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Ragnarok - Psychopathology
18/03/2016
( 1969 letture )
Dopo l’ennesimo sconvolgimento di line up che vede il drummer -nonché unico membro superstite della formazione originaria- Jontho per la prima volta assurgere al ruolo di frontman, cedendo il suo posto dietro le pelli a Dauden (già batterista dei Malignant), i Ragnarok ci presentano il loro ultimo lavoro, Psychopathology, licenziato dalla Agonia Records. Lasciata la produzione nelle sapienti mani di Devo, bassista dei Marduk, Jontho introduce il suo ultimo lavoro come il risultato della dedizione, del duro lavoro e delle capacità compositive della formazione e rappresentante inoltre il prossimo passo dello sviluppo creativo dei Ragnarok. Il redivivo demone norvegese sembrerebbe dunque esser scosso, tanto dal punto di vista della formazione quanto dal punto di vista testuale e stilistico, da un ulteriore sommovimento: del resto i nostri, perfettamente fedeli al caos che non mancano di riversare sugli ascoltatori ad ogni occasione, hanno fatto del magmatico e costante modellare in maniera peculiare il proprio sound un marchio di fabbrica, pur persistendo nella devozione al black novantiano. Non ci resta dunque che intraprendere l’esplorazione dei recessi della mente umana qui proposta, saggiarne l’impatto e scoprire se davvero, come dichiarato da Jontho nel presentare il disco, si tratti davvero della loro miglior release.

L’opener Dominance & Submission non delude le aspettative, facendo seguire ad una brevissima introduzione un assalto sonoro costituito da ritmiche serrate e metriche inarrestabili, sorrette dal drumming preciso e micidiale di Dauden. Questi elementi caratterizzano l’ossatura di tutte le tracce che, tuttavia, non sono prive di sezioni in cui la morsa dei Ragnarok si allenta e il sound si arricchisce di intriganti lead o, come avviene ad esempio in I Hate, di ricercate dissonanze arpeggiate.
Sebbene, come si è precedentemente sottolineato, le coordinate stilistiche della band siano piuttosto mutate nel corso degli anni, in questa release non è stato smarrito di certo uno spiccato gusto per la melodia, che sembra quasi riportarci ai riuscitissimi intrecci armonici di Arising Realm e Diabolical Age-. Esso pervade soprattutto la title-track che, nonostante sia sferzata da capo a fine da un riffing estremamente tagliente, sa regalarci uno dei refrain più efficaci del full-length, sostenuto da un interessante lavoro in tremolo picking. Soluzioni simili caratterizzano anche My creator, mentre tracce come Infernal Majesty, Lies e Blood mostrano, in particolar modo, come la band non disdegni gli accostamenti tra sezioni in mid tempos e ritmiche più veloci. E se Heretic e The Eight of the Seven Plague spiccano per un riffing ispirato e mai banale, massicci inserti deatheggianti scuotono il tessuto di Into the Abyss che, assieme a Dominance & Submission, è uno degli episodi più aggressivi dell’album. La conclusiva Where Dreams Go to Die ci presenta, per dir così, la summa di tutte le soluzioni sinora elencate ed analizzate caratterizzandosii anch’essa per l’elevato livello del lavoro chitarristico.

Al di là delle peculiarità evidenziate, le undici tracce che costituiscono Psychopathology si presentano piuttosto omogenee e caratterizzate da una struttura estremamente simile. Tale neo -che affetta in particolar modo la seconda metà della tracklist- rischia di rendere l’ascolto piuttosto faticoso e dare una sgradevole sensazione di già sentito, considerando anche la durata non esigua del disco. La performance vocale di Jontho rappresenta un ulteriore difetto della produzione essendo difatti infatti inficiata da una generale piattezza e da un’interpretazione non sempre incisiva la quale, tuttavia, viene bilanciata dalle meravigliose prestazioni di Bolverk e Malignant.

Psychopathology è, in ultima analisi, un lavoro caratterizzato da un songwriting maturo e consapevole - e, data la comprovata esperienza dei componenti della band, non potrebbe essere altrimenti - sebbene non sempre eccelso e scevro da sbavature. Oltre a ciò, pur non essendo di certo il miglior lavoro dei Ragnarok, costituisce una prova soddisfacente essendo - se vogliamo prendere in considerazione le release più recenti- inferiore a Collectors of the King, ma più valido dell’immediato predecessore Malediction. Acquisto obbligato per chiunque abbia seguito i Ragnarok nel loro tortuoso percorso dal 1994 ad ora, questo full-length rappresenterà una gradevole sorpresa anche per chi si accosta per la prima volta al controverso e inarrestabile combo norvegese.



VOTO RECENSORE
71
VOTO LETTORI
76.75 su 4 voti [ VOTA]
Punto Omega
Sabato 26 Marzo 2016, 10.09.50
2
Disco onesto che funziona bene. Jontho torni alla batteria e prenda un cantante.
Doomale
Sabato 19 Marzo 2016, 19.23.59
1
Questo gruppo me lo sono un po' perso...pero' devo dire che i primi due erano molto belli...anche se furono relegati in secondo piano dai capolavori di quel periodo. Ci vorrebbe una bella rece di Nattferd nei rispolverati...
INFORMAZIONI
2016
Agonia Records
Black
Tracklist
1. Dominance and Submission
2. I Hate
3. Psychopathology
4. My Creator
5. Infernal Majesty
6. Heretic
7. Into The Abyss
8. The Eighth Of The Seven Plagues
9. Lies
10. Blood
11. Where Dreams Come To Die
Line Up
Jontho (Voce)
Bolverk (Chitarra)
Malignant (Batteria)

Musicisti Ospiti
DezeptiCunt (Basso)
 
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