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Moonreich - Pillars of Detest
13/04/2016
( 1648 letture )
Terzo full-length per i francesi Moonreich, band che dal 2008 si è mossa tra i lidi di un black metal violento, ma discreto gusto sperimentalista. Leader ed unico membro fisso il cantante e chitarrista Weddir, che con il suo scream a metà tra il black e l’hardcore riesce a dare alle vocals una sfumatura ancor più aggressiva. Ma non è solo la sua voce a caratterizzare in modo univoco il sound di questo combo: dalle prime note dell’opening track Ad Nauseam, si nota subito un missaggio di gran lunga più pulito rispetto alla maggior parte delle altre produzioni di simile caratura. Ciò fa emergere notevolmente le linee di basso, messe allo stesso piano dei blast beat e dei riff, e fa in modo che il suo suono pulito dia una certa pienezza e ampollosità ad ogni passaggio. In tale brano si riscontra inoltre quello che diventerà il leitmotiv di tutto il disco: i continui cambi di tempo. Questa particolare scelta stilistica dovrebbe servire a rendere l’opera in questione più variegata e multiforme, ma in realtà contribuisce in maniera fondamentale al suo fallimento.

Nonostante le ottime premesse, infatti, il lavoro in questione soffre di una patologia relativamente comune tra i dischi della corrente più avanguardista in ambito black, ovvero lo sperimentalismo fine a se stesso. Nel disco sono difatti presenti singoli momenti che sembrano sussistere per il solo gusto di mostrare all’ascoltatore qualcosa che egli non abbia mai sentito, stupendolo all’improvviso. La cosa non è grave di per sé, anzi, ma il continuo ripetersi di una simile caratteristica, da in breve riflettere sul vero valore del disco.
Pillars of Detest si rivela quindi essere un prodotto amorfo, un calderone nel quale sono stati buttati elementi progressive, doom, hardcore e addirittura ambient in modo chiaramente superficiale, senza preoccuparsi di farli coesistere in modo concreto e coeso.
Sarebbe da ipocriti negare che, in mezzo a un tale marasma di composizioni, neanche una sia valida: ci sono dei momenti (come nella seconda metà della titletrack) in cui si può godere di una struttura equilibrata e in cui i cambi di tempo non sono così fastidiosi. Il problema principale è, tuttavia, che in queste sezioni viene a mancare tutta la componente scenografica (fondamentale nella buona riuscita di un qualsiasi lavoro black): il pathos è già stato seppellito sotto tonnellate di riff sincopati al limite del djent, e nei momenti in cui dovrebbe emergere fallisce, in quanto non ha la forza di imporsi nelle orecchie dell’ascoltatore. La traccia di chiusura, Death Winged Majesty risulta essere la migliore del platter: essa presenta infatti una sezione ripetuta due volte, con dei crescendo svolti magistralmente dalle chitarre, e un finale con dei brevi intermezzi di batteria e di voci campionate che si interrompe in un modo tanto improvviso quanto piacevole, sintomo che la band in questione presenta comunque un certo gusto nel songwriting, e che il vero problema non siano le loro capacità, ma il modo di approcciarsi ad esso.
La ricerca spasmodica dell’originalità usata come mantra non sempre porta a dei buoni risultati, e questo Pillars of Detest ne è un chiaro esempio: un disco unico nel suo genere, ma inevitabilmente noioso, proprio come i quasi 5 minuti della centrale Sheïtan. Questa traccia va in controtendenza rispetto alla direzione presa dalle altre: si basa infatti su un solo riff (purtroppo non particolarmente interessante né peculiare, figuriamoci poi se ripetuto per tutto il brano), sorretto da vari abbellimenti di chitarre e batteria. Probabilmente lo scopo di questo pezzo è quello di generare una qualche atmosfera demoniaca tramite la ripetizione ossessiva di una melodia (Sheïtan è, dopo tutto, una parola araba traducibile con “Satana”), ma il risultato che ottiene è di far crollare completamente l’attenzione di chi ascolta. Quello è senza dubbio il momento peggiore del disco, in quanto rappresenta l’ennesimo tentativo di sperimentazione senza senso, a vuoto, difficilmente comprensibile dall’ascoltatore.

In definitiva, il giudizio su Pillars of Detest non è sufficiente, nonostante sia piuttosto triste dover bocciare un tentativo di avanguardia in un genere dove moltissimi altri gruppi sguazzano nel “già sentito” e nell’eccesso di convenzionalità. Purtroppo non è abbastanza avere buone intenzioni o dimostrare buona tecnica, se poi a livello compositivo sussistono ancora delle gravi lacune. I Moonreich restano in ogni caso una formazione da tenere d’occhio: magari in futuro i transalpini riusciranno a correggere il tiro e diventare una realtà paragonabile ad altre band europee cardine della corrente black più sperimentale.



VOTO RECENSORE
58
VOTO LETTORI
80 su 1 voti [ VOTA]
Razor
Martedì 19 Aprile 2016, 16.32.29
3
evviva le recensioni negative ahah per curiosità me lo sono andato ad ascoltare e penso che decisamente me lo comprerò, grande band e grande disco
Doomale
Mercoledì 13 Aprile 2016, 15.19.02
2
Questo non l'ho ascoltato...Pero' l'anno scorso li ho visti dal vivo di spalla ai Vital Remains e tutto sommato non mi son parsi male. Quando mi liberero' di una lunghissima lista d'attesa tocchera' anche a loro.
Undercover
Mercoledì 13 Aprile 2016, 14.38.25
1
Bocciatura immeritata, non sono dei geni, ma stanno comunque crescendo, la sufficienza la prendono tranquillamente e se da un lato son d'accordo sul fatto che le "sperimentanzioni" non convincono del tutto, dall'altro ci sono brani come "Long Time Awaited Funeral" e "Death Winged Majesty" che lasciano buonissime sensazioni. Se si parla di difetti, quello più "grave" credo sia riconducibile alla prestazione di L. dietro al microfono, troppo "hardcore" e malgestita. Avrei dato un 65-68.
INFORMAZIONI
2015
Les Acteurs De L’Ombre Productions
Black
Tracklist
1. Ad Nauseam
2. Believe & Behead
3. Long Time Awaited Funeral
4. Sheïtan
5. Pillar of Detest - World Shroud
6. All Born Sick
7. Freikorps
8. Death Winged Majesty
Line Up
Weddir (Voce, Chitarra)
Macabre (Basso)

Musicisti Ospiti
William P. (Batteria)
 
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