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Kadavar (GER) - Berlin
06/04/2016
( 2360 letture )
Gran parte della musica odierna sembra reggersi su un assunto di base: la difficoltà di trovare dei nuovi paradigmi e di mettere in discussione i vecchi, il vuoto artistico che non permette di andare oltre le fondamenta dell’espressione musicale prescelta e trovare nuovi orizzonti. Come per molte altre Arti, di conseguenza, si apre un periodo di sostanziale rifugio in un alveo che potremmo definire “derivazione” o “maniera”. Ovverosia, data l’impossibilità dichiarata di trovare spunti realmente nuovi e rivoluzionari, perché non tornare indietro ed andare piuttosto ad esplorare l’immenso patrimonio lasciatoci dai gruppi precedenti, alla ricerca di una propria via se non originale, almeno personale? Vera o sbagliato che sia questo assunto, su esso si fonda la carriera di tutte le band dedite al retrorock, quella particolare branca musicale che partendo dai successi revivalistici dello stoner, ha poi maturato una vena più vicina al rock delle origini, al garage, e perfino al punk, fino alle derive alternative, nel solco di quanto proposto ad esempio dai Monster Magnet e che ha portato al successo band quali Wolfmother e Rival Sons, piuttosto che Spiritual Beggars, The Answer, The Sword o Blues Pills. Un percorso che ha generato grandi entusiasmi e ottimi album, che però se calpestato da centinaia di band rischia di rivelarsi estremamente stretto e angusto, tale per cui questi gruppi se non dotati di forte personalità, finiranno per somigliarsi tutti e, di conseguenza, porteranno sé stessi e il pubblico verso una veloce saturazione del mercato, con la conseguente scomparsa della maggioranza degli uni e dell’altro.
I tedeschi Kadavar rientrano appieno in questa corrente e anzi ne rappresentano uno degli ensemble più talentuosi potenzialmente e anche uno di quelli maggiormente sotto i riflettori, grazie al contratto con la Nuclear Blast. La loro è una formula comune a quella delle altre band del genere: riff settantiani a profusione, atmosfera retrò, amplificatori valvolari vicini alla fusione, una latente componente psichedelica, stoner e blues, che si combina alla preponderante via hard rock, col cantato stentoreo e quasi urlato, al limite della stonatura, che ne caratterizza linee melodiche datate ma tuttora espressive e piacevoli e una sfrontatezza che spesso in questi casi si rivela arma in più. I tre non hanno perso tempo e in cinque anni hanno già fatto uscire tre album in studio e un live, arrivando con questo Berlin al fatidico disco della auspicata consacrazione. Che l’album porti il nome della città dei tre è già un evidente segnale di sicurezza nei propri mezzi, e i più attenti avranno notato che negli occhiali della protagonista, sulla lente sinistra, si riflette la scritta del famoso aeroporto di Berlin Tempelhof, che nelle intenzioni del Terzo Reich doveva diventare "la porta d'Europa" e a tal scopo venne interamente ristrutturato e ingrandito ed è oggi stato chiuso e trasformato in parco pubblico. Lasciando stare i particolari, in effetti non si può davvero negare che la band abbia tirato fuori l’ennesimo colpo a segno.

Il disco si apre col riff arrogante di Lord of the Sky ed è subito chiaro che i Kadavar non sono scesi in campo per fare prigionieri: concretezza e ritmo, tiro e feeling, orpelli zero. Solo hard rock psichedelico tagliente e carico di watt, a metà tra Wolfmother ed AC/DC, con la voce di Lindemann a declamare una linea melodica acchiappante come carta moschicida. Torniamo invece in puro terreno stoner/psichedelico con la seguente Last Living Dinosaur, caracollante e acida al punto giusto, con la chitarra a dettare tempi e andamento. Altro incrocio pericoloso tra Monster Magnet e Wolfmother con la successiva Thousand Miles Away from Home, dal bel giro iniziale. Più dirette e vicina al garage rock Filthy Illusion e See the World with Your Eyes, col loro giro che sembra provenire dagli Arctic Monkeys per essere poi sepolto dall’incedere psichedelico dei nostri e da due ottimi refrain. Nuova tonnellata di watt con Pale Blue Eyes ed appare evidente come il rock/blues di primaria derivazione dei tedeschi abbia tutta l’intenzione di entrare sottopelle all’ascoltatore. Discorsi che restano validi anche per la successiva Stolen Dreams che a metà regala una decelerazione sabbathiana da capogiro e l’idea che la produzione secca e scevra di eccessivi ritocchi, come se il disco fosse registrato in presa diretta, sia praticamente perfetta per la furia dei Kadavar. Spanish Wild Rose, alza il livello medio del disco, rivelandosi uno degli episodi più interessanti e ascoltando Circles in My Mind, sembra proprio che i tedeschi abbiamo deciso di tenere il meglio per il finale. La conferma arriva infatti con Into the Night, bellissima chiusura “ufficiale” e soprattutto con la bonus track Reich Der Träume, cover di Nico, cantante/sacerdotessa settantiana. Il brano si presta ad una rilettura acidissima e tormentata, che ne fa il vero apice emotivo dell’intera uscita. Peccato non sia considerato come parte dell’uscita ufficiale.

Berlin è un disco concreto e che fa della dinamica una chiave di volta vincente. La buona capacità della band di differenziare i brani, senza correre uno dei rischi maggiori del genere e cioè la sensazione di star ascoltando un unico flusso di suono, stordente di sicuro, ma altrettanto noioso alla fine, si rivela fondamentale per garantire piacere di ascolto lungo tutta la scaletta, che offre rari momenti di flessione. La formula a tre potrebbe diventare stretta, come ben sanno ad esempio gli Spiritual Beggars e i più volte citati Wolfmother, ma per adesso non sembra che i Kadavar debbano preoccuparsi di altro che continuare a macinare riff, polvere, sudore e chilometri. Di tante band che stanno cercando una loro strada lungo una via che appare di giorno in giorno più affollata e confusa, questi ragazzi stanno dimostrando di avere personalità e qualità per rimanere nel gruppo di testa e mantenere alta la tensione attorno alle proprie uscite. Certo, non ci hanno ancora regalato delle vere e proprie perle e non si può dire che i loro album possiedano qualcosa di imprescindibile, eppure sono dannatamente efficaci. Non è il primo gruppo che si nominerebbe parlando del genere, ma Berlin conferma la solidità dei tre e alla fine non resta che alzare il volume e attendere il domani per i conti finali.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
88 su 4 voti [ VOTA]
luca
Mercoledì 12 Ottobre 2016, 16.46.37
2
@Lizard
luca
Mercoledì 12 Ottobre 2016, 16.46.23
1
condivido il voto della recensione invece cosa ne pensi e quanto daresti agli album precedenti dei Kadavar(omonimo album e Abra Kadavar)?
INFORMAZIONI
2015
Nuclear Blast
Hard Rock
Tracklist
1. Lord of the Sky
2. Last Living Dinosaur
3. Thousand Miles Away From Home
4. Filthy Illusion
5. Pale Blue Eyes
6. Stole Dreams
7. The Old Man
8. Spanish Wild Rose
9. See the World with Your Own Eyes
10. Circles in My Mind
11. Into the Night
12. Reich Der Träume (bonus track)
Line Up
Christoph "Lupus" Lindemann (Voce, Chitarra, Basso)
Christoph "Tiger" Bartelt (Batteria)
Simon "Dragon" Bouteloup (Basso)
 
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