originale del ’92, le ultime cinque nella reissue del 2007) tutte le poliedriche forme espressive di questo grande artista. Si tratta di un progetto sontuoso che vede coinvolti oltre a membri della prestigiosa London Simphony Orchestra, numerosi ospiti come Will Lee, Steve Rodby, Charlie Haden, Anthony Jackson, Steve Ferrone, Paul Wertico, Gil Goldstein, Lyle Mays, e Toots Thielemans giusto per citarne alcuni. Da uno squisito punto di vista musicale, come sonorità l’album offre spunti di Jazz, New Age, Musica Classica, Rock, World Music: è un mix irresistibile di diverse influenze musicali che, in un certo senso, vengono ridefinite e ricostruite in una forma espressiva sempre nuova e fresca. E’ uno dei pochi album può essere ascoltato decine di volte senza stancare del tutto, in quanto è sempre possibile trovare quel passaggio nuovo, quella sonorità inaspettata, quell’arrangiamento elegante e raffinato capace di lasciare di stucco l’ascoltatore. Alterna passaggi epici ad altri scherzosi, tristi e felici, ma sempre con un’intensità di fondo capace di ammaliare.
In questo lavoro emerge il grandissimo talento di Metheny non solo come esecutore, questo lo si dà per scontato, ma soprattutto come arrangiatore e costruttore di melodie riuscite e non banali. Se infatti nei dischi del Pat Metheny Group buona parte del lavoro di arrangiamento è nelle mani del fido compare Lyle Mays, tastierista d’eccezione, qui invece è il chitarrista stesso che si incarica di produrre e realizzare un lavoro che stupisce per la ricchezza sonora e per le orchestrazioni degne delle migliori soundtrack da film. Sicuramente la collaborazione con la London Symphony Orchestra da un lato, e con lo stesso Mays dall’altro (sebbene quest’ultimo sia accreditato solo per la presenza in due tracce) avranno aiutato e contribuito; tuttavia rimane indubbio come siamo al cospetto di un artista non comune, colto in una fase di particolare eccellenza. Il disco, interamente strumentale, salvo alcune brevi tracce vocali, è talmente sfaccettato e ricco di sonorità differenti da farlo pensare come una ideale colonna sonora per un giro del mondo; e, forse, questo era proprio uno degli intenti primari del suo autore, data la ripresa di forme musicali etniche, provenienti da diverse zone del mondo, in buona parte delle tracce. Risulta pertanto difficile indicare quali siano i brani migliori, o più riusciti, di questo lavoro; proprio perché ciascuno potrà trovare le sue preferenze, esaltando e ammirando alcuni brani, e invece trovando insignificanti o poco appassionanti altri. Il nostro personale apprezzamento va al bellissimo mid tempo Facing West, impreziosito dal piano e dall’assolo synth di un ispiratissimo Lyle Mays, capace di esaltare le melodie del suo partner storico, a The Longest Summer, dotata di una linea melodica a dir poco commovente, alla solare Sunlight (uno dei brani più “canonici” e simili alla produzione del Pat Metheny Group) e alla lunga The Truth Will Always Be dalle atmosfere cangianti e malinconiche. Ma, ripetiamo, si tratta di un lavoro talmente sfaccettato che potrebbe essere giudicato in maniera completamente opposta da ascoltatori differenti.

