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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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29/10/2016
( 2342 letture )
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I Morgoth sono una di quelle band che hanno attraversato il panorama metal mondiale per scomparire dopo poco tempo, nonostante l'altissima qualità dei loro dischi: fautori di un death metal atipico per l'epoca nella Germania post-riunificazione, avevano esordito con due EP, Resurrection Absurd e The Eternal Fall per poi arrivare al loro primo full lenght, quella gemma grezza che era Cursed. I tedeschi suonavano death intriso di thrash teutonico, seppur con le dovute differenze, con i loro riff sporchi e veloci a sostenere la voce di Marc Grewe, una delle migliori in circolazione in quel periodo. Ci troviamo in un'epoca nella quale la disillusione, la violenza sociale e le circostanze di un mondo che stava cambiando velocemente segnarono profondamente gli animi e, inevitabilmente, anche la scrittura di questo secondo album dei Morgoth, che andiamo ad analizzare.
Odium, a partire dal titolo stesso, rappresenta ciò che era il centro Europa in quei primissimi anni 90: il sound dei tedeschi andava perfezionandosi rispetto al precedente lavoro con le ritmiche di chitarra che si ''aprivano'' a dissonanze voivodiane o a passaggi più vicini agli svizzeri Coroner, influenzati anche dal death degli americani Obituary, il tutto con un'impronta personale non indifferente e piuttosto ben riconoscibile. L'album si apre con Resistance, brano che sin da subito fa capire la direzione dei Morgoth: chitarre sporche e un drumming marziale introducono un vero e proprio manifesto death con l'entrata del cantato e quelle chitarre pesanti ed ipnotiche; alla velocità si alternano stacchi più pesanti con reminiscenze industrial alla Pitch Shifter o Scorn, senza però andare ad invadere il territorio musicale profondamente death. La band riesce a creare atmosfere morbose e apocalittiche come nel caso di Submission, dove le chitarre di Harald Busse e di Carsten Otterbach creano un tappeto sonoro con i loro arpeggi, mentre la sezione ritmica composta da Rudiger Hennecke alla batteria e da Sebastian Swart al basso tesse la propria ragnatela d'atmosfera; l'ingresso del parlato rende il tutto molto bello, per aprirsi in un brano psicotico e intriso di rabbia; in questo caso non troviamo la velocità a farla da padrona ma una composizione più complessa basata più che altro sull'atmosfera, mentre gli accordi dissonanti rendono il tutto decisamente all'avanguardia per le sonorità dell'epoca. I Morgoth sono stati veramente dei pionieri in terra germanica nel proporre certe sonorità, in Europa il death è spesso stato appannaggio delle band provenienti dai paesi scandinavi, ma qui ci troviamo di fronte ad una band che crede fermamente in ciò che suona e lo fa maledettamente bene. Un altro brano che ripercorre scene di morte ed atmosfere lugubri con quell'impronta inconfondibile del death alla Obituary è Golden Age, un brano ben strutturato con innumerevoli cambi di tempo e linee musicali perfettamente concepite, gli stacchi carichi di pathos e terrore per un mondo sconosciuto ed incerto sono veramente ottimi: non ci tecnicismi fini a se stessi, ma un'ottima padronanza degli strumenti che permette di assemblare un brano molto potente sotto l'aspetto emotivo; la parte centrale è un insieme di torbide emozioni con le chitarre costruiscono, grazie agli arpeggi dissonanti, un clima cupo e oppressivo mentre il brano cresce d'intensità esprimendo ancora una volta la capacità intrinseca della band a costruire la propria musica sulle macerie di una società che inizia la propria discesa verso l'inferno. La seguente e conclusiva Odium prosegue il discorso del precedente brano, con una maggiore influenza nelle sonorità alla Voivod qui i Morgoth riescono nuovamente a stupire per la loro solidità compositiva, in questo caso l'emozionalità del brano porta più verso una sorta di frustrazione e delusione verso ciò che il ''cambiamento'' non ha portato, il brano riesce a trasmettere la negatività dei tempi grazie anche al fatto che è una strumentale nella quale la band in qualche modo si lascia trasportare senza freni verso un death più d'atmosfera, se così si può definire, ma terribilmente convincente.
Odium è un disco in qualche modo diverso dal precedente e bellissimo Cursed, perché i Morgoth tralasciano nei testi la vena fantasy/horror per parlare direttamente delle proprie esistenze che rappresentano una nazione intera in seguito ad un cambiamento epocale; anche i compatrioti Kreator in quel periodo composero album con atmosfere ben differenti come Renewall e il seguente Couse For Conflict: i Morgoth seppur con qualche anno in meno misero sul piatto la stessa disillusione che rappresentava quegli anni. Odium fu il giusto proseguo di Cursed, con una produzione più ''fredda'' che ne esaltava la glacialità emotiva; un disco comunque da possedere nella propria discografia, il death metal dei Morgoth fu qualcosa di diverso all'epoca e nonostante gli anni ancora oggi è maledettamente attuale. Il gruppo non seppe però mantenersi agli stessi livelli riducendosi in macerie polverose per troppi anni: dopo questo album ne pubblicarono solamente un altro, decisamente di livello inferiore e dopo poco si divisero; successivamente sono tornati nel 2010 ed infine hanno pubblicato nel 2015 quel Ungod che tra l'altro ha visto un cambio alla voce e, senza più quella rabbia vocale espressa da Marc Grewe, i tedeschi non sono riusciti ad avvicinarsi ai fasti del passato.
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6
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Capolavoro. Davvero un peccato che non hanno fatto altro a questo livello. |
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5
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Ritirato fuori oggi... Per me alla pari con Cursed se non addirittura superiore. Band matura che su quest'album sfodera anche uno stile abbastanza originale. Da sottolineare la prova di Marc Grewe (quasi un mix tra L.G.Petrov e Van Drunen). Miglior canzone : L'apocalittica Under the Surface. Un album che secondo me non deve mancare nella collezione di tutti i deathsters. Voto: 90 |
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4
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Ricaccione del giorno, grande disco! Per me 75/100 |
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3
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Un buon disco di un gruppo che tentò di infilare cose diverse nella loro proposta. Per i miei gusti i due EP e Cursed gli sono superiori, ma questo si difende bene e ogni tanto lo riascolto con piacere. |
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2
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Grande disco. Da amante del Death europeo questo Odium dei Morgoth ai tempi per me era tanta roba. Ottima band comunque. Odium è più sperimentale del suo predecessore ma non per questo meno interessante e coinvolgente. |
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1
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La vecchia scuola europea...bei tempi. Onestamente però questo non l'ho mai preso e loro non mi hanno mai fatto andare in visibilio nemmeno col primo. Buona band...ma c'era molto di meglio all'epoca secondo me. Però di certo se trovo una ristampa a buon prezzo lo prendo, chissà... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Resistance 2. The Art Of Sinking 3. Submission 4. Under The Surface 5. Drowning Sun 6. War Inside 7. Golden Age 8. Odium
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Line Up
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Marc Grewe (Voce) Harald Busse (Chitarra) Carsten Otterbach (Chitarra) Sebastian Swart (Basso) Rudiger Hennecke (Batteria)
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