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19/04/24
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David Gilmour - On an Island
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24/09/2016
( 3316 letture )
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Chi è David Gilmour?
È un uomo che ha trattato un oceano smisurato di tematiche: la guerra, l'alienazione dell'individuo, il senso della vita e della morte, le psicosi e le oppressioni di una società moderna. Ma gli argomenti toccati dal chitarrista con i Pink Floyd, in tutti i loro corsi, non terminano qui: l'isolamento, il senso di distacco di The Wall, le ossessioni di The Dark Side of the Moon, lo spietato mondo del music business di Wish You Were Here, le allegorie socio-politiche di Animals, l'assenza di comunicazione di The Division Bell e molto altro. Dopo aver combattuto tante battaglie David Gilmour è un uomo che ha trovato pace e serenità. Questa è la risposta alla domanda iniziale.
E così vediamo sulla meravigliosa copertina di questo platter un pensieroso Gilmour seduto su un'isola, che osserva placidamente un gruppo di uccelli volare via, immerso in numerose sfumature di blu. Raramente un disco ha avuto copertine così esplicative e tanto limpide negli intenti. Il chitarrista nel 2006, per il suo sessantesimo anno si regala un platter sereno e disteso, dalle atmosfere sognanti e profonde. L'artista mantiene il suo tocco magico e molte delle sonorità dei Pink Floyd, ma si lascia alle spalle le tematiche totalizzanti e pesanti dell'ex-gruppo. Chi infatti si aspettava un disco orientato in tal direzione, ribadita poi parzialmente con Rattle That Lock nel 2015, rimarrà deluso. Il platter vede la partecipazione di molti amici del chitarrista di alcuni nomi eccellenti: Richard Wright, David Crosby, Graham Nash, Phil Manzanera, Rado Klose, Guy Pratt e molti altri. Alla stesura dei testi l'artista è stato accompagnato dalla moglie e scrittrice Polly Samson.
I primi momenti di inquietudine di Castellorizon sono accompagnati da una serie di effetti e rumori, miscelati con alcuni fraseggi di diversi strumenti che poi faranno la loro comparsa durante il platter. L'apertura, musicale ed atmosferica del breve strumentale, arriva con la meravigliosa chitarra di Gilmour che “canta” come di consueto su un tappeto orchestrale di tutto rispetto. La sei corde conduce per mano lo strumentale verso la titletrack, che risulta fin dai primi ascolti una delle punte di diamante dell'intero disco.
Remember that night White steps in the moonlight They walked here too Through empty playground, this ghosts' town Children again, on rusting swings getting higher Sharing a dream, on an island, it felt right
We lay side by side Between the moon and the tide Mapping the stars for a while
Let the night surround you We're halfway to the stars Ebb and flow Let it go Feel her warmth beside you (On an Island)
La voce pacata di Gilmour viene affiancata dai cori di Crosby e Nash, creando un'atmosfera sognante e a tratti onirica, che racconta l'esperienza del chitarrista su un'isola greca, fonte d'ispirazione poi di tutto il platter. Il pezzo è strutturato in maniera eccellente, grazie ad un gran lavoro di produzione e cura nei dettagli musicali, con due assoli ricchi di pathos, in grado di trasmettere egregiamente quella sensazione di profondità e di riflessione che l'artista sta attraversando. Continuiamo quindi ad osservare la luna, attraverso un brano che è il manifesto di questo nuovo esperimento di Gilmour. The Blue riporta in auge le atmosfere di Us and Them, private tuttavia di quei momenti di picco dei ritornelli, drammatici ed intensi. Ad accompagnare il chitarrista abbiamo la moglie Polly Samson al pianoforte e la voce del caro amico Richard Wright. Take a Breath è l'unico episodio nervoso e rock-oriented di tutto il platter, che al di là del testo incentrato sui conflitti interiori, non brilla per originalità o trasporto. Anche la stessa Red Sky at Night, strumentale che richiama moltissimo le atmosfere di Shine On You Crazy Diamond, risulta un brano di ottima fattura ma scevro di quel piglio che fa gridare al miracolo. L'unica peculiarità risiede nel fatto che il sassofono sia suonato dallo stesso Gilmour in persona. Gli echi dei Pink Floyd ci abbandonano del tutto con This Heaven, un piacevole blues acustico che vede come ospite Phil Manzanera.
So break the bread and pour the wine I need no blessings but I'm counting mine Life is much more than money buys When I see the faith in my children's eyes (This Heaven)
Il chitarrista canta l'amore per i propri figli attraverso delle immagini bibliche, che elevano il proprio sentimento a qualcosa di spirituale. Il brano risulta decisamente ben riuscito e dona una tinta personale al disco. A variare ulteriormente i generi sul disco ci pensa la particolare chitarra Weissenborn di B.J. Cale in Then I Close My Eyes. Il brano ci culla lentamente fra sonorità evocative ma prive di brillantezza. Il problema si ritrova quando, distogliendo la totale attenzione verso la musica, si rischia di scivolare lentamente in un limbo soporifero. La stessa sensazione si riscontra anche nella piacevole ballad acustica Smile. Il livello si alza di nuovo, drasticamente sul finale con A Pocketful of Stones, brano più longevo ed introspettivo, che mostra probabilmente la sfumatura del blu più vicino alla notte. Gli strumenti dell'orchestra, compresa l'arpa, si sposano egregiamente con la voce di Gilmour e con le atmosfere dei synth. Il finale di On an Island passa con Where We Start, canzone delicata e dolce che rappresenta una situazione di felicità e serenità.
