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Nocturnal Streams - Leaden
12/12/2016
( 640 letture )
Tempo e idea sono due parole che si trovano in costante conflitto, specialmente negli ultimi due secoli che hanno scandito la storia dell’uomo. Risulta infatti sempre più difficile realizzare una piena espressione dei nostri pensieri, sia nel tentativo di convogliare le idee verso il nostro lato più creativo, sia con l'obiettivo di concretizzarle in pieno, proprio perché quelle stesse idee non sono macerate nel tempo idoneo che permetterebbe di sprigionare tutto il loro potenziale. Questo ragionamento è scattato all’ascolto della demo (è preferibile considerarla in questa dimensione) dei Nocturnal Streams, all'origine one man band e successivamente duo laziale attivo fin dal 2010 che, dopo ben sei anni di distanza dal “battesimo”, riesce a presentarci questo primo biglietto da visita composto da tre tracce inedite più una cover dei Paradise Lost.

Nonostante l’importante lasso temporale a disposizione, si può con certezza affermare che in questo caso non sia stato comunque sufficiente ad erigere le due solide colonne portanti tipiche di un qualsiasi prodotto discografico: la prima, più incisiva, è la produzione, per cui si può invocare un minimo di indulgenza, visto si parla di un gruppo esordiente, ma che è in ogni caso doveroso mettere in evidenza proprio perché capace di annebbiare un songwriting a sua volta diviso fra momenti convincenti e altri discutibili. Qui le lacune più importanti risiedono in una drum machine troppo artificiale (fastidiosissimo, tra l’altro, il suono del china), capace di riportarci ai moduli impiegati almeno venti anni fa quando le prime band, sfortunatamente pionieristiche in questo ambito, esasperate dall’ego e dall’instabilità mentale del batterista, ricorrevano a questi artifici al fine di sopperire ad un’amputazione decisamente importante. Anche i suoni della chitarra solista, oltretutto, lamentano più di qualche carenza nella calibrazione delle frequenze, finendo per penalizzare il pur generoso lavoro di Dubnos sulle sei corde.
La pasta sonora, nel complesso, riporta nostalgicamente a un passato in cui la circolazione dei demo e delle band esordienti era decisamente più abbondante nonostante la limitazione dei mezzi; questo fattore può rappresentare un’arma a doppio taglio, nel senso che da una parte occorre tenere in considerazione una scelta che, se voluta, può essere rispettata, mentre dall’altra bisogna soppesare il fatto che gli standard anche in sede di autoproduzione si sono decisamente innalzati.
Per la seconda delle due colonne occorre riprendere la frase accennata riguardo il songwriting; è chiaro che dietro i tre pezzi proposti dai Nocturnal Streams vi siano due ragazzi già rodati in termini di esperienza in sede compositiva, affermazione che trova immediato riscontro ad esempio negli arrangiamenti, attraverso i quali Drake Trim e Dubnòs dimostrano di voler andare oltre i limiti della costruzione di un compatto scheletro del brano. Allo stesso modo è tangibile una certa incertezza riguardo una precisa direzione da intraprendere: i generi toccati vanno dal gothic al doom (vedasi la strumentale iniziale Wolves’ Rain), dal death (Shine of Life, la cui parte iniziale è però scandita da ritmi decisamente doomiani) al black (Cult of Mortification); il problema in questo caso non si annida tra le pieghe dell’eterogeneità in se stessa, (che potrebbe essere comunque funzionale a tracciare una rotta artistica), il guaio è nel deficit complessivo di personalità, che si aggrava complice il fatto che ogni brano rappresenta in definitiva un blocco a sé stante.
Premesso che chi scrive è geneticamente poco propenso agli entusiasmi di fronte a operazioni di questo genere, mai come in questo caso le carenze strutturali e l'impervia statura del modello non aiutano certo Eternal, cover dei Paradise Lost, proposta in chiusura di tracklist, che può al massimo puntare a una sospensione del giudizio e non certo ai crismi dell'imperdibilità.

Arrivati a questo punto, ci si trova di fronte ad un bivio: da una parte è indubbio che la quantità di materiale proposto non sia sufficiente per maturare un giudizio chiaro e definitivo, dall’altra, se si decidesse invece di soppesare quanto proposto, risulta tangibile la sensazione di avere a che fare con una band che, pur capace di scrivere buona musica, si trovi in uno stadio ancora acerbo e a cui non vengono di certo in soccorso né la produzione né alcuni parametri squisitamente tecnici riguardanti l’esecuzione dei musicisti (in particolare una performance vocale un po’ “sgasata” e alcune imprecisioni nelle parti di chitarra solista) così come quelli compositivi. In questo caso la scelta ricade sulla seconda opzione, augurandosi che possa essere uno spunto di aiuto e di crescita visto che le capacità di base non mancano.



VOTO RECENSORE
55
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2016
Autoprodotto
Death / Doom
Tracklist
1. Wolves’ Rain
2. Shine of Life
3. Cult of Mortification
4. Eternal
Line Up
Drake Trim (Voce, Basso, Programmazione)
Dubnòs (Chitarra, Cori)
 
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