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Tiamat - Judas Christ
25/06/2016
( 2659 letture )
Abbandonato definitivamente il death/doom degli esordi, semplificato il gothic metal dalle tinte oscure e dal mood psichedelico che ha il suo apice nel meraviglioso Wildhoney e perso quasi del tutto l’entusiasmo per la sperimentazione elettronica evidente in A Deeper Kind of Slumber, i Tiamat giungono con questo Judas Christ -ma già anche a partire dal precedente Skeleton Skeletron- ad un gothic rock molto orecchiabile nobilitato da venature dark, da riflessi di psichedelica settantiana e rari inserti elettronici.
Un piglio easy listening, quindi, un appeal rock variamente modulato e diversificato che si fa forte di un’ispirazione capace di mantenersi su discreti livelli, con picchi rari ma notevoli.
L’opener The Return of the Son of Nothing è sicuramente uno dei vertici qualitativi del disco: malinconica, cupa, che resta nella mente con l’indelebilità tipica delle melodie ispirate, con quel giro di chitarra terrigno, quel violino struggente ed il finale freddo, affidato ai suoni campionati. E soprattutto, la voce di Edlund, profonda e mesmerica, davvero unica per timbro ed espressività.
Un benvenuto del genere predispone nel migliore dei modi al prosieguo dell’ascolto.
Il problema è invece che i brani successivi, ad eccezione della splendida ballad Love Is as Good as Soma, sono più prevedibili; il rock domina ed uniforma il sound facendosi addirittura prepotente nei pur validi assolo di chitarra (ascoltate quello in The Truth’s for Sale) ed è quasi unicamente la voce ad incarnare quel mood dark e gothic che affinava le composizioni e conferiva loro il peculiare fascino.
Le melodie si fanno semplici, talvolta persino banali (vedi Vote for Love, con quei cori femminili francamente non entusiasmanti) e l’estrema cura negli arrangiamenti non riesce sempre a risollevare i brani dalla loro mediocrità.
In Fireflower vige un mood molto Seventies, mentre lo strumentale Sumer by Night con il suo mood lisergico e schizoide richiama certe suggestioni che ho profondamente amato in Wildhoney. Un brano come Angel Holograms amareggia per i suoi banali giochi di distorsione elettronica sulla voce mentre i pezzi successivi sono gradevoli, ben fatti ma non riescono minimamente ad avvincere. In particolare le due ballate finali, pur non sgradevoli, risultano piuttosto insignificanti; l’ultima presenta addirittura inquietanti reminiscenze del love metal targato HIM.
In conclusione, se paragoniamo questo disco ad altri successivi della carriera dei Tiamat di certo ne uscirà vincitore, quantomeno per l’energia autentica che riesce a trasmettere e per un’ispirazione ancora schietta e vitale. Tuttavia, godendo di una visione a volo d’uccello sull’intera carriera della band possiamo affermare senza tema d’errore che Judas Christ non appartiene di certo alla fase più alta della loro produzione. Pur non essendo il peggiore esempio di questa deriva “gothic rock”, esso non riesce a penetrare nelle profondità animiche restando, seppur piacevolmente, in superficie.



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
74.76 su 17 voti [ VOTA]
judaschrist
Venerdì 18 Dicembre 2020, 2.16.01
16
La prima è bellissima, adesso sto ascoltando la seconda e va bene, poi lo so che dovrò eliminare un po di canzoni e magari unirlo con quelle che restano di Prey in un unico file
Midnight
Domenica 10 Maggio 2020, 18.58.07
15
Voto recensore e voto lettori entrambi sopra il 7. Mi sembra giusto! Bel disco!
gianmarco
Mercoledì 29 Giugno 2016, 23.58.51
14
gran band .
gianmarco
Mercoledì 29 Giugno 2016, 23.57.10
13
ho scoperto i tiamat con children of the underworld .