Where we start is where we end We step out sweetly, nothing planned Along by the river we feed bread to the swans And then over the footbridge to the woods beyond (Where We Start)
Il brano, probabilmente un regalo da parte del chitarrista alla moglie Polly Samson, descrive come le ombre siano state lasciate alle spalle e come allo stesso modo vi sia molto altro da vivere. La canzone, insieme alla precedentemente citata The Blue, risulta un manifesto del disco e dell'appagante situazione psicologica di Gilmour, che ci delizia con un ultimo assolo destinato a sparire in fade out.
Il lavoro gode di alti e bassi, un po' come le maree che circondano la nostra isola immersa nel blu. In alcuni momenti i brani passano senza troppo mordente, in altri ritroviamo il colpo di genio al quale il chitarrista ci ha abituato in questi anni. Le composizioni del platter sono tutte ovviamente di alto livello, così come la produzione e gli arrangiamenti, che godono della presenza di diversi ospiti illustri non sempre sfruttati al meglio. Ad ogni modo non tutte le canzoni riescono a lasciare il segno, soprattutto verso la metà del disco. In conclusione On an Island è il prodotto di un'artista che sa di non dover dimostrare nulla a nessuno, scevro di convenzioni sociali e con la meravigliosa possibilità di poter cantare e suonare quello che vuole. Trattare i temi della serenità e del benessere interiore è sicuramente molto più complesso del prendere in analisi temi più dolorosi o pesanti, che possono anche essere fonte di maggiore ispirazione. On an Island non è per tutti e neanche per tutte le occasioni, ma rimane -per i pochi che ogni tanto si sentono in pace con loro stessi- un ascolto largamente consigliato.
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7
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Ogni tanto lo riascolto tutto di fila, sempre con piacere. Forse anche perché ho dei ricordi speciali legati ad alcune canzoni. On An Island, Take A Breath->Red Sky At Night, Where We Start quelle che ascolto di più singolarmente. Non d'accordo con chi lo definisce noia mortale. Lo ritengo un disco profondo. Ogni cosa va ascoltata con il giusto piglio e con la giusta attitudine, emotivamente parlando. Nel complessivo lo ritengo superiore a Rattle That Rock. |
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6
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Sicuramente molto elegante, di gran classe, suonato benissimo....ma se lo ascolti nel momento sbagliato anche terribilmente spaccapalle |
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5
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Gilmour si ama. Non vi è altrimenti. Come dice giustamente Alex Cavani Qui, in questo disco solista, siamo davanti a suoni misteriosi, evanescenti, metafisici con dinamiche che rimangano in sospeso come avviene un po' di new age music. I ritmi sono lenti l'atmosfera è rilassata; tutti i suoni sono spaziosi e ben registrati del solito ingegnere del suono Andy Jackson (lo stesso che ha vinto una serie Grammy per il suono perfetto con gli ultimi dischi deo Pink Floyd "A Momentary Lapse of Reason", 1988 e la nomination per "The Division Bell"). Molte le presenze, tra cui, personalmente, trovo le migliori David Crosby e Graham Nash, Robert Wyatt (cornetta), il chitarrista BJ Cole e l'Hammond di Georgie Fame nella traccia "This heaven". Gilmour si cimenta anche a suonare il sax in Red Sky At Night, Adoro ascoltare in fila e senza interruzioni, possibilmente in cuffia, 1.Castellorizon, 2. On an Island 3. The Blue, poi tendo a spingere STOP. Decisamente vince ancora una volta la mano del buon Gilmour, la sua chitarra, la sua splendida timbrica e il bravo tecnico audio che fonde sempre magistralmente tutte queste cose. 75 è certamente un voto più che giusto...Bravo Michele. Un caro e affettuoso saluto. Jimi TG |
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4
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Disco delicato come una piuma, ottimo prima di addormentarsi, ma in questo caso la frase ha un senso assolutamente positivo. A tratti ha perfino qualcosa di new age questo disco. Piacevole da riascoltare a volte. |
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3
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album bellissimo che non mi stanco mai di ascoltare david gilmour è il mio chitarrista preferito voto 96 |
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2
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Delicato (pure troppo in alcuni frangenti) e mai invadente. 75 |
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1
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Lo ascoltai quando uscì... un sonno incredibile. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Castellorizon 2. On an Island 3. The Blue 4. Take a Breath 5. Red Sky at Night 6. This Heaven 7. Then I Close My Eyes 8. Smile 9. A Pocketful of Stones 10. Where We Start
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Line Up
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David Gilmour (Voce, Chitarre, Tastiere, Pianoforte, Basso, Sassofono, Cori, Percussioni)
MUSICISTI OSPITI Richard Wright (Voce, Hammond nelle tracce 2 e 3) Polly Samson (Voce, Pianoforte nelle tracce 3 e 8) David Crosby (Cori nella traccia 2) Graham Nash (Cori nella traccia 2) Rado Klose (Chitarra nella traccia 2 e 3) B. J. Cole (Chitarra Weissenborn nella traccia 7) Phil Manzanera (Tastiere, Pianoforte nelle tracce 4, 6 e 7) Chris Thomas (Tastiere nella tracce 2 e 9) Jools Holland (Pianoforte nella traccia 3) Leszek Mozdzer (Pianoforte nelle tracce 4 e 9) Chris Stainton (Hammond nella traccia 3) Georgie Fame (Hammond nella traccia 6) Robert Wyatt (Cornetto, Cori e Percussioni nella traccia 7) Caroline Dale (Violoncello nelle tracce 4, 5 e 7) Lucy Wakeford (Arpa nella traccia 9) Zbigniew Preisner (Orchestrazioni) Guy Pratt (Basso nelle tracce 2 e 4) Chris Laurence (Contrabbasso nelle tracce 5 e 9) Andy Newmark (Batteria e Percussioni nelle tracce 2, 3, 6, 7 e 10) Ged Lynch (Batteria nella traccia 4) Willie Wilson (Batteria nella traccia 8)
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