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Rick Wakeman - The Six Wives of Enry VIII
21/05/2016
( 3459 letture )
Recensire un album di rock strumentale è un lavoro spesso difficile. In primo luogo perché è complesso fare mente locale sul fluire della musica, che scorre come un fiume in piena, libero dai vincoli strutturali che ad esempio le linee vocali possono in qualche modo incanalare e gerarchizzare in ordine più stabile e compatto. In secondo luogo perché se il soggetto della recensione è un capolavoro di creatività e freschezza inventiva come The Six Wives of Henry VIII, il lavoro di analisi del disco risulta piuttosto ostico, viste le ampie influenze del compositore del suddetto disco, ossia quel Rick Wakeman, che insieme a Jon Lord e Keith Emerson, è il terzo elemento della triade dei migliori tastieristi rock degli anni '70. E questo è accuratamente testimoniato dalle manciate di capolavori partoriti dalle menti dei suddetti musicisti a cavallo tra la fine degli anni sessanta e i primi anni dei settanta. Detto questo, possiamo partire con l'analisi di uno dei più succulenti album pubblicati in quell' irripetibile periodo.

Per focalizzare meglio il disco oggetto della recensione, partiamo dai dati storici. The Six Wifes of Henry VIII è stato pubblicato per l'Atlantic Records nel 1973 e fu composto interamente da Rick Wakeman, all'epoca già noto per il suo lavoro dietro i tasti d'avorio con gli Yes. Infatti in virtù della sua collaborazione, compaiono sul disco le partecipazioni di Bill Bruford, Steve Howe e Chris Squire che altro non fanno se non dare valore aggiunto ad un disco di per sé già ottimo. The Six Wives of Henry VIII contiene sei brani, ciascuno intitolato con il nome di una delle mogli del sovrano d'Inghilterra.
Come accennato prima, il disco contiene brani ispirati alle più differenti influenze che mostrano il background vastissimo degli studi di Wakeman. Il risultato di questi studi è evidente fin dai primi due brani, ossia Catherine of Aragon e Anne of Cleves, il primo decisamente più drammatico e contemplativo del secondo, grazie all'atmosfera creata dal coro di voci femminili, che sommate all'impatto emotivo delle tastiere, invitano l'ascoltatore ad entrare nell'ottica dell'opera. Il secondo pezzo invece, il più lungo e ambizioso di tutto il platter, è invece maggiormente dinamico: Wakeman per quasi otto minuti si sbizzarrisce in goderecci virtuosismi (mai fini a se stessi, badate bene) sui tasti d'avorio, alternandosi con una freschezza d'idee disarmante tra tastiere, sintetizzatori e il classico organo Hammond. Da sottolineare inoltre la performance della sezione ritmica che oserei definire calda, pulsante e avvolgente, ma allo stesso tempo dinamica e snella: è l'ottimo contraltare per un genio incontrollato come Wakeman. Di tutt'altra pasta è invece Catherine Howard, un brano geniale, strutturato sulla base delle sinfonie tipiche della musica strumentale classica, riadattandole nelle sonorità alla modernità del progressive rock. Il pezzo in sé inizia con una melodia memorizzabile, quasi canticchiabile, che poi lascia spazio a diversi e spassosi sviluppi e variazioni del tema principale, per poi tornare a concludersi con lo stesso spensierato motivetto, questa volta in veste più orchestrale. Con Jane Seymour, Wakeman omaggia Johan Sebastian Bach in un pezzo molto dark e suggestivo all'organo. L'influenza della "Toccata e Fuga in re minore" si è fatta sentire, ma il tastierista si cimenta in una performance degna di essere studiata. Dopo tanta atmosferica cupezza, la musica si distende in sonorità decisamente più soavi e allegre, quasi bucoliche di Anne Boleyn. Questo, oltre ad essere il penultimo brano del disco, vede la rivisitazione della struttura della forma sonata, in un continuo alternarsi di variazioni sul tema (e sullo strumento, ovviamente), divagazioni strumentali e piacevoli cori di accompagnamento, che fanno la loro comparsa a sprazzi, senza invadere la scena. Il finale di The Six Wives of Henry VIII è riservato a Catherine Parr, un brano che mette nuovamente in luce le doti tecniche di Rick Wakeman, oltre che una discreta velocità di esecuzione del tema principale, decisamente suonato con foga sin dalle prime battute sull'Hammond, per un finale che ricalca grosso modo quanto detto fino ad ora senza sfigurare rispetto ai precedenti cinque episodi che riempiono questo capolavoro.

In conclusione, rimane da puntualizzare il fatto che l'album in questione ebbe un grandissimo successo all'epoca, tant'è che alcuni temi e passaggi verranno poi sviluppati e sfruttati come base nelle lunghe jam session di Yessongs (cercate Excerpts From The Six Wives of Henry VIII, in definitiva uno dei migliori album live pubblicati all'epoca). Da segnalare, inoltre, che The Six Wives of Henry VIII sarà il primo tassello di una fortunata trilogia.