galilee
Mercoledì 29 Giugno 2016, 13.34.19
12
I Tiamat sono stati perfetti fino a Skeleton skeletron compreso. La qualità delle song è sempre stata altissima. Solo su SS ci sono un paio di song che disintegrano discografie intere... Con questo disco si inizia però è perdere qualcosa. Non male, ma la rpetitività inizia a far capolino e la qualità del songwriting si abbassa notevolmente. Con Prey, il successivo andrà meglio, con i successivi invece sempre peggio. Purtroppo. Il miglior disco dei " tiamat" da SS in poi uscì a nome Lucifire
entropy
Martedì 28 Giugno 2016, 8.48.55
11
Per me deeper e wildhoney sono state le loro vette, punto di equilibrio tra la prima e la seconda parte della carriera. Tutti i dischi seguenti sono solo sufficienti con 2/3 canzoni davvero belle ad album. Esattamente come questo "judas Christ".
Poss
Lunedì 27 Giugno 2016, 21.31.30
10
A me piace molto quest'album. Lo trovo fresco e molto ispirato. Inutile dire che di metal non c'è una mazza. Però a me emoziona molto.
Le Marquis de Fremont
Lunedì 27 Giugno 2016, 17.17.55
9
Effettivamente, concordo con il recensore su una certa monotonia tra i brani. Indubbiamente hanno preso questa piega, dopo dischi eccellenti, soprattutto A Deeper Kind of Slumber. Qualche pezzo notevole lo tirano ancora fuori e The Return of the Son of Nothing ne è la conferma. Probabilmente l'ispirazione se ne è andata... Au revoir.
InvictuSteele
Lunedì 27 Giugno 2016, 11.13.04
8
Un buon disco, come tutti quelli sfornati dai Tiamat dopo Wildhoney, ma i tempi di Clouds sono purtroppo lontani...
lux chaos
Domenica 26 Giugno 2016, 0.30.59
7
Carino come tutti gli album usciti dopo i loro due assoluti capolavori Clouds e Wildhoney
Hard & heavy
Sabato 25 Giugno 2016, 16.56.04
6
A Deeper Kind of Slumber è un capolavoro senza ombra di dubbio punto e basta, le chiacchiere stano a zero. Album storico A Deeper Kind of Slumber pietra miliare
enry
Sabato 25 Giugno 2016, 15.26.56
5
Per me i due capolavori sono Clouds e Wildhohey, ma concordo con il fatto che dopo Deeper sono diventati sempre meno interessanti, almeno per me.
terzo menati
Sabato 25 Giugno 2016, 12.22.32
4
Un disco molto semplice ma godibile, una scelta discutibile il loro stile ma rispettabile. Concordo con a deeper il loro capolavoro. Questo per me un 65
tevildo75
Sabato 25 Giugno 2016, 12.17.44
3
Concordo con Metal Shock che dopo a deeper i Tiamat ( che però per me è il loro capolavoro ) si sono persi, o meglio hanno perso lo spirito che li fatti distinguere dalle altre band e JC ne è l' esempio, in quanto non è brutto, ma se lo si paragona a quanto fatto prima ne esce come un'album semplice e lineare, quasi banale.
Pamela
Sabato 25 Giugno 2016, 11.24.48
2
Questo disco è molto sexy
Metal Shock
Sabato 25 Giugno 2016, 10.17.51
1
Wildhoney e` stato il loro capolavoro, Deepr... un album coraggioso ma godibile, poi per me si sono persi e nn sono mai piu` tornati alle vette del passato. Questo album ne e` la conferna, ascoltato un paio di volte mi ha lasciato poco, giusto qualche spunto e nient`altro. Disco insufficiente
INFORMAZIONI
2002
Century Media
Gothic
Tracklist
1. The Return of the Son of Nothing
2. So Much for Suicide
3. Vote for Love
4. The Truth's for Sale
5. Fireflower
6. Sumer by Night
7. Love Is as Good as Soma
8. Angel Holograms
9. Spine
10. I Am in Love with Myself
11. Heaven of High
12. Too Far Gone
Line Up
Johan Edlund (Voce, Chitarra)
Thomas Petersson (Chitarra)
Kenneth Roos (Tastiera)
Johnny Hagel (Basso)
Niklas Ekstrand (Batteria)
 
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