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25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
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28/06/2016
( 2025 letture )
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Metà anni sessanta, quartier generale della più che leggendaria Elektra Records: bisogna decidere come diversificare l’offerta della label all’epoca concentrata quasi al cento per cento sui menestrelli folk. I dirigenti hanno la brillante intuizione di puntare sulla nascente scena psych che alimentata dalla diffusione sempre più massiccia degli stupefacenti e della contro-cultura sembrava pronta a spiccare il volo. Fra i primissimi nomi messi sotto contratto a seguito di questa nuova strategia troviamo i Love, figli della fiorente e frizzante scena losangelina e guidati dal talentuoso chitarrista Arthur Lee che poteva già vantare una serie importante di collaborazioni nel mondo rhtyhm & blues, fra cui spicca un singolo di Rosa Lee Brooks che alla chitarra aveva ospitato un capellone di Seattle, tale Jimi Hendrix. I Love vengono formati da Lee con l’intento di proporre un sound che unisse le sue radici R&B con quanto veniva proposto da e Yardbirds, per questo arruola l’altra mente principale della band Bryan MacLean, anche lui con una discreta esperienza come compositore e musicista; a questi si aggiungono Johnny Echols ancora alla sei corde, Ken Forssi e Alban Pfisterer ad occuparsi della sezione ritmica.
Il debutto omonimo esce nell’anno di grazia 1966, ovviamente per Elektra e sulla copertina campeggia una foto della band in pieno stile dell’epoca così come il logo che più hippie non si può. Il disco viene registrato in mono e verrà ristampato molto più tardi in stereofonia con l’aggiunta di un paio di bonus tracks, nonostante una produzione lontana anni luce dalla nitidezza e potenza degli standard odierni, ha la magia e l’atmosfera mistica dei sixites in cui sembra possibile percepire l’odore di fumo stantio che si respirava negli studi. Come da tradizione del periodo la prima traccia del LP, nonché singolo di discreto successo, è una cover, in questo caso del duo delle meraviglie Burt Bacharach/Hal David: My Little Red Book. Una reinterpretazione frizzante ed incisiva in cui si vede fin da subito una caratteristica fondamentale dei Love, ovvero la perizia e raffinatezza degli arrangiamenti mescolata ad una grande sensibilità melodica. Caratteristica ancor meglio evidenziata da A Message to Pretty decisamente più riflessiva, con una lavoro di chitarra finemente costruito e una splendida armonica dedita a creare un’atmosfera un po’ cupa, ma sognante. My Flash On You avrebbe potuto benissimo uscire dalla “penna” di Pete Townshend grazie ad una chitarra aggressiva, una linea di basso protagonista della melodia principale e delle vocals sguaiate al punto giusto. Softly to Me e No Matter What You Do suonano anni sessanta fino al midollo con la seconda resa particolarmente vincente dalla stratificazione delle chitarre nella melodia portante e dal refrain che rimane facilmente impresso. La vena psichedelica si presenta prepotente nella strumentale Emotion, con un incedere quasi militaresco, nella più eteree Gazing e Mushrooms Clouds, ma soprattutto nella splendida, cupa e disturbata Signed D.C. che ricorda i contemporanei Doors. Il classico standard blues Hey Joe viene ottimamente interpretato, in particolare grazie alla splendido lavoro del basso di Forssi non reggendo ovviamente il confronto (ma niente e nessuno può) con la versione del summenzionato capellone di Seattle. Chiude il disco in bellezza And More ancora una volta ottimi arrangiamenti soprattutto vocali e un grande lavoro delle chitarre stratificate per costruire un’altra melodia vincente.
I Love dopo questo esordio continueranno la loro carriera che giungerà al picco con il terzo album Forever Changes. Purtroppo come capitato a troppe band di grande valore, Arthur Lee e soci non ebbero il successo che meritavano, ma il loro talento e contributo alla scena venne riconosciuto solo molti anni più tardi. Seppur ancora acerbo in alcuni punti, questo disco è assolutamente valido e molto innovativo se inquadrato nel periodo di riferimento. Se a questo aggiungete che fu proprio Lee a suggerire a Jac Holzman, boss della Elektra, di dare un’occhiata ad una misconosciuta band che si faceva chiamare Le porte, non si può proprio negare l’importanza di questa di band e quindi di questo disco.
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7
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Li vidi 11 o 12 anni fa a Firenze...conservo ancora la mia copia di "Forever Changes" autografata da Arthur Lee! |
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6
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Io possiedo Forever changes, album splendido, questo mi manca, ma i Love sono una di quelle band di fine anni 60' che purtroppo in pochi hanno considerato ma che meritavano molto, meglio tante volte anche di band più blasonate |
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5
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Grandissima band, così vergognosamente ignorata dai più. Avrebbero davvero meritato di più. Arthur Lee è stato un genio. Gran bel disco questo, anche se il meglio lo tireranno fuori a mio avviso con "Da Capo". E poi con "Forever Changes", dove il pop si fa più nobile. |
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4
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Che gruppo...grazie per la rece! Ancora meglio "Da Capo"...e poi IL CAPOLAVORO! |
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3
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Ho votato anche io 99.. E penso che se non lo meriti ci si avvicini molto. Comunque arriveranno idioti ad abbassarlo perciò abbondare non guasta |
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2
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Ottimo disco, ma Forever Changes rimane il capolavorone! Band purtroppo abbastanza ignorata da chi non apprezza la scena psych anni '60. |
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1
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Band sublime. I primi 3 dischi sono da avere. La bellezza di un disco come forever changes da del filo da torcere ai più blasonati album Rock della storia. Provare per credere, v'innamorerete di loro istantaneamente. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. My Little Red Book 2. Can't Explain 3. A Message To Pretty 4. My Flash On You 5. Softly To Me 6. No Matter What You Do 7. Emotions 8. You I'll Be Following 9. Gazing 10. Hey Joe 11. Signed D.C. 12. Colored Balls Falling 13. Mushroom Clouds 14. And More
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Line Up
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Arthur Lee (Voce, Chitarra) Bryan MacLean (Chitarra, Cori) Johnny Echols (Chitarra) Ken Forssi (Basso) Alban Pfisterer (Batteria)
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