VOTO RECENSORE
90
VOTO LETTORI
83.11 su 9 voti [ VOTA]
LucaNekrowizard88
Venerdì 5 Aprile 2024, 15.47.22
11
Grandissimo lavoro di arte strumentale (in questo caso incentrato prettamente sui tasti). Rick Wakeman, che già ascoltavo con gli Yes, in nei suoi dischi solisti si eleva a vero e proprio Maestro, Questo \"The Six Wives Of Henry VIII!\" lo presi totalmente incuriosito in un centro commerciale della mia zona, e scoprii un mondo di note davvero sbalorditivo. Tutti i sei pezzi sono delle piéee epiche di sinfonie rock, dove Wakeman si sbizzarrisce a più non posso, unendo estro compositivo e tecnico. L\'album scorre via che è un piacere e regala gran bei momenti di musica! Capolavoro insieme a \"The Myths and Legends Of King Arthur...\".
Awake
Martedì 29 Novembre 2022, 21.29.48
10
Ce l'ho in vinile, discone della madonna... mio figlio, 11 anni, va giù di testa quando lo ascolta...
verginella superporcella
Giovedì 26 Maggio 2016, 9.33.30
9
ce l ho in vinile, mi ha sempre detto poco o nulla.
simo
Martedì 24 Maggio 2016, 14.42.58
8
Grande nat
Rob Fleming
Martedì 24 Maggio 2016, 10.10.44
7
@Riccardo: sono d'accordo. Per quanto mi riguarda Keith Emerson è quello tecnicamente migliore; ma Jon Lord aveva le canzoni (e che canzoni! Pur aiutato dal gruppo). Ken Hensley non l'ho mai considerato un tastierista tout-court perché in più di un'occasione imbracciava la chitarra. Ma è un portento. Io aggiungerei, sempre in riferimento al periodo, anche Brian Auger. Per quanto riguarda Wakeman non posso dire di essere un conoscitore; e quindi mi astengo. Six wives è splendido, ma gli altri da solisti ascoltati ora (King Arthur e Journey)...beh bisogna essere dello spirito giusto perché certi recitati sono veramente pesantissimi.
Riccardo
Martedì 24 Maggio 2016, 8.53.00
6
The Six Wives... è un gran bel disco. Ce l'avevo in vinile e me lo sono ricomprato in cd. Il 90 ci sta perfettamente. Quello sui tastieristi è un discorso particolarmente complicato. Ognuno dei tre tastieristi menzionato nell'ottima recensione ha le sue peculiarità. Come qualsiasi discorso fatto per i chitarristi, non si può uscire dal dualismo tecnica vs. musicalità. Io sono nettamente schierato per la seconda e se mi chiedono chi sono i miei tastieristi preferiti rispondo senza nemmeno pensarci su Jon Lord e Ken Hensley degli Uriah Heep. Wakeman però è (forse) l'unico tastierista che fonde le due cose. Virtuosista quando può e al servizio del gruppo quando serve.
Le Marquis de Fremont
Lunedì 23 Maggio 2016, 13.30.09
5
Assoluto capolavoro che giustamente ebbe un grande successo all'epoca, in un periodo dove gli Yes erano dappertutto. Personalmente, ritengo che se da una parte, avere un tastierista come Wakeman nel gruppo fosse un "plus" fuori discussione, dall'altra lo scontro tra personalità (e stili) con Howe/Anderson ha portato poi all'uscita di Wakeman stesso, dopo la pubblicazione di Tales... Purtroppo, non è riuscito poi ad esprimersi a questi eccellenti livelli, almeno a mio parere. Resta uno dei migliori prodotti progressive: non c'è un brano che si abbassi minimamente da uno standard compositivo ed esecutivo altissimo. Au revoir.
nat 63
Sabato 21 Maggio 2016, 20.49.23
4
Rick Wakeman contende a Keith Emerson la palma di più grande tastierista di sempre nella musica rock (ma, forse, in generale). Oltre ai suoi lavori con gli Strawbs ad inizio carriera, e con gli Yes a più riprese, è stato anche l'autore di favolosi albums da solista: il qui recensito "The six wives of Henry VIII" del 1973 , "Journey to the centre of the earth " del '74 e "The myths and legends of King Arthur and the knights of the round table" del '75. Ogni pezzo dell'album rispecchia, musicalmente parlando, quello che doveva essere il carattere di ognuna delle sei mogli del re fondatore della chiesa Anglicana. Musicista che definirei leggendario e geniale.
ayreon
Sabato 21 Maggio 2016, 18.27.14
3
ma anche " myths and legends of king arthur......" e "out there"con damian wilson alla voce non gli sono da meno
Rob Fleming
Sabato 21 Maggio 2016, 14.28.34
2
Il migliore dei suoi album solisti. Godibile dall'inizio alla fine ed estremamente vario
ayreon
Sabato 21 Maggio 2016, 12.22.17
1
sua maestà al meglio della forma,inchinarsi è il minimo
INFORMAZIONI
1972
A&M
Prog Rock
Tracklist
1. Catherine of Aragon
2. Anne of Cleves
3. Catherine Howard
4. Jane Seymour
5. Anne Boleyn
6. Catherine Parr
Line Up
Rick Wakeman (Pianoforte, Tastiera, Organo, Clavicembalo, Mellotron, Sintetizzatore)
Ray Cooper (Percussioni)

Musicisti Ospiti
Bill Bruford (Batteria su Tracce 1, 5)
Steve Howe (Chitarra su Traccia 1)
Chris Squire (Basso su Traccia 1)
Alan White (Batteria su Tracce 2,4,6)
David Cousins (Banjo Elettrico su Traccia 3)
Chas Cronk (Basso su Traccia 3)
Barry De Souza (Batteria su Traccia 3)
Frank Ricotti (Percussioni su tracce 2,3,6)
Mike Egan (Chitarra su Tracce 1,2,5,6)
Les Hurdle (Basso su Tracce 1, 5)
Laura Lee (Cori su Traccia 5)
Sylvia Mc Neill (Cori su Traccia 5)
Judy Powell (Cori su Traccia 1)
Liza Strike (Cori su Tracce 1, 5)
Barry St. John (Cori su Traccia 1)
 
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