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Inverloch - Distance | Collapsed
22/04/2016
( 1568 letture )
Per tutti coloro che per oltre venti anni non hanno smesso di sperare in un seguito del seminale capolavoro Transcendence Into Peripheral dei Disembowelment, è finalmente venuto il momento di imbattersi in qualcosa che, in teoria, potrebbe colmare una piccola parte del vuoto generatosi dal buco temporale determinato dallo scioglimento della band australiana. Non si tratta di una riesumazione vera e propria, ma di un nuovo progetto concepito dai 2/5 della band originaria allo scopo di richiamare parte dell'aura malsana che esalava il monolite post novantiano citato poc'anzi. Volutamente è stata inserita la parola “parte”, perché, alla luce dei due progetti nati nel periodo post Disembowelment, nessuno dei due ha manifestato l'intenzione di ispirarsi pienamente a quel mix geniale di sfuriate death metal, rallentamenti doom (sempre di matrice death) e atmosfere vicine all'universo ambient, scindendo di fatto tali caratteristiche; così, rispettivamente, i Trial of the Bow hanno portato avanti l'anima più incorporea, mentre il gruppo sede di questa recensione, ovvero gli Inverloch, hanno ripreso quella più carnale e selvaggia.
Questi ultimi sono inizialmente nati con il monicker d.USK al solo fine di tributare Transcendence Into Peripheral in sede live; il richiamo ai vecchi fasti ha probabilmente fatto scattare una molla in Skarajew e Mazziotta tale per cui, su incoraggiamento della Relapse Records, dopo il cambio di moniker e la pubblicazione di un EP, arriva finalmente il primo biglietto da visita intitolato Distance | Collapsed.

Come accennato in questa breve presentazione, lo scopo degli Inverloch è quello di guardare al passato, riprendendo solo una parte delle coordinate stilistiche proposte dai Disembowelment; ciò che scorre in questo album infatti è un death/doom volutamente retrospettivo non solo per quanto concerne l'approccio del songwriting ma anche a livello di produzione. I suoni sono infatti elaborati al fine di indurre quel senso di anossia tipico dell'era d'oro del genere, puntando soprattutto su distorsioni grezze e putride sorrette da un basso gonfissimo e su una batteria massiccia che pure non ricorre a triggers e altri artifici dell' “era moderna”.

Parlando nello specifico dei pezzi, questo Distance | Collapsed si presenta nel complesso come una “macignata” ben assestata, i cui punti di forza si basano come detto sull'alternanza degli equilibri delle parti death, scandite da riff semplici e diretti (che per lo più si fondano sul tremolo picking e su una batteria che intelligentemente si divide nel lavoro di supporto tra tappeti di doppia cassa e blast beat scanditi con voluta intenzione primitiva), e le parti doom, in cui ovviamente i tempi si dilatano, enfatizzando quel senso di oppressione e di asfissia che la band australiana ostenta a voler rimarcare in ogni istante dell'album.
Anche il cantato di Ben James si mostra nel complesso all'altezza del muro sonoro eretto, cercando di variare il più possibile il suo growl (per quanto l'utilizzo di questa tecnica comporti già in premessa una certa restrizione a livello di opzioni), al servizio del dualismo sonoro sul quale si fonda il suono degli Inverloch.

Detto ciò, risulta difficile individuare qualche highlights, in particolare proprio perché l'album fa delle caratteristiche citate i propri cardini, sui quali ruotano costantemente gli intenti compositivi della band. Nello specifico si può dire che Distance Collapsed (In Rubble) miscela entrambi questi umori: From The Eventide Pool, Cataclysm of Lacuna e The Empyrean Torment vertono invece su passaggi principalmente doom di matrice death, richiamando, oltre ai Disembowelment, anche i pionieri del genere ovvero Incantation e Asphyx. La terza traccia citata, peraltro, mostra un timido tentativo di spingersi oltre i confini tracciati, lanciando nel finale un segnale di apertura verso territori più atmosferici, pur senza rinunciare a una certa pesantezza; si spinge l'acceleratore invece con Lucid Delirium, il cui finale è contraddistinto dal contrasto fra le chitarre in configurazione tremolo e la batteria che apre verso ritmiche doom; questa scelta in particolare risulta veramente azzeccata inducendo un'atmosfera irreale e soffocante.

Vi chiederete se e dove si annidino eventuali difetti o elementi di debolezza; volendo proprio trovarne uno, si può forse puntare sul numero dei pezzi proposti e sul minutaggio (componenti entrambe “ridotte”, dal momento che si parla pur sempre di un full-length), lasciando quindi un leggero senso di insoddisfazione. Un altro appunto che si può muovere è, paradossalmente, quello alla reale bravura del gruppo, che è sì capace di proporre dell'ottimo death / doom ma facendone, appunto, un esercizio di stile un po’ fine a se stesso e tralasciando quindi quell'impulsività che rendeva geniale l'album di riferimento a cui purtroppo viene naturale confrontarlo.
Sia chiaro, chiunque sia alla ricerca di un buon album di doom/death, suonato come la vecchia scuola comanda, troverà qui pane per i suoi denti, ma chi invece fosse a caccia di capolavori dovrà probabilmente guardare altrove.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
85 su 3 voti [ VOTA]
Pa3zio
Sabato 30 Aprile 2016, 13.49.57
3
IMMENSO!! Fate vostro questo disco, non ve ne pentirete. VOTO 90
Galilee
Giovedì 28 Aprile 2016, 16.51.21
2
Il primo ep era una bomba, se la qualità è rimasta identica questo Distance/collapse è sicuramente un bel dischetto
enry
Sabato 23 Aprile 2016, 8.06.05
1
La rece in linea di massima è condivisibile, ma per me siamo sopra alla media del genere, il disco funziona e crea una atmosfera cupa come da copione, le improvvise furibonde accelerazioni donano quel qualcosa in più e visto che la qualità c'è da fan del genere alzo a 80/100. Buona la prima.
INFORMAZIONI
2016
Relapse Records
Death / Doom
Tracklist
1. Distance Collapsed (In Rubble)
2. From the Eventide Pool
3. Lucid Delirium
4. The Empyrean Torment
5. Cataclysm of Lacuna
Line Up
Ben James (Voce)
Matt Skarajew (Chitarra)
Mark Cullen (Chitarra)
Chris Jordon (Basso)
Paul Mazziotta (Batteria)
 
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