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26/04/24
KARMA
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Human Fortress - Thieves of the Night
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15/05/2016
( 1105 letture )
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Quando gli Human Fortress si affacciarono alle luci della ribalta metallica, ottennero quasi immediatamente un buon seguito. Il riscontro era effettivamente meritato, dal momento che i primi due album dei tedeschi, Lord of Earth and Heavens Heir e Defenders of the Crown, erano degli ottimi esempi di buon power teutonico. Tuttavia, un cambio di formazione che vide l’uscita dalla band del cantante Jioti Parcharidis, rimpiazzato da Carsten Frank (ex Galloglass) con risultati al di sotto delle aspettative, portò ad attendere ben cinque anni per poter ascoltare Eternal Empire. Il nuovo disco, però, spostava il focus delle composizioni in territori modernisti che sconcertarono i vecchi fan, i quali abbandonarono il gruppo decretando la necessità dello scioglimento. Nel 2013, a sorpresa, il ritorno con il buon Raided Land con Gus Monsanto al microfono -Jioti Parcharidis fu costretto a rinunciare per motivi di salute- seguito adesso da Thieves of the Night, quinto album della loro carriera.
Solita piacevole copertina di genere, non migliore né peggiore di molte altre, ma produzione da accettare con qualche riserva per questa nuova fatica dei ragazzi di Hanover, specialmente per ciò che attiene alla batteria di Apostolos Zaios, forse troppo triggerata. Detto questo, gli Human Fortress presentano, con Thieves of the Night, i pregi ed i difetti più che comuni a molti colleghi. L’album, infatti, pur non raggiungendo nemmeno lontanamente la qualità complessiva dei primi due, si lascia abbastanza ascoltare, ma senza mai colpire pienamente nel segno ed inserendo in scaletta alcuni pezzi tutt’altro che trascendentali. Dopo la dignitosa apertura affidata ad Amberstow, canzone discretamente riuscita, per quanto di maniera, l’album scivola presto nella consuetudine. La cavalcata power Last Prayer to the Lord aumenta ancora il tasso di manierismo, seguita più o meno sulla stessa falsariga da Rise or Fall, probabilmente leggermente più gradevole e con il basso in evidenza. La successiva title-track risponde, come di prammatica, alla necessità di presentare il disco e di fare da traino al CD con un pezzo più ruffiano. Poi Thrice Blessed, il secondo brano estratto dall’album e del quale è stato girato un video, che punta più sulla solennità, ma si risolve solo in un’altra prova di circostanza, per così dire, con arrangiamenti pseudo-sinfonici affidati alle tastiere di Dirk Liehm, che avranno maggiore spazio più avanti. Hellrider cerca di tenere in vita il presunto pathos creato dal pezzo precedente, ma il suo sviluppo, per quanto formalmente corretto, è anche maledettamente intuibile nel suo svolgimento, così come è prevedibilissimo il pezzone da concerto intitolato Just a Graze posto a seguire. Almeno fino al break sognante che, però, non è certo una novità, ma solo una delle tante mosse scontate che l’album contiene. L’album si avvia al termine galleggiando nella normalità di Vicious Circle, passando per l’intermezzo strumentale di Smite on the Anvil, buon pretesto per introdurre in maniera cinematografica Dungeons of Doom. Segue il pathos a buon mercato di Gift of Prophecy e, infine, si sprofonda nel romanticismo della ballata per piano e voce Alone, poi sostenuta dalle percussioni e da arrangiamenti ancora di contenuta tendenza orchestrale, con entrata finale delle chitarre a svolgere compiti meramente riempitivi.
Album le cui ultime note sfumano senza sussulti e band che dimostra di conoscere bene il modo di procedere, confezionando un lavoro in un certo senso da manuale che però, esattamente per questo, lascia l’amaro in bocca. Evitando un impietoso confronto con i primi due dischi ed anche considerando che Gus Monsanto, pur non avvicinandosi ai livelli di Jioti Parcharidis, è comunque adatto alla realtà degli Human Fortress post-reunion, Thieves of the Night non lascerà certo una traccia profonda sulla scena. Tanto mestiere, qualche discreto spunto qua e là (almeno, se evitate di inquadrare il tutto all’interno del discorso del manierismo diffuso che ammanta tutte le canzoni ed i relativi arrangiamenti), ma una scrittura del CD quasi integralmente pronosticabile nel suo svolgersi. Anche se, lo ripetiamo, la sua produzione presenta aspetti criticabili, Thieves of the Night raggiunge alla fine una sufficienza relativamente larga per una questione di professionalità generale. Di questo, però, non è il caso di essere particolarmente soddisfatti.
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Non funzionano, da quando è andato via Parcharidis e han cambiato stile non ne hanno beccato uno che si possa definire disco, personalmente non riesco a salvarli. Considero buona la prestazione di Monsanto, c'è qualche pezzo simpatico, ma la qualità dei primi due lavori, a titolo personale preferisco più "Defenders Of The Crown" a un "Lord Of Earth And Heaven" nel quale la componente "rhapsodiana" era forse più influente, non hanno nemmeno l'idea di dove sia andata a finire. Dieci punti sotto la sufficienza. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Amberstow 2. Last Prayer to the Lord 3. Rise or Fall 4. Thieves of the Night 5. Thrice Blessed 6. Hellrider 7. Just a Graze 8. Vicious Circle 9. Smite on the Anvil 10. Dungeons of Doom 11. Gift of Prophecy 12. Alone
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Line Up
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Gus Monsanto (Voce) Todd Wolf (Chitarra) Volker Trost (Chitarra) Dirk Liehm (Tastiere) Andre Hort (Basso) Apostolos Zaios (Batteria)
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RECENSIONI |
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