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Gorod - A Maze of Recycled Creeds
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07/04/2016
( 2982 letture )
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Tre anni dopo quel tornado (in termini di potenza e freschezza) che risponde al nome di A Perfect Absolution, i Gorod tornano più in forma che mai con la loro ultima fatica discografica. Il platter in discussione, ovvero il quinto full-length con questo moniker, oltre all'EP Transcendence del 2011, da non tralasciare in quanto portatore dei primi germi di quell'eclettismo tipicamente progressive, portato avanti nell'album successivo è giunto ora ad esiti inaspettatamente prolifici: la differenza tra tech death e prog death è sottile dopotutto, ma la linea di demarcazione non si è mai fatta percepire così spessa come in A Maze of Recycled Creeds. Dove molti hanno tentato, sovente senza successo, lì i Gorod sono giunti, hanno issato la loro bandiera e di là sono già partiti a colonizzare nuove terre, ancora inesplorate.
Dopo Air de l'Ordre, intro di 56 secondi, tratta dall'omonimo primo movimento della composizione Trois Sonneries De La Rose+Croix del pianista francese Erik Satie, funzionale alle esibizioni live, oltre che a rendere ben disposto l'animo dell'ascoltatore, si parte in quarta con Temple to the Art-God. Il brano che fa l'occhiolino ai The Faceless dei tempi di Autotheism, possiede un ritornello che non tarda a rimanere fisso in mente: si mette subito in luce la precisione chirurgica e devastante di Karol Diers, dietro le pelli al posto di Sam Santiago. Si cambia brano ed anche registro, il duo Pascal/Alberny non lascia prigionieri e Celestial Nature si scatena, assieme all'insolito quanto azzeccato scream di Deyres: ma non c'è tempo per abituarsi, i cambi di tempo e ritmo sono all'ordine della battuta e non resta altro da fare che lasciarsi rapire dal muro sonoro che si abbatte sull'ascoltatore.
E quando pensi che nulla possa sorprenderti di più, Inner Alchemy si apre con ariosi arpeggi e un sottofondo sinfonico quantomeno singolare, ma è questione di secondi e si torna a cavalcare l'onda del nuovo corso dei Gorod. Segue The Mystic Triad of Artistry e se ancora era rimasto un po' di fiato in fondo alla gola, a mozzarlo del tutto ci pensa il poderoso tappeto ritmico creato da un chirurgico Diers e da un ispirato Claus, valorizzato dalla produzione (doveroso segnalare i casi virtuosi in cui si renda giustizia, a buon diritto, al povero basso). È il turno di An Order to Reclaim e i nostri non sembrano voler nemmeno accennare a levare il piede dall'acceleratore; sfuriate forsennate si alternano a pause quasi innaturali: l'orecchio non sa chi seguire, è disorientato da mille note scagliategli contro da ogni dove, sta per cedere, ma ecco un intermezzo parlato dagli echi doom per far respirare il cervello; c'è tempo per un altro giro, prima che la giostra si fermi per far salire altri passeggeri, nostri compagni in questo ascolto.
Ma li conosciamo già, tanto vale chiamarli per nome: blast beat e riff paragonabili al vetrocemento, tanto robusti quanto trasparenti nel loro infinito sperimentalismo; From Passion to Holiness è una fucina, dove fabbri sudati battono il ferro per poi raffreddarlo in acqua gelida: la tempra è della miglior qualità e così è anche il poliedrico cantato (e parlato) di Deyres. Ma il meglio deve ancora venire: Dig into Yourself irrompe in un turbinio irresistibile che non lascia scampo alcun all'ascoltatore, già provato da una tale dimostrazione di potenza. C'è spazio per una trentina di secondi di calma, ma non è che la quiete prima della tempesta. Volendo impostare una proporzione, Rejoice Your Soul sta a A Maze of Recycled Creeds come Varangian Paradise sta a A Perfect Absolution: entrambe penultime tracce dei rispettivi album, entrambe con la medesima e spiccata attitudine alla ricerca di nuove forme espressive. Ma c'è tempo per un'ultima folle corsa: Syncretic Delirium è il titolo perfetto per un brano in cui gli strumenti si sovrappongono l'uno all'altro in un inarrestabile crescendo finale, che chiude il sipario sull'ultimo lavoro di una band che si dimostra capace di superarsi ogni volta e di raggiungere vette sempre più elevate ad ogni album.
Lungi dal tradire le proprie radici, con A Maze of Recycled Creeds il quintetto di Bordeaux raggiunge un livello di elevata maturità artistica, forse ancora da limare in fatto di coesione tra i vari riff, che comunque, nonostante il numero elevatissimo, si distinguono per groove ed originalità fuori dal comune per un genere a rischio di fossilizzazione quale è il tech death dagli anni '90 ad oggi. Degna di menzione è anche la già citata produzione, pulita tanto da valorizzare al punto giusto ogni singolo componente e, per una volta, lontana dalla loudness war, a parere di chi scrive tra i più grandi mali della moderna industria musicale. Tutti gli indizi portano a concludere che i Gorod attuali siano in uno stato di grazia che non incontra molti rivali ed a poter ragionevolmente sperare che la loro carriera produca opere ancora migliori in futuro.
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7
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Neurotripsicks è l'album death metal perfetto, a quando la recensione? |
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6
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Disco davvero bello, uno dei miei preferiti dello scorso anno. Sono comunque una band personale e riconoscibile, e hanno un groove devastante tra le varie influenze "importanti" (quando si mettono a funkeggiare vado in brodo di giuggiole). Forse non lo reputo proprio al livello del precedente, ma comunque poco sotto. |
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5
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Bel disco, molto tecnico e devastante. Per i miei canoni di giudizio 90 mi pare davvero troppo e comunque leggermente sotto a prefect absolution che ritengo da 82, quindi questo è da 78. |
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4
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Riascoltato ieri sera invogliato dalla recensione, confermo il mio parere positivo. I ragazzi hanno compiuto il passo decisivo verso uno stile prog death ipertecnico, mantenendo intatto il gusto per i passaggi di stampo jazz. Tuttavia secondo me non raggiunge il precedente che è un capolavoro: qui la trame sono divenute ancora più complesse e ciò ha reso meno fluida la struttura dei brani (Temple to the Art-God per citare un esempio). Ci sono episodi splendidi come Celestial Nature, Rejoice Your Soul e Syncretic Delirium e la qualità è elevata in generale, ma manca la magia e sopratutto la fluidità di brani come Birds Of Suplhur o The Axe Of God. Probabilmente si tratta di un album destinato a crescere con gli ascolti, mentre il precedente era più immediato. In ogni caso ottimo album e band che si conferma come una delle realtà più interessanti del panorama. Voto 83 |
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3
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Minchia 90. A parte un paio di cose non mi sono mai sembrati così trascendentali; vedrò di sentire quest'ultimo |
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2
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Therox68@ tranquillo non sei il solo! Sebbene io lo reputi inferiore al precedente, che è stratosferico. |
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1
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Cominciavo a credere di essere uno dei pochissimi a cui piacesse questo disco. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Air de l'Ordre 2. Temple to the Art-God 3. Celestial Nature 4. Inner Alchemy 5. The Mystic Triad of Artistry 6. An Order to Reclaim 7. From Passion to Holiness 8. Dig into Yourself 9. Rejoice Your Soul 10. Syncretic Delirium
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Line Up
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Julien Deyres (Voce) Mathieu Pascal (Chitarra) Nicolas Alberny (Chitarra) Benoit Claus (Basso) Karol Diers (Batteria)
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