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19/04/24
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Atkins / May Project - Valley of Shadows
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14/07/2016
( 1329 letture )
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Le vicende della musica, come di tutte quelle relative ad ogni manifestazione dell'esistenza dell'uomo, sono fatte di vincitori, ma in parte sicuramente maggiore di così detti perdenti. La storia del vocalist Al Atkins, come già raccontatovi in questa recensione, è quella di un uomo che ha compiuto una scelta professionale sbagliata nel momento più sbagliato, passando da cantante di un gruppo promettente chiamato Judas Priest a perfetto sconosciuto. Certo, all'epoca dei fatti la band in cui fu sostituito da Rob Halford era una promessa, un sogno che poteva diventare realtà o restare solo un gioco divertentissimo, ma fine a sé stesso, mentre Atkins aveva già una moglie ed una figlia alle quali badare. Non si può quindi dare addosso al buon Al per aver buttato alle ortiche almeno qualche anno di notorietà, ma una certa dose di rimpianto deve essergli certamente rimasta dentro. Dopo essere restato lontano dalle scene e nel limbo provocato dal distacco dalla propria passione interiore, a distanza di tanti anni dall'accaduto Atkins si è alfine unito al virtuoso della sei corde Paul May, chitarrista appartenente alla scena White Metal (vi rimando ancora alla recensione prima linkata per maggiori informazioni) per dare vita all'Atkins / May Project, autore di alcuni album assolutamente dignitosi.
Come per i precedenti e per i successivi lavori marchiati con questo moniker, anche Valley of Shadows è un album quadrato, con tutti e due i piedi nell'heavy classico e le radici negli anni 70, di buona pesantezza e di molta sostanza. Spunti blues, heavy metal priestiano a profusione, qualche rimando agli Accept, riff catchy ed assoli di alto livello tecnico da parte di May (il quale, per inciso, si occupa di tutti gli strumenti) e la bella voce piena di Atkins su tutto; questo il menù proposto da Valley of Shadows. Tanti Judas Priest, dicevamo, con il concetto che viene fuori in maniera più che evidente in brani nel loro stile anni 80 o 90 quali Welcome to the Nightmare, Enslaved to Love, Harder They Fall, in altri più anni 70 come Not Ready to Die Today e No Ordinary Man, un pezzo dal testo fiero che descrive abbastanza bene l'Atkins uomo:
Broken but chosen I am still amazed Lately maybe I am still the same Cause deep inside I’m crawling once again I am not an ordinary man.
Non mancano passaggi HR/HM di grande atmosfera che utilizzano basi acustiche blueseggianti, come Bitter Waters e Valley Of Shadows (una ballata rock-blues lunga oltre otto minuti) e la reprise acustica di The Shallowing, qui intitolata The Shallowing (Return), ed altri che puntano su uno speed metal stile Accept come Stronger Is the Grace. Da notare anche la presenza di uno strumentale molto anni 80 di May intitolato Messiah (Prelude), nel quale l'altra faccia del progetto ha modo di mettersi in evidenza.
I motivi per interessarsi a Valley of Shadows sono dunque parecchi. Intanto per conoscere due musicisti poco noti, ma con delle storie importanti alle spalle. In secondo luogo per avere un'idea di come sarebbero stati i Judas Priest -almeno per i primi anni- se non avessero cambiato cantante, ossia più oscuri, con le radici blues trascinate molto più a lungo e, a dirla tutta, più statici. Infine, perché questo album ed in generale l'Atkins / May Project sono due prodotti solidi ed onesti. Un capolavoro? Tutt'altro, dato che di originale e particolarmente personale non vi è nulla, se non lo stile di May, peraltro molto classico, ma tanta sostanza, voglia di suonare, di fare bene le cose e la capacità di riuscirci, quelle sì. Di questi tempi, per un appassionato di heavy classico, avere garanzie del genere non è poco.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Welcome to the Nightmare 2. No Ordinary Man 3. Bitter Waters 4. Enslaved to Love 5. Strong Is the Grace 6. Harder They Fall 7. Not Ready to Die Today 8. Messiah (Prelude) 9. Valley Of Shadows 10. The Shallowing (Return)
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Line Up
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Al Atkins (Voce) Paul May (Tutti gli strumenti)
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