Questa è anche la ragione di un voto apparentemente basso, rispetto alla descrizione riportata. Come tutti i lavori particolari, borderline (e questo è molto borderline rispetto ai gusti dell’ascoltatore medio di musica rock), deve essere ascoltato a fondo, e capito. Per gli appassionati, e per tutti coloro che riescono a “digerire” i dischi puramente strumentali, potrà assurgere a rango di capolavoro, e in tal senso è stato giudicato dai fans più affezionati del chitarrista americano, e anche da molti critici. Altre tipologie di ascoltatori potranno invece definirlo un disco in fin dei conti trascurabile, e in molte parti noioso.
Il consiglio è comunque di dargli più di una possibilità. Se si entra nel magico mondo di Metheny è molto difficile uscirne identici a prima: nuovi mondi inesplorati si potranno aprire e tutto ciò che si è ascoltato sinora non sembrerà più così interessante.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
94.92 su 13 voti [ VOTA]
Jimi The Ghost
Domenica 14 Febbraio 2016, 13.22.49
2
Per Pat non esistono più aree da scoprire, zone musicali da indagare e liberare in favore dei nostri sensi più reconditi. E' un artista radicalemte attento a quel legame che si instaura tra ogni singolo strumento e alle singole dinamiche sonore. In questi circa 80 minuti di suoni malinconici, meditativi, catartici, la musica di Pat è definbile "puramente orchestrale" e non "inutilmente sinfonica" come la critica lo definì nel 1992. (Una rivista molto nota di jazz definiì "una inutile esagerazione di suoni". Personalmente solo pensare che la London Symphony Orchestra sia una presenza ingombrante la dice lunga sulle critiche autorevoli. I brani mescolano il genere di quella simpatica e irriverente musica francese tipica degli anni 60, con scale esotiche e classicheggianti che, con i suoni di una chitarra in acustica in slow-ripple si mescolano, di volta in volta e abilmente, ai singoli stili di un numeroso e folto gruppo di ospiti. Qui Pat reinventa a modo suo la new age e la world music per creare quel mondo musicale, quel genere di musica empatica che nessuno ha mai trovato. Un caro saluto Jimi TG
Le Marquis de Fremont
Domenica 14 Febbraio 2016, 12.16.37
1
Ecco, avevo commentato su New Chautauqua come quello forse l'album solista che avevo ascoltato di meno di Pat Metheny. Questo, è invece quello che ho ascoltato di più. Proprio per la sua affascinante bellezza e per le molte sfaccettature, come sottolineato nella ottima recensione di Monsieur Lord Invader (complimenti). E' legato ad un periodo non proprio positivo della mia vita ma questa musica rimane assolutamente uno dei vertici della carriera del migliore chitarrista del mondo. The Truth Will Always Be su tutte. Au revoir.
INFORMAZIONI
1992
Geffen Records
Fusion
Tracklist
1. Above the Treetops
2. Facing West  
3. Cathedral in a Suitcase  
4. Finding and Believing  
5. The Longest Summer  
6. Sunlight  
7. Rain River  
8. Always and Forever
9. See the World  
10. As a Flower Blossoms (I Am Running to You)
11. Antonia 
12. The Truth Will Always Be 
13. Tell Her You Saw Me 
14. Not to be Forgotten (Our Final Hour)
15. Back In Time  
16. Look Ahead  
17. A Change In Circumstance  
18. Understanding  
19. Et si c’était la fin (As If It Were the End)  
Line Up
Pat Metheny (Chitarra, Basso, Tastiere)

Musicisti Ospiti
Gil Goldstein (Fisarmonica nelle tracce 4, 7 e 9)
Toots Thielemans (Armonica nelle tracce 8 e 11)
Lyle Mays (Piano nelle tracce 2 e 6)
Mark Ledford (Cori nelle tracce 3 e 4)
Akiko Yano (Cori nella traccia 10)
Charlie Haden (Basso nelle tracce 1 e 8)
Steve Rodby (Basso nelle tracce 4, 5, 6, 7, 9 e 11)
Will Lee (Basso nelle tracce 4, 6 e 12)
Armando Marçal (Percussioni nelle tracce 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 12)
Naná Vasconcelos (Percussioni nelle tracce 1, 4, 5, 1, 11 e 12)
Danny Gottlieb (Percussioni nelle tracce 3 e 11)
Paul Wertico (Batteria nelle tracce 4, 5, 7, 9, 10 e 11)
Steve Ferrone (Bateria nelle tracce 3, 4, 5 e 12)
Sammy Merendino (Batteria nella traccia 6)
Andy Findon (Flauto nella traccia 7)
John Clark (Corno francese nella traccia 9)
Anthony Jackson (Contrabbasso nella traccia 9)
Tom Malone (Trombone nella traccia 9)
Dave Taylor (Trombone nella traccia 9)
Dave Bargeron (Trombone, Tuba nella traccia 9)
Michael Mossman (Tromba, Flicorno nella traccia 9)
Mike Metheny (Tromba, Flicorno nella traccia 9)
Ryan Kisor (Tromba, Flicorno nella traccia 9)
Skaila Kanga (Arpa nella traccia 13)
 
RECENSIONI